ORAZIO, il poeta della giusta misura

pubblicato da: admin - 28 Aprile, 2010 @ 6:07 pm

200px-Quintus_Horatius_Flaccus[1]I nostri pensieri come quelli di duemila anni fa. Stesse riflessioni, stessi proponimenti. E sempre la ricerca della serenità, dell’equilibrio. Quinto Orazio Flacco nato nel 65 a.C. e morto nell’8 a.C., maggior poeta dell’età augustea dopo Virgilio, è senz’altro da rileggere perchè è attualissimo.

Ieri pomeriggio, nella Trento romana, ho assistito a una immaginaria intervista ad Orazio, curata da Alfonso Masi, il quale con la sua voce suadente ha illustrato l’opera e il pensiero del poeta. Coadiuvato da un altro bravissimo attore nella parte dell’intervistatore ci ha regalato frammenti degli  Epòdi,  delle Satire,  delle Epistole e delle  Odi. Un grande piacere ascoltare le parole del poeta latino, seduti ai bordi della strada romana. Di fronte a me, un vecchio signore con il bastone, appoggiato alla colonna che sorrideva in estasi.

Sappiamo delle umili origini di Orazio, della sua ricca vita intellettuale, ma scarsa di eventi esteriori. Conosciamo il suo amore per la semplicità, ma anche il suo amore per il bello. E soprattutto da lui  ascoltiamo  l’invito all’intimo raccoglimento e alla meditazione. Nella sua ricerca della saggezza e della migliore condotta di vita (e non è quello che noi cerchiamo di fare? il nostro percorso?) Orazio ci indica la giusta via, l’aurea mediocritas , quella equilibrata. Importante è  la chiarificazione del proprio io attraverso una confessione intima.  L’originalità delle Epistole sta nel fatto che sono il primo diario intimo della letteratura mondiale!!!

Orazio politico, polemico,satirico,  è interessante e attualissimo  per il desiderio di miglioramento e risanamento dei valori sociali.

 Ma nella sua contemplazione esistenziale sempre c’è l’invito ad affrontare con serenità il destino e la morte e a dimenticare le angosce con il canto e con il vino.

Fa’ senno; filtra vini e tronca le speranze troppo lunghe

per così breve vita. Mentre parliamo, il tempo invido fugge.

Goditi il dì presente, e credi poco a quella che verrà“

Carpe diem, quam minimum credula postero.

Versi della sua famosissima Ode “L’ora presente“. Nel suo invito al piacere c’è un significato simbolico e un profondo contenuto esistenziale, non ci consiglia semplicemente  di godere la vita, ma di afferrare il tempo. Cercare di ritagliare dentro di noi un attimo di tempo e uno spazio interiore di cui  possiamo essere padroni. La nostra ricerca continua di un rifugio interiore, di un’isola del cuore non dimentica la precarietà della vita, perciò ecco l’accettazione del nostro limite. Il tempo invido, beffardo, può essere sottomesso.

E’ straordinario come il suo pensiero sia il filo conduttore di tante nostre letture e riflessioni attuali. Che cosa sono 2000 anni nella storia dell’umanità?

Tanto ci sarebbe da dire su Orazio (forse Luigi potrebbe aggiungere qualcosa) . Io concludo condividendo con Orazio la preminenza dei  valori effettivi dell’individuo, su quelli  derivanti  dalla nascita o dalla ricchezza. E sottolineando ( e Orazio anticipa Fromm) l’importanza dell’Essere sull’Avere.

Da rileggere le sue Odi , ora che il tempo fugge veloce, e cercare serenità anche nel paesaggio oraziano, reale o simbolico: un ruscello, l’ombra, la natura. Quanto egli amò la casetta regalatagli da Mecenate!

Ed infine  la poesia: egli ci fa capire quanto essa  possa  sottrarre l’uomo al mondo ostile che lo circonda.

Sono felice che per caso io abbia potuto citare Orazio proprio per il mio CENTESIMO post.

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18 commenti
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  1. Evviva il tuo centesimo post, Mirna! E non dico cento di questi post perchè ne vogliamo almeno altri 265 ! E scrivo almeno perchè saremmo tutti felici come lettori se questa cosa continuasse oltre…
    Di Orazio e dei classici latini e greci conosco poco. Sicuramente il motto ” carpe diem” è scolpito nella mia mente e mi riporta al film che mi ha fatto amare questo motto :” L’attimo fuggente”. Un bacione Raf

  2. Complimenti, li porti proprio bene: cento di questi post!

  3. Grazie ancora una volta, Mirna carissima, per quello che ci regali ogni giorno. Sapevo dell’incontro di ieri e -conoscendoti- avrei giurato che lo avresti colto come occasione per scrivere qualcosa di bello. E’ proprio questo il significato dell’oraziano “carpe diem”: cogliere ogni occasione per costruire qualcosa di speciale, valido, bello, indimenticabile, solo nostro, ecc ecc… Insomma, tutto il contrario del superficiale significato che gli si vuol dare, quello di non pensare a nulla e godersi la vita come viene, senza porsi problemi e senza impegnare energie. Mi viene da dire che tra l’intenzione di Orazio e l’interpretazione banale che se ne dà c’è la stessa opposizione di “essere o non essere”.
    Grazie anche a Raffaella, che ha citato “L’attimo fuggente”: per me grande film, che valorizzava a faceva capire bene il “carpe diem” di Orazio.

  4. Evviva l’aurea mediocritas e Orazio. Buon centenario. Indubbiamente abbiamo vissuto con te 100 attimi speciali!

  5. Una delle tante cose buone di questo tuo blog (cosa avrebbe detto Orazio dei blog!) è che capita di piantare in asso la tastiera per correre a cercare ….un ricordo. Che sta dentro un libro: si insegue, dunque, il ricordo, vaghissimo, il possibile libro in cui forse quel frammento è contenuto, eccetera. Quindi , ansimante, torno qui , al pc, dopo aver cercato e TROVATO il libro che conteneva quel ricordo vago. Non ne ero sicura affatto ma mi sembrava che il mio amato Iosif Brodskij avesse scritto una lunga lettera ad Orazio. “Mio caro Orazio, se è vero quello che Svetonio ci racconta della tua mania di tappezzare di specchi le pareti della stanza da letto per…..” e prosegue la lunga e amiche vole lettera fra poeti lontani e anche vicini.Si parla di poesia, e di poeti latini. Di metrica e di rima: Infine Brodskij si augura di incontrare Flacco nell’al di là, dicendo :” Ah, Flacco! La realtà come la Pax Romana, vuole espandersi. Ecco perchè sogna, ecco perchè tiene duro fino all’ultimo respiro.” Insomma nella raccolta di saggi “Dolore e ragione” c’è anche questa lettera al nostro Orazio. Un uomo, in carne ed ossa e tutto il resto, anche lui, come tutti i veri uomini, fuor di retorica. Camilla

  6. Non mi posso tirare indietro, e raccolgo la palla al balzo: Orazio è uno dei cardini che non potrà non mancare al prossimo esame di stato. L’ho affrontato in tutte le sue “sfacettature”: poesie per così dire filosofiche, d’amore, satire e tanto altro.
    Devo dire che anch’io sono rimasto colpito dall’attualità del suo pensiero; ma, d’altronde, non siamo noi “nani sulle spalle di giganti”?
    Orazio è un poeta che, come dice il titolo del post, ricerca durante tutto l’arco della vita (“invida aetas”) la giusta misura, la cosiddetta “aurea mediocritas”; i primi versi del componimento dedicato a Licinio ce lo dimostrano: “Vivrai meglio, o Licinio, non spingendoti / sempre in alto mare né rasentando troppo / la costa insidiosa mentre prudente temi / le tempeste.”
    E’ interessante poi vedere come, nonostante la giusta misura, in alcune odi il poeta venosino si lasci andare, come nella famosa dedicata alla vittoria di Azio, che compose all’arrivo della notizia di vittoria, nella quale inizia sfogandosi: “Nun est bibendum”, ora bisogna bere; o come, a conclusione del III libro, pomposamente irrompa: “Exegi monumentum aere perennius”, ho eretto un monumento più eterno del bronzo. Nell’ultima ode che ho citato possiamo trovare un Orazio per così dire profetico, che vede quale sarà il suo futuro: recita infatti “non omnis moriar”, non morirò del tutto; sebbene circoli fra i suoi versi una vena piuttosto marcata di pessimismo (arrivando a dire [vado a memoria] “pulvis et umbra sumus”, siamo polvere ed ombra, oppure “eheu Postume, Postume, fugaces labuntur anni”, ahimè Postumo, corrono veloci gli anni, e qui ha pienamente ragione…), non manca di sorprenderci ancora una volta con una visione ad oltre 2000 anni di distanza: infatti non saremmo qui a parlarne altrimenti ed io non avrei scritto così tanto andando semplicemente a rovistare un po’ fra la mia mente contorta.
    Vi consiglio di leggere la Satira I,9, chiamata “del seccatore”, di un’ironia quasi inglese: la potete trovare qui http://defaste.altervista.org/orazio/sermones/I9.htm

    PS: naturalmente un complimento vivissimo per il raggiungimento di quota 100, ogni post una riflessione profonda ed interessante. Anche se per questioni di tempo non riesco a scrivere le mie idee, ogni giorno comunque una sbirciatina al blog ci sta. Forse questa volta mi sono dilungato un po’ troppo…
    Alla prossima (dove sarò un po’ più breve…)!

  7. Complimenti carissima Mirna per questo meraviglioso traguardo. 100 libri, 100 riflessioni sulla vita e 100 bellissimi “carpe diem” giornalieri! Quando leggo i tuoi post mi sento trasportare verso mondi bellissimi, posti che fanno ritornare prepotentemente la mia nostalgia. Dolcissimi questi “attimi fuggenti” che lasciano il segno. I tuoi commenti sono un costante balsamo alle nostre frette e il tuo blog (mi permetti di citare la mia poesia?) “Come filo d’Arianna, prende per mano i nostri pensieri e li conduce lontano verso quiete e placide aurore”.
    Grazie!!! a presto Cris

  8. Grazie a tutti dei commenti sul centesimo post.
    Un grazie particolare a Luigi, che come mi aspettavo, ha riasssunto in modo esemplare il pensiero di Orazio.

    Se qualcuno vuole leggere ciò che Camilla pensa di Firmino, e soprattutto dei topi (!), deve tornare indietro…

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