UN CUORE COSI' BIANCO, di Javier Marias

pubblicato da: admin - 9 Maggio, 2011 @ 9:35 pm

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Da Cristina V., milanese che abita per caso a Pisa, ci arriva  una minuziosa  analisi di un romanzo che ci viene presentato quasi in “vivisezione.” Il suo coinvolgimento appassionato le ha fatto scrivere moltissimo spingendola a frugare in ogni anfratto …e della storia e delle intenzioni dello scrittore. Mi permetto, dato lo spirito del Blog (più propenso a dire e non dire per sollecitare la curiosità dei lettori e a distaccarsi dai Forum letterari) di togliere qualche riga.

Ma Cristina V. ci regala, pur non parlando di sè e di ciò che il Libro ha “sollevato” dentro di lei , l’immagine di una Grande Lettrice. Grazie.

 

Tempo fa su un forum letterario ( del Corriere Sera) avevo scritto a caldo alcune righe su Marias: Eccole:

“Ho appena riletto anch’io Marias, ma Un cuore tanto bianco e ,certo, la ripetizione e l’analisi del dettaglio pare decisamente ossessiva. E’ un’analisi meticolosa, fotografica, colta da ogni punto di vista, che avvolge la scrittura e la rende molteplice alla fine. La scrittura di Marias prende i segmenti della realtà e li getta in una sorta di caleidoscopio, dal quale ogni volta escono o possono uscire diversamente assemblati e,allora,il senso degli accadimenti cambierebbe, o cambia…
Strano autore, molto cerebrale, elucubrativo, ipotizzante e ragionante e negante e ribaltante, ma MOLTO interessante e divertente…”

 Ora provo ad argomentare meglio il mio pensiero su questo libro che giudico un libro “di testa” …

 

Uno stile che a prima vista appare arduo, vagamente cervellotico o, meglio, cerebrale. Ma l’attenzione che richiede viene ripagata alla grande.

Il libro è una continua autoanalisi, auto-auscultazione e osservazione, con modalità minuziose a volte financo ossessive. Ma il dettaglio qui è sempre significativo, apre vortici di digressioni e di riflessioni e spesso un particolare ( magari accostato a un altro e a un altro) spalanca significati profondi su cui il protagonista ragiona mostrandoci il suo ragionare proprio nel suo farsi e dipanarsi.

Ciò mi ha ricordato in parte il modo di procedere – più logico ma ugualmente erratico- di Italo Calvino in alcuni suoi racconti, ad esempio La poubelle agréé, dove da un particolare di nessun conto si arriva a una serie di considerazioni socio-filosofiche di grande rilievo e profondità.

Il romanzo ha una costruzione narrativa particolare, che procede per accumulo e ripetizioni, in un modo quasi circolare-ascensionale.

Il libro è strutturato come una specie di sinfonia, con dei leit-motiv ricorrenti (i piedi puliti ben lavati, per poter essere baciati/ il cuscino dei coniugi / il viso da baciare in ogni sua parte /citazioni dal Macbeth di Shakespeare -che peraltro dà il titolo al libro /il reggiseno che tira/ l’uomo all’angolo che scruta/ e molti altri) che al lettore richiamano immediatamente “quella” pagina, e “quel” ragionamento, e “quella” vicenda, per cui basta accennarvi sempre più succintamente e brevemente per richiamarla, come un’arietta musicale che fa capolino, lieve ma incisiva.

 

Questo modo di narrare mi pare anche una specie di gioco (gioco, ma serio) che lo scrittore fa con se stesso, e con noi. Molte sono le parentesi e gli incisi, per ricordare, per sottolineare, per sospendere, per rilanciare e riagganciare: i ragionamenti – così come la vicenda- via via si intessono a formare un intreccio che diventa patrimonio per sempre di noi lettori.

Molte anche le frasi dubitative-oppositive (era questo o quello, passava il tempo oppure no, voleva quella cosa o magari un’altra), come in una sorta di grande puzzle in cui Marias scompone continuamente i pezzi della realtà, per poi rilanciarli in un caleidoscopio magico che li riassortisce e ricompone diversamente, per vedere quali altre combinazioni ipotetiche ne potrebbero nascere. La realtà, ci dice Marias, è molteplice (come in Rashomon) e contraddittoria e casuale, si avvolge e svolge in modo disordinato, e trovare il bandolo – per lui, come per noi tutti – è sempre arduo e richiede impegno.

 

Sull’impianto di una trama quasi “gialla” – ci sono diverse morti oscure in questo libro – entriamo nella vicenda di questo giovane spagnolo, interprete ad altissimo livello, appena sposato, conosciamo i suoi dubbi e riflessioni in occasione di questa importante svolta della sua vita, mentre in controluce si staglia la figura del padre, sposato prima con una sorella, morta tragicamente (è la scena iniziale -descritta al rallenti – nel primo capitolo), e poi con la minore (la madre del parlante). Ranz (il padre) è un anziano bello e affabulatore, dai molti e non sempre chiari intrighi nel mondo delle perizie d’arte, un uomo frivolo,un po’ invadente ma affascinante, che ha molti segreti.

Mentre il protagonista è un uomo che pare stare sulla soglia e vive fino al momento di sposarsi e anche un po’ dopo in una sorta di atteggiamento fatalistico, ma forse è più che altro un uomo che ha paura (paura di sapere, di trovarsi coinvolto)… , ma il libro è – di fatto – anche un percorso di crescita, di uscita dalla prolungata adolescenza e non responsabilizzazione maschile anche grazie alla bella, solare e positiva figura della moglie Luisa ( l’unica vera scelta che il protagonista fa è , infatti, quella di sposarsi).

La trama avanza lenta e tortuosa, fermandosi in molte anse per lunghissime (e ricorrenti) digressioni narrative e riflessioni e considerazioni, in una sorta di andamento carsico, un ragionamento ne chiama un altro e per contrasto o somiglianza un altro e un altro ancora, mentre la realtà viene registrata con occhio curioso e indagatore, nelle sue mille sfaccettature anche visive, come una sequenza di brevi flash fotografici. ( per certi versi il protagonista mi ricorda quello di Blow Up di Antonioni).

…Molto (e meravigliosamente) si dice circa il senso dell’amicizia e il suo (eventuale) limite, grandi pagine si soffermano sul senso del tempo (rivelando una sorta di fatalismo scettico e sconsolato), vi sono una serie di fantastiche e profonde considerazioni sul matrimonio (un’istituzione narrativa, il cuscino è “il confessionale”), viene indagato il valore della verità (e quindi l’opportunità di sapere e svelare i segreti, e le loro conseguenze).

Pagine intense e sottili riguardano il significato simbolico che in una coppia ha il reciproco spalleggiarsi ( ossia darsi/tenere fisicamente le spalle/proteggere/rassicurare l’altro), con notazioni profonde e insieme divertenti.

Infine moltissime sono le considerazioni sulle donne, il loro carattere, il loro sentire, le loro risate, i loro gesti, l’universo del femminile .

Le donne vengono sempre osservate da Marias con affetto, sorpresa, amore e quasi invidia ( il loro lisciarsi la gonna, il loro modo di camminare, il loro cantare inconsapevole mentre magari un bambino maschio malato a casa le ascolta e si incanta, quel bambino che, cresciuto, sarà per sempre escluso da quel mondo).

Per Marias, mentre le donne cantano (inconsapevolmente cantano (la vita), i maschi sono aridi, vigliacchi, meschini e soprattutto silenziosi – solo le donne li salveranno o potrebbero farlo, sembra suggerire l’autore.

“quel canto comunque intonato e che non tace né si stempera dopo che è terminato, quando è seguito dal silenzio della vita adulta, o forse della vita maschile” (così finisce il libro).

L’episodio di Berta (che colpisce fortemente chi legge) è una sorta di racconto nel racconto. Un racconto dolente eppure, ciò nonostante, pieno di vita e di profondità psicologica, di amore per questa creatura femminile piagata ma non piegata, per la sua costanza, e impazienza, e fragilità senza misura. Berta è l’amica zoppa di New York dedita a incontri al buio – alla fine sempre deludenti e frustranti – con uomini trovati sugli annunci dei giornali, che al protagonista chiederà complicità e sostegno oltre l’immaginabile.

L’episodio, narrato – come tutto in questo libro – con finezza, abilità e anche tenerezza, di fatto racconta anche di una addiction (autolesionistica come tutte le addictions), in una maniera delicatamente empatica. .

 

Ma il bello ( uno dei molti lati belli), di questo libro è che lo scrittore non emette mai giudizi morali o moralistici verso i propri personaggi (forse nemmeno verso quelli più squallidi e ambigui, Custardoy figlio o il suo segretissimo padre). Marias li comprende, li tiene dentro e, comprendendoli, ce li descrive e fa capire.

Un cuore così bianco è un libro che consente molte e diverse letture, e guadagna molto a una seconda lettura.

Infatti ha diversi piani e livelli di “degustazione”…

Non è vero alla fine che Marias non emette giudizi etici: li tiene dentro la storia, li fa sbocciare, ci rende sapienti (più sapienti), cambia la nostra prospettiva, il nostro punto di vista, fa entrare aria fresca, allarga l’orizzonte delle nostre teste ( e dei nostri cuori).

Che poi è quello che fa solo un grande libro.

A me “Un cuore così bianco” è realmente piaciuto molto, moltissimo.

 

Cristina Viani

 

 

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  1. Ho la triologia sentimentale di J. marias,uscito in volume unico tempo fa’, che comprende TUTTE LE ANIME-UN CUORE COSI’ BIANCO- E DOMANI NELLA BATTAGLIA. Mi sono arenata in TUTTE LE ANIME che , a un certo punto, per me era troppo. Ora, forse, leggerò un cuore così bianco . Ma per il momento non me la sento. cara Cristina v, te lo sei meritato un simile romanzo,che hai letto con tanta acuminata attenzione. Sei bravissima.

    E’sbarcato in Italia il primo libro di Salvatore Scibona, un giovane talento , scelto (come E.T. Morgan – tutti i viventi, ricordate?)per il premio dei 20 migliori americani sotto i 40 anni e vincitore di altri prestigiosi premi. il magnifico romanzo si chiama LA FINE ed è una saga sugli immigrati italiani , e non solo, in america dalla fine dell’800 agli anni ’50. Ma non somiglia affatto a nessun altro romanzo del genere. E’ scritto a penna passando dall’anima e dal corpo. Sono rimasta estasiata e, una volta finito, sento che devo ricominciare. conosco già bene alcuni personaggi, il panettiere Rocco, e il giovane ciccio e la signora Marini e lina. E i loro pezzi di vita agra, i tormenti e le solitudini. E le folle. Un mondo brulicante di esseri umani che vagano , apparentemente senza alcun senso, come le formiche di un formicaio devastato. Insomma ,ecco un capolavoro. Scibona ci ha messo 10 anni per scriverlo: ora ha 35 anni. Sono folgorata. ciao

  2. Cristina, la tua analisi, ampia, profonda, sensibile, attenta, direi onnicomprensiva e condividente, mi intimorisce un po’ … non conosco l’Autore che citi (e sino a qui nulla quaestio: sono tanti quelli che non conosco! (Camilla, ma anche tu, come fai a conoscerli tutti! Complimenti anche a te) ma ho realmente un po’ timore ad avvicinarmici … Vedremo se, crescendo, quando “diventerò grande” avrò più capacità e più coraggio. In ogni caso complimenti per il tuo intervento!
    @ Camilla: in genere preferisco comperare i libri a vedermeli allineati in libreria, soprattutto adesso che l’ho ristrutturata e riordinata su due file, tal che, la seconda fila, ora rialzata rispetto alla prima, rende visvibili anche i libri delle poltrone, non più nascoti da quelli delle poltronissime (è un mio brevetto che illustrerò volentieri a chi lo richiederà). Solo che adesso “sono in arretrato di due libri, nel senso che la “velocità di acquisto” è stata superiore alla “velocità di lettura”, quindi aspetto un po’ prima di comperare La Fine, che peraltro mi affascina sin d’ora. Infatti, verso gli immigrati italiani, mi sento molto’ “portato”: cfr. post del 27 ago 2010, “I figli di Colombo”, archiviato in “Storia”.

  3. Che compagnia intensa la Lettura, non mi stancherò mai di ripetere. Ti prende più o meno completamente ma quando lo fa come ci racconta Cristina V. si entra in un’altra dimesione che talvolta diventa nostra, come “nostri” diventano certi personaggi indimenticabili. E proprio di questo parlavo stamani con Camilla, con sua figlia e sua nipote (bellissime come lei)…dei personaggi che diventano “amici”privilegiati e dei quali potremmo persino essere un po’ gelosi.
    Piacevole oretta nell’ombra di sole di piazza duomo. Camilla ha ricordato la sua affascinante mamma che mi ha fatto venire alla mente il libro del giovane polacco Jacek Dehnel “Lala o del segno dell’acero”. (cercare nel mio archivio).
    Ah, io visto l’opera architettonica di Riccardo! Notevole e geniale! I titoli ammiccano anche dalla seconda fila!

  4. @Riccardo: cosa diavolo avete combinato tu e Maria Teresa con la vostra libreria? sono curiosa e vorrei sempre carpire ogni segreto per tenere i libri sotto controllo. Tu mi dici come faccio a leggere tanti libri: ora per esempio NON HO UN BEKL LIBRO PER LE MANI. quindi deduco che potrei leggerne molto di più, qualora li trovassi. ma non è facile. Spesso, a pagina 60, li pianto lì.
    Tornando al romanzo di Salvatore Scibona LA FINE : è un capolavoro. Saltano le priorità per me. e l’ho letto tutto di un fiato. come se dovesse sparire.
    Ieri ho guardato, dopo averci pensato per giorni e giorni e settimane, il dvd del film tratto da LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI. Che disastro! Un pasticciaccio magari con buoni, a volte ottimi ingredienti (bravi attori, bella fotografia, tante cose buone), ma mescolato talmente male da farne un polpettone melò. che peccato! Il romanzo è così buono e lieve. Insomma quella dei film tratti dai libri è una questione spinosa. ciao.

  5. @Camilla, vieni a casa mia a vedere gli scaffali!
    Numeri primi? Intanto la stazione sciistica del libro era San Sicario ed il film è stato collocato al Sestriere … altro dirti non vo’.
    Prestami La Fine ed io ti presto un libro che verrai tu stessa a sceglieri fra i famosi scaffali.
    Ruf doch mich mal an dai, telefonami un po!

  6. Che bel commento Cristina… Mi piace come ci presenti Javier Marias e mi fa venire voglia di leggere, se non la trilogia, almeno Un cuore così bianco, e scoprire i vari livelli di narrazione di cui ci parli…Sarà una bella sfida…Io sto leggendo in inglese Le correzioni di Franzen. Lo conoscete? E’ uscito recentemente Freedom ma io non avevo mai letto il suo primo romanzo che so che aveva riscosso molto successo qualche anno fa. Per ora non è male… Un bacione

  7. ringrazio Mirna per l’ospitalità. Ho scritto questa lunga cosa più per me e il mio gruppo di lettura che per un forum, quindi sono stata lunga e (troppo) minuziosa, scusate.
    Tutte le anime- è MOLTO inferiore, chi vuole godere Marias legga Un cuore così bianco e Domani nella battaglia pensa a me.
    Cristina