GUARDATEMI, di Anita Brookner

pubblicato da: admin - 9 Novembre, 2010 @ 8:21 pm

 Sono contenta che Enza  ci presenti questa  scrittrice perchè sto leggendo anch’io uno dei suoi ultimi romanzi …che  mi prende, mi trafigge, mi piace.

Questa è la storia della solitudine di una donna, raccontata da Anita Brookner, nata nel 1928 e vivente a Londra, scrittrice, critica d’arte e saggista.

In Inghilterra per dire del senso di solitudine e di desiderio infinito infuso nei suoi romanzi, hanno coniato l’espressione ‘Brookner Experience’: un viaggio interiore nell’isolamento, nella perdita delle emozioni, nella difficoltà di misurarsi con la società.

Il romanzo s’intitola “Guardatemi” del 1983 e suona come un’invocazione sconfinata che si sente ad ogni pagina.

Troviamo atmosfere d’attesa e solitudine, che rendono evidente un personaggio, che pur formato da un’educazione impeccabile ne è nello stesso tempo impacciato.

La protagonista, Frances Hinton, Рio narrante Р̬ una bibliotecaria che racconta la sua vita. La biblioteca ne occupa una gran parte Рe una parte importante Рper cui ritorna molto spesso nella narrazione.

Il suo è un lavoro di routine, che svolge con lo stesso rigore con cui affronta il resto della vita, anche se ogni tanto deve lottare per tenere lontano da sé un certo sconforto.

A volte vorrebbe essere diversa da com’è, diventare irresistibilmente bella, pigra e viziata, una di quelle persone, che si distinguono per garbo, disinvoltura, avvenenza e buone conoscenze, qualità che assicurano immancabilmente il successo.

La sua solitudine viene brevemente interrotta dall’incontro con Nick ed Alix, miraggio di una nuova vita sociale fatta d’ilarità, leggerezza, e illuminata da un sogno d’amore, ma nell’istante in cui decide di abbandonare la sua riservatezza e aprirsi al mondo, va incontro alla più brutale delle umiliazioni.

Frances tornerà così nel suo primario isolamento, rifugio sicuro che l’intuizione le aveva consigliato di non abbandonare, perché ciò le avrebbe potuto comportare rischi con la conseguente perdita del proprio equilibrio. I suoi piedi torneranno là dove il cammino è già tracciato da un pezzo, senza sbalzi improvvisi, senza destabilizzanti sorprese con in più il disinganno che le ha tolto ogni speranza di provare emozioni. Tutto ciò che è avvenuto è solo un ricordo che forse un giorno non sarà più doloroso.

Un romanzo, dunque, sulla solitudine,. che si pensa sia una malattia moderna e nuova. Sicuramente la solitudine è antica, maschile e femminile, solo che le cause della solitudine di oggi non sono sempre evidenti e quindi comprensibili.

Quando si sa una cosa è impossibile non saperla. Si può solo dimenticare. Finché la si ricorda, vincendo il tempo, sarà a segnare il futuro. In ogni circostanza è più saggio dimenticare, coltivare l’arte dell’oblio. Ricordare è affrontare il nemico. La verità sta nel ricordo.

 

Enza

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8 commenti
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  1. Grazie Enza per il tuo post intenso, deve essere proprio un romanzo speciale “Guardatemi.” Sarei interessata a conoscere il titolo originale. Spesso mi sono riconosciuta nella sensazione della protagonista di “osare” un comportamento diverso e quindi “creare” un nuovo tipo di vita che esula totalmente dalle abitudini. Talvolta e’ andata storta, nel senso che mi riconoscevo piu’ io – la maschera diventata piu’ potente del normale – e talvolta invece questa strategia mi ha permesso di muovermi ed evolvermi. Credo si debba averne fiducia e, ammesso che le nostre giornate si vestano di maschere, bisogna saperci “giocare.” Nel caso di Frances, sembra che la solitudine – anche il titolo pare alludervi -sia la maschera piu’ dura da togliere perche’ ormai fusa con le sue piu’ profonde sembianze.

  2. Sono lieta che abbia apprezzato il post. E’ un libro terribilmente femminile e questa riflessione la dice lunga.
    “Nelle vechie stampe la malinconia è ritratta di solito come una donna, scarmigliata, sconvolta, circondata da brocche rotte, botti inclinate, libri strappati. Può essere caduta in un sonno inquieto, le membra pesanti, sopraffatta dalla sua incapacità a misurarsi con il mondo, bussola e libro messi in disparte. È molto impressionante, ma la persona a cui fa più impressione è se stessa. Lei è la sua malattia, Dürer la rappresenta vestita di un abito grande, sgraziato, con le ali, una ghirlanda nei capelli arruffati. Ha un cipiglio folle e la circonda un grande disordine di emblemi di studio, di dovere, di sofferenza: una campana, una clessidra, i piatti di una bilancia un mappamondo, una bussola, una scala dei chiodi. Talvolta è raffigurata in mezzo a erbacce invadenti, una ragnatela indisturbata sopra la testa. Talvolta guarda dalla finestra in una notte di luna piena, perché è lunatica. E se la malinconia colpisce un uomo, è certo perché soffre di un amore romantico; lui poserà il braccio rivestito di raso su un cuscino di velluto e fisserà il cielo sotto la piuma ripiegata del suo cappello, o afferrerà un rovo o un’ortica a indicare che non dorme. Questi uomini mi danno l’impressione di posare un poco, a differenza delle donne, la cui melanconia è meno pittoresca. Le donne sembrano in preda a un’afflizione troppo seria per tradursi in parole. Gli uomini sembrano vestiti per l’occasione e sono ansiosi di dare un volto nobile alla loro sofferenza. Il che dimostra che non molto è cambiato dal Cinquecento, almeno in questo senso.”

    Il titolo originale è “Look at Me”.

  3. Non vedo l’ora di terminare questo impegno soddisfacente , ma pesante per rituffarmi a tempo… pieno nella lettura.
    Adoro leggere degli scandagliamenti dell’animo. E la Brookner ne è maestra.

  4. Bellissima quella descrizione e concordo pienamente con te, Enza, sulla differenza fra uomini e donne, la stessa, anche oggi. Con Durer mi viene in mente Fuesli e il suo ritratto femminile (forse “Il silenzio?) con la donna china a testa in giu’ e i capelli lunghi a coprirla quasi interamente. Eloquente e terrificante al tempo stesso. Chi di noi non ha provato questo senso di auto-annientamento alzi la mano…

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