IL MEGLIO DELLA VITA, e i sogni della giovinezza

pubblicato da: admin - 14 Giugno, 2010 @ 7:14 pm

scansione0013scansione0012New York 1952.

 Il cuore pulsante di una città che incanta e che ha incantato milioni di persone. La città  moderna per antonomasia. In questo lungo romanzo troviamo la storia di alcune ragazze che fanno di New York il trampolino eccellente per la conquista del meglio della vita, ” the best of everything”. 

Roma Jaffe inizia con una “fotografia” del cuore di N.Y, Manhattan,  in  una gelida mattina del gennaio 1952 quando centinaia e centinaia di ragazze  si affrettano  dalla Grand Central Station per la Park Avenue o  la Quinta Strada per raggiungere  il loro ufficio. Si guardano, si riconoscono, si sentono parte  delle privilegiate: sono vestite nello stesso modo, pettinate e truccate come si deve fare a NewYork. Sono piene di energia, aspettative, ambizione.  Tutte hanno fretta.

Beh, devo dire che a N.Y. bisogna camminare velocemente, anche con gli enormi bicchieri di caffè in mano (Cinzia preparati!) altrimenti si è un po’ d’intralcio. Cionostante io qualche estate fa in Times Square mi  “accasciai” su alcune assi di legno e per la stanchezza, per la confusione e per il caldo (mentre Stefania continuava a dire  “siamo nel  cuore di Mahattan, nel centro del mondo”…) 

 Da ragazzina invidiavo le ragazze di New York, quelle che vedevo nei film come  “Colazione da Tiffany. Poi dopo aver letto su “Arianna” (una rivista femminile dei miei tempi)   un reportage sulle ragazze sole che lavoravano  a New York, i miei sogni ad occhi aperti ebbero un’accelerazione. Mi ero fatta fare dalla sarta persino un cappotto uguale a quello indossato dalla ragazza intervistata. Come mi sarebbe piaciuto avere un appartamentino solo per me, essere alla moda, frequentare i locali più eleganti come El Morocco…fermarmi come Audrey Hepburn davanti alle vetrina di Tiffany.

Leggendo questo libro,  prestatomi da  Valentina,  ho ritrovato parte dei miei sogni di allora. Qui si parla di Caroline, vent’anni, che dopo una delusione d’amore sembra investire  tutto  il suo potenziale nel lavoro. Nella casa editrice in cui è dattilografa e poi redattrice  conosce altre ragazze April e Gregg ; le tre diventano  grandi amiche in una sorta di speciale e complice  “sorority”. Ciò che mi ha colpito in questo lungo romanzo è l’onestà di Roma  Jaffe  nello descrivere l’animo  delle protagoniste. Riesce anche a fare una radiografia sincera dei tipi umani e delle situazioni che si creano in un ambiente di lavoro in cui le giovanissime vengono a trovarsi. Dirigenti maturi che corteggiano pesantemente le ragazze, delusioni sentimentali, rancori, tanti Martini e skotch… E’ comunque il pianeta femminile che ci viene raccontato, soprattutto nelle sue aspettative più profonde. Le sensazioni descritteci sono esaustive. Il meglio della vita alla fin fine per tutte queste ragazze è comunque …il matrimonio. Non lo sarà anche oggigiorno?

“Essere donna è un inferno” pensa Gregg “avere tanto bisogno d’amore, sentirsi una persona dimezzata, così debole. Che cosa aveva detto Platone? L’uomo e la donna sono incompleti fino a che si uniscono. Perchè non aveva cercato di chiarire meglio questo concetto agli uomini?”

Gregg e April incontrano uomini che hanno una concezione diversa dell’amore ed esse  non sanno reagire con dignità al rifiuto,  ma elemosineranno pateticamente un amore che non viene corrisposto.

Spero che le ragazze d’oggi non facciano così e che non investano tutto il loro potenziale umano, di identità, di percorso esistenziale  nel matrimonio fine a se stesso. Ma è inutile dirlo perchè ogni persona  impara con l’esperienza.

Diceva Simone de Beauvoir “Si jeunesse savais, si vieillesse pouvait”, se la giovinezza sapesse….

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  1. sono felice che tu lo abbia letto! sapessi quanti libri ‘scovati’ qui sto divorando io… a presto!

  2. Adesso devo assolutamente leggere anch’io questo libro! Altro candidato al bagaglio per l’isola… Leggendo quello che Mirna scrive, non posso non ricordare quei pochi giorni a New York dell’estate 1989, al termine di un viaggio negli USA fatto in gran parte nei parchi, nei grandi spazi, nella natura. Tutto molto bello, poi… Gli ultimi tre giorni ci siamo fermati a New York: era quasi Ferragosto, umidità altissima, gambe gonfie, scarpe scomode anche se di tela comprate apposta lì, caos, stanchezza, mente frastornata… Peccato, non ne ho un bel ricordo. Conclusione: spero di tornarci -chissà?- in futuro in una stagione migliore.

  3. P.S. (meglio sarebbe stato A.S.!)
    Questa mattina ho conosciuto Luigi, grande partecipatore a questo blog, in occasione di un buon caffè con l’ineguagliabile Mirna e con Enza, altra commentatrice brava ed assidua. Bene, è stato per me uno dei caffè più gradevoli: una chiacchierata fitta fitta (Luigi, non ti abbiamo spaventato noi tre donne?) su tanti e vari argomenti, con contorno di qualche bella risata, perchè il sense of humour non è mancato a nessuno. Sono davvero stata molto molto contenta di questo incontro. Luigi farà sicuramente un esame splendido e comunque al di là di questo è una persona di rara sensibilità e cultura. Si percepivano nell’aria la gioia e l’orgoglio di Mirna, ma direi che tutti eravamo proprio contenti di questa adunata!

  4. Come ha già detto Maria Teresa sono reduce da un piacevolissimo caffè in sua compagnia, Mirna e Luigi, in questa giornata grigia e piovosa, da non poter ancora chiamare estiva.

    Quante storie di donne nel panorama letterario, specchio della vita!

    Donne che cercano sempre ciò a cui il genere umano aspira: il meglio. Allora diventa subito un concetto relativo, perché il meglio non può essere uguale per tutti.

    Forse negli anni ’50 il meglio per una ragazza americana poteva significare andare a lavorare in una città prestigiosa come New York per trovare, oltre che un buon lavoro, anche un uomo che le garantisse una buona posizione sociale, comprandola anche con il proprio corpo, ingenuità unita a furbizia e abbandonare così il lavoro, conquistato a volte faticosamente. Tanto più vantaggioso il matrimonio, altrettanto poteva essere un eventuale divorzio.

    In Italia gli anni ’50 erano quelli del dopoguerra dei vinti e il matrimonio poteva rappresentare la massima ambizione per ognuna: la sistemazione per la vita. Infatti, ancora poche donne aspiravano al lavoro come forma di affermazione sociale e autonomia, ma si può quindi però dire che in ambedue i luoghi le aspirazioni erano simili.
    Non mi stupisco quindi che “un uomo a tutti i costi” potesse far calpestare a volte la propria dignità, usando, come alibi, l’”amore”.
    Oggi forse qualcosa è cambiato, grazie alle lotte per una parità ancora così faticosamente lontana. La donna oggi è sicuramente più consapevole e autonoma e con maggiore autostima e può così succedere che sempre più spesso si inverta il gioco delle parti, creando così una gran confusione nel cosiddetto “sesso forte”!

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