ROBINSON CRUSOE, un romanzo su cui riflettere

pubblicato da: admin - 19 Maggio, 2010 @ 5:53 pm

crusoe_copertinaIl capolavoro di Daniel Defoe mi ha sempre affascinata. Talvolta fantasticavo su cosa avrei fatto se fossi naufragata su un’isola deserta come lui.  “Robinson Crusoe” non è soltanto un romanzo d’avventura, supera infatti ogni catalogazione, è più un romanzo di formazione, o meglio di neo formazione di un individuo che è costretto a ripercorrere la storia dell’umanità per sopravvivere. Ma altre componenti  sono presenti in questa storia avvincente: il viaggio, un luogo lontano e sconosciuto, la meditazione forzata, la lotta per la sopravvivenza in un ambiente naturale ostile.  Viene esaltato il mito dell’ homo faber che ripercorre il cammino dell’uomo dallo stato selvaggio alla civiltà e che riesce a superare ogni ostacolo con il suo ingegno. Non dimentichiamo che la Gran Bretagna si avvia a creare il suo grande impero e che Robinson è il rappresentante della laboriosa e pragmatica borghesia. Il romanzo viene pubblicato nel 1719 è avrà un grande successo.

Robinson disubbidisce al padre mercante per viaggiare per mare . E’ un inquieto, desidera qualcosa di nuovo e incomprensibile persino a se stesso.

La  sua nave fa naufragio nel 1659 contro un’isola sconosciuta. Soltanto Robinson riesce a salvarsi raggiungendo a nuoto la riva. Presto vede i  capi di vestiario dei suoi compagni e va avanti e indietro sulla spiaggia levando gli occhi al cielo “con tutto il suo essere assorto a considerare la propria salvezza”. Ha 27 anni e da quel momento “rinasce” come un nuovo Adamo e forse, egli pensa, come un esempio, una “tarsia della Provvidenza“. Già da queste riflessioni si capisce che non si perderà d’animo, anche perchè tra i relitti della nave trova tantissimi oggetti che gli serviranno per la sopravvivenza. Defoe ce li elenca quasi con pedanteria:vestiti, arnesi,chiodi, riso, pane, formaggio,amaca, rum…ecc.ecc. Sembra un emporio! Potrebbe quasi vivere “di rendita “! Ma l’intelligemza pratica lo spinge a risolvere qualsiasi problema ed il lavoro diventa la sua terapia e la sua religione guarendo  anche la sua solitudine.

Fa un calendario per non perder la nozione del tempo, scrive un diario !!! costruisce ogni sorta di oggetti e mobiletti vari. Prova a coltivare orzo e riso,  cattura e addomestica alcune caprette, esplora l’isola,  modella vasi d’argilla, insomma impara tutti i mestieri della storia umana.

Un critico osserva che la vita borghese, che nei tempi di Defoe  trionfava in Europa e in America, “celebra il suo supremo trionfo proprio qui, nell’isola deserta, dove non si può comprare nè vendere, commerciare, nè esportare”. Robinson è preciso, meticoloso: vuole misurare tutto, il tempo, lo spazio. Sa che l’ordine e la misurazione sono le fondamenta della civiltà occidentale.

E’ un romanzo da rileggere, non solo per le avventure con i  cannibali, con il “buon selvaggio” Venerdì , ma per tutti gli spunti interessanti su cui riflettere.

Dopo 28 anni di vita sull’isola Robinson non desidera più Londra e L’Europa, perchè è riuscito a ricreare tutto il cammino della civiltà europea e perchè ha trovato la “sua isola” dentro di sè.

Ogni tanto sarebbe bello “naufragare” su un’isola deserta per rinnovare la nostra realtà circostante e soprattutto noi stessi…

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13 commenti
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  1. Io ho trovato moooolto più affascinante, coinvolgente e spaventoso “Vita di Pi” di Yan Martel.
    Narra il naufragio di una nave da cui si salva il protagonista, Pi, costretto a condividere un’imbarcazione di salvataggio insieme ad altri superstiti “particolari”: una tigre e alcuni altri animali.
    La storia non è affatto banale e riserva il finale migliore che io abbia mai trovato in un libro.

    Robinson Crusoe mi ha stufato e anche un pò deluso, a tratti troppo tecnico e poco umano.

    Non c’è paragone tra i due naufraghi, secondo me.

  2. Da alcuni anni mio marito ed io, alle nostre venerande età di ultra,ultra,ultrasessantenni, d’estate facciamo i Robinson. E allora mi viene naturale, di fronte alla pagina odierna di Mirna, raccontare qualcosa…
    Affittiamo per tre settimane una casetta in Croazia sull’isola Kornati, in una baia di nome Koromasnja, dove non c’è assolutamente nulla. Ci dobbiamo portare tutto: dalle provviste ai libri da leggere. Se ci manca qualcosa, a volte riusciamo a farcelo portare dalla terra ferma, altre volte andiamo in barca su un altra isola a “fare la spesa”, ma anche sulle altre isole ci sono solo minimi punti vendita. Mangiamo molto pesce freschissimo pescato da noi o da altri delle casette vicine. Si tratta sempre di altri Robinson come noi, che scelgono questo tipo di vacanza e con cui ci troviamo bene per affinità elettive. Le casette sono solo sette e ogni anno gli “abitanti” cambiano un po’. Ci sono tutte le nazionalità e ci si deve arrangiare a parlare come si riesce, magari mescolando lingue diverse in una stessa frase.
    Il frigorifero è alimentato da una bombola a gas. L’acqua si prende dal pozzo e si usa solo per la doccia, per cuocere la pasta e per lavare i piatti. Per bere e lavarsi i denti si usa quella minerale in bottiglia. L’energia elettrica è fornita solo da un -uno e uno solo- pannello solare che alimenta alcune lampadine in casa. Il primo anno addirittura c’era una sola lampadina in cucina e per il resto si andava a candele.
    Senza TV, senza giornali, senza PC, che si fa tutto il giorno? Bagni, bagni, bagni prima di tutto. Si vive davvero in costume da bagno. Si fanno gite in barca. Si legge. Si chiacchiera. Si può giocare a carte. Si raccolgono more e fichi a iosa ed io preparo marmellate deliziose che mi porto a casa e che durano tutto l’inverno. La sera, tra abitanti delle casette, a volte si formano grandi tavolate, dove ognuno porta qualcosa. Ma nessuno obbliga mai nessuno e ci si sente molto liberi.
    Il cellulare non “prende” se non salendo parecchio a piedi e raggiungendo una quota da cui si vede il mare dall’altra parte dell’isola, verso la terra ferma. Quindi, anche il telefono non è un disturbo.
    Sono vacanze assolutamente prive di qualunque stress. Anche se non è proprio come ripercorrere la storia dell’uomo, ci si sente diversi, sgombri da obblighi e da formalità. E’ bellissimo!

  3. Per me l’isola lontana, l'”uscire” e “L’entrare altrove” , è diventato oramai un quotidiano esercizio di sopravvivenza. Mi rendo conto di dire una grande banalità ma , per me, è la verità : ogni libro che apro potrebbe essere l’isola. A volte lo è, e in quell’isola vivo momenti di felicità. di allegria, di…onnipotenza. E’ comodo, andare e venire. Mi alzo dal divano per prendere viveri: acqua, noccioline, the, biscotti. Se sono sola mi porto il piatto del pranzo e della cena sull’isolotto cuscinoso e bricioloso. Mi piace. Mi piace.

  4. Sono curiosa di leggere Vita di Py, cara Martina, tanto più che il naufrago si salva con gli animali che io amo tanto.
    Grazie della segnalazione.
    Caramente.

  5. Che fascino il mito dell’isola deserta… Ma alla fine non so quanto resisterei perchè amo la compagnia. Riesco a stare da sola, ma poi mi prende la malinconia e devo fare chiamate, mandare sms, andare a trovare mia mamma o mia nonna…Sono un” animale da compagnia”. In fondo anche Robinson dopo un pò ha trovato Venerdì. La solitudine totale mi spaventa…
    P.S magnifiche le vacanze di Maria Teresa…

  6. L’aspetto che mi affascina di Crusoe, al di la’ dell’ingegno e della praticita’ e’ come si possa – e si riesca – rendere una limitatezza di risorse un infinito potenziale. Questo lo appuro nella vita quotidiana: quando di fronte ad un’infinita’ di scelte rimango paralizzata mentre di fronte ad un “finito” si accendono la mia creativita’ e produttivita’. Era un po’ anche il messaggio di Novecento di Baricco, vedere l’infinito nel finito della nave mentre l’infinito della citta’ portava disorientamento. Questo per dire che sarei un buon Robinson (credo) mentre sarei un pessimo presidente degli Stati Uniti (chissa’, magari invece di scelte ne ha pochissime il presidente….).
    Buona isola a tutte.

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