giovedì , 25 Aprile 2024

Live Act 08/09 > Extrema_mente presenta
MANGIAMI L’ANIMA E POI SPUTALA

02Termina sabato 21 marzo (presso il Teatro San Marco, ore 20.45), con lo spettacolo a�?Mangiami la��anima e poi sputalaa�? (della giovane, ma giA� premiata compagnia Fibre Parallele) la stagione di teatro contemporaneo a�?Live Act 08/09 > Extrema_mentea�? organizzata presso Spazio 14 e Teatro San Marco da Teatrincorso.

Il “devoto” si riconosce, anche fisicamente: ha una postura caratterizzata dal busto leggermente inclinato, lo sguardo rivolto verso la��alto, un sorriso tra la��imbarazzato e il perennemente felice. Il devoto A? una categoria, ha su di sA� – non solo come oggettistica o come laiche stimmate – il peso, il dolce fardello, il segno di un essere “soggetto a”, di colui che vive per la��oggetto della sua devozione. Il devoto tradizionale, ovvero storico, mantiene una rispettosa distanza dalla��oggetto di devozione: non si concepisce come pari nA� ha dimestichezza con ciA? che venera, ma anzi, la venerazione implica lontananza e solo parziale conoscenza.

In questa immagine stereotipata qualcosa sta cambiando: nel cattolicesimo, ad esempio, A? invalsa la��abitudine di dare del “tu” al venerato. Si sentono monaci, prelato o parrocchiani chiamare “Antonio” o “Francesco” come se, invece di santi, fossero amiconi, compagni di calcetto particolarmente dotati o colleghi di lavoro con un certo carisma. Il devoto non A? piA? sottomesso e confuso, ma ammiratore, sorpreso e divertito, complice e partecipe, delle doti della��idolo. Proprio su questo ambiguo cambio di rapporti con il venerato sembra giocare a�?Mangiami la��anima e poi sputalaa�?.

Licia Lanera
e Riccardo Spagnuolo (autori e interpreti dello spettacolo) si immaginano la storia di una beghina pugliese: una zitelletta dissociata, una emarginata che vive solo nella devozione, nel girare di chiesa in chiesa a lavare sacrestie. La donna proietta la sua solitudine nel dialogo con il Cristo, tanto che – come era da attendersi – questi scende dalla Croce e si dedica a lei. Ma A? un Cristo fin troppo umano: parla con accento slavo, fuma, fa aerobica, guarda la tele ed ha della��amore cristiano una visione molto carnale. La beghina, ovviamente, dapprima si muta in perfetta casalinga, asservita al suo GesA? spiazzante ma tanto atteso, poi – messa sempre piA? a disagio dalla dimestichezza con il venerato – decide di sbarazzarsene. Uccide il Cristo proprio perchA� delude la sua visione “distante” di devota.

La��idea del figlio di Dio che torna tra gli umani non A? nuovissima: da Beppe Grillo (in un brutto film) a Denys Arcand (con la��indimenticabile Jesus of MontrA�al) in molti se ne sono occupati, ma in a�?Mangiami la��anima e poi sputalaa�? A? interessante proprio il punto di vista della zitelletta sessuofobica e borghesuccia che ribalta la prospettiva rispetto al disagio di un divino mai compreso fino in fondo. Tratto dalla��omonimo romanzo di Giovanna Furio, lo spettacolo ha momenti di grande ilaritA� e cinismo, nel barocco linguistico e immaginifico di una Puglia sempre sospesa tra innovazione e tradizione.

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