LA VILLA SUL LAGO di Boris Pahor

pubblicato da: Mirna - 10 Ottobre, 2012 @ 6:22 pm

Il lago è quello di Garda. Il tempo è l’ aprile del 1948, tre anni dopo la seconda guerra mondiale. E Mirko Golina,  architetto sloveno di Trieste, vi ritorna per cercare lontani agganci che lo aiutino a superare la tragedia dei campi di sterminio. Proprio in questo piccolo paese fu arrestato dai nazisti .

 Soprattutto cerca la convinzione di essere riuscito a sopravvivere a quell’oscuro periodo di dittature e morte. E spera, ma sembra invano, che tutti abbiano capito di essere finalmente liberi da quel ventennio tiranno il cui simbolo è incarnato da Villa Feltrinelli di Gargnano dove Mussolini alloggiò durante i seicento giorni della Repubblica di Salò. La sua ombra pare ottenebrare ancora gli abitanti del luogo che lo ricordano con venerazione.  Risvegliati da un sonno ipnotico, ma con il vuoto nella testa come la signora Amalia,  madre di un amico, ancora legata al ricordo del Duce.

Boris Pahor ha vissuto in prima persona il fascismo che obbligò gli sloveni a cambiare lingua e a obbedire. Nelle sue opere c’è una coraggiosa presa di posizione contro tutti i totalitarismi sempre protesa alla difesa della libertà e della dignità dell’individuo e delle identità nazionali e culturali.

 Nato nel 1913 è considerato il patriarca della lettartura slovena.

La villa sul   lago fu scritto nel 1952 , ma pubblicato in Italia nel 2002 per la prima volta e quest’anno da Zandonai.

Mirko è ovviamente l’alter ego di Pahor e tutte le riflessioni, le  delusioni,  scoperte e speranze sono le stesse che provò l’autore .

Ciò che mi ha colpito particolarmente di questa storia sono le descrizioni paesaggistiche  di cui sentivo la  necessità e ho letto con piacere paginette di vedute deliziose, di mulini,di ragazzi che vendono i limoni e le arance .

E mi sono ricordata della prima volta che mio padre mi portò sul lago di Garda, avevo sedici anni, si veniva da Carpi e dovevamo raggiungere Merano. Rimasi colpita dai grossi cedri che molti offrivano lungo la strada, dalla dolcezza  luminosa del paesaggio e da una collanina di vetro azzurro  che mio padre mi fece scegliere in un negozietto di  Riva. 

Ma ritorniamo al libro. Il lago in primavera è idilliaco e proprio nella sua bellezza Mirko spera di superare la sensazione del nulla provato in prigionia. Ha bisogno di sperimentare un nuovo ritrovarsi.

Distese di ulivi, limoni e arance, papaveri e iris in questa ricerca di sè nei tre giorni al lago. Che non compie da solo, ma con Luciana, figlia della signora Amalia, una fresca e allegra operaia dalle mani dure come il legno. Il loro incontro è fondamentale per entrambi, per Mirko che riuscirà a intravvedere nuovamente leggerezza e amore, per Luciana che riuscirà a togliersi il velo nero dell’asservimento ideologico al passato regime.

Se da subito scatta in loro un riconoscersi, una giovane complicità di desiderio di amore occorre però superare quell’ombra minacciosa che la villa tra i cipressi sembra proiettare, ma ,  – che scena deliziosa. – ..Luciana riuscirà a farlo  mettendosi   un garofano rosso all’occhiello.

Si incontrano tre volte: in una domenica di pioggia leggera in cui il riconoscersi fisicamente ci riporta alla sensualità della Pioggia nel pineto e quel salire e ridiscendere i pendii del paese con la distesa dell’acqua che cambia colore ci  ricorda  invece la bellissima  “Arsenio” di Montale.   “tu discendi in questo giorno/ or piovorno, ora acceso, in cui par scatti/ a sconvolgere l’ore/ uguali, strette in trama, un ritornello…”, un’altra di notte sotto la luna ed infine l’ultima, in un tardo pomeriggio.

E così i due giovani vanno e vengono, si discostano dalla tetra villa  per ricercare muretti sul lago dove sostare e baciarsi, riprendono a salire le scalette dei terrazzamemti mentre il sole cerca di mutare il colore del cielo e  le distese di ulivi brillano . O la luna proietta ombre e luci sui loro visi assetati di amore. I loro sentimenti si identificano, in questo  loro primo “annusarsi”, con il mutare del paesaggio. E l’alternarsi della pioggia e del sole, della luce e del buio,  fanno da cornice alle loro affinità o ai loro dissidi. La tenerezza e l’amore danno quindi speranza a una possibile rinascita.

 

 

 

Share

8 commenti
Lascia un commento »

  1. Del nostro gruppo di lettura, forse sono stato io a segnalare questo “Protagonista” della Storia e della Vita, con il suo libro “Il rogo nel porto”. Ieri sera dicevo alle amiche ed amici riuniti al “Papiro” che se degustate più formaggi, conviene iniziare da quelli più delicati e proseguire via via con quelli dal gusto sempre più marcato. Con Pahor (si legge “Pakor”?) a me è successo il contrario: infatti ho letto prima “Il rogo nel porto”, che descrive la durissima e dolorosa vita dei Triestini Sloveni sotto il fascismo. Libro-Documento crudo, forte. Dopo di che, la Villa sul lago mi ha favorevolmente sorpreso (mi riferisco all’Uomo Pahor) e un po’ deluso solo quanto allo scrittore Pahor, non per sua colpa, ma a causa della mia particolare sensibilità di lettore – ognuno ha la sua, nicht var? -, nel senso che mi ha mostrato un Pahor che non mi sarei aspettato. Come persona tuttavia – e questo è ciò che maggiormente conta – me lo ha ancor di più rivalutato. Uomo con la “U” maiuscola che ha molto sofferto, Uomo che tuttavia non ha perso la capacità di amare, Uomo i cui sentimenti non si sono inariditi, Uomo che al suicidio che talvolta ha accompagnato la disperazione, il riferimento è chiaro a tutti, ha sostituito la Forza e la Bellezza della Relazione Umana. Umana, appunto, quasi per contrapperare la disumanità che ebbe a soffrire. E se per “consiglio regionale”, “deputati”, “senatori” uso le lettere minuscole, in questo caso le lettere maiuscole che ho utilizzato non sono casuali …

  2. Questo è uno dei libri che ho letto e di cui non ho un ricordo preciso di contenuto, ma solo di atmosfera: ricordo sfumato ma gradevole. Ora, leggendo quello che ne ha scritto Mirna, mi viene spontaneo fare un paio di osservazioni.
    La prima è di nostalgìa per le distese di limoni e aranci, che io non ho visto ma che “vedo” nella mente come bellissime. Un tempo il naturale riscaldamento della massa d’acqua del grande lago creava un vero microclima mediterraneo, grazie al quale il Garda era la riviera più a portata di mano per la nobiltà e per l’alta borghesia asburgiche. Ormai le centrali idroelettriche hanno abbassato la temperatura dell’acqua e conseguentemente dell’aria intorno, per cui non è più la stessa cosa. C’è ancora, sì, un po’ di flora dei tempi passati (oleandri in primis), si coltiva ancora l’ulivo, ma le limonaie sono ridottissime e protette da vetrate e lo scheletro di molte di esse, con le caratteristiche colonne sui terrazzamenti, fa da intelaiatura a costruzioni destinate oggi ad alberghi e pensioni, soprattutto nella zona di Limone.
    L’altra osservazione è un collegamento letterario, accanto a quello già fatto da Mirna. La pioggia sugli amanti è un “luogo” sempre pieno di fascino ed io, oltre alla memorabile Pioggia nel pineto di D’Annunzio, ripenso al meno conosciuto “L’amore necessario” di Nadia Fusini, lunga lettera d’amore e sull’amore che si apre proprio con il ricordo di un pomeriggio umido e sensuale…

  3. I libri di GRAZIA: ” Recentemente ho letto la famosa Amélie Nothomb, attirata dalla deliziosa edizione Voland, cartonata, di piccole dimensioni, super ecomomica, che la pubblica.

    Ho cominciato con “Né di Eva né di Adamo”, racconto di una storia d’amore in Giappone, che si conclude con una fuga, mi sono piaciute le parti in cui racconta le camminate sui monti e il cibo giapponese, risulta non sempre piacevole l’io che racconta, si identifica con la scrittrice, penso, un po’ troppo ipertrofico ed egocentrico per i miei gusti.

    Ho proseguito con “Cosmetica del nemico” un’ottantina di pagine di dialogo tra due persone nella sala d’aspetto di un aeroporto, un attaccabrighe importuna un passeggero in attesa del volo, il loro parlare dapprima appare sgradevole, come sono sgradevoli tutti gli attaccabrighe, via via la storia che emerge dal dialogo si fa sempre più coinvolgente e porta ad un finale inatteso, ricorda il dottor Jekyll e mister Hide come dicono gli stessi personaggi, davvero molto ben costruito.

    Ora sto leggendo, sono a metà, “Io viaggio da sola”, di Maria Persino, sottotitolo “Istruzioni per un corretto uso di valigie, solitudine e buonumore”, non so che cosa mi aspettassi di trovarvi, credo che ognuno le sue istruzioni se le trovi da solo e non credo che l’autrice ci voglia imporre le sue, devo però dire che alcuni spunti sono divertenti e piacevoli.

  4. Ciao a tutti, care Mirna, Grazia, Camilla,,,, ma quanto leggete! Che invidia, in senso buono! Mi sto comunque appuntando tutto.Io crollo la sera soprattutto negli ultimi gg densi di impegni a scuola…Ho iniziato Il senso di une fine di Barnes, Per ora giudizio sospeso. Molto ben scritto ma non sono entrata nel fitto dei misteri a cui accennavate… Come è andato l’incontro di mercoledì? che dispiacere non essere potuta venire. Un abbraccio a tutte!

  5. @ grazia Gentile Grazia, forse ti piacerebbe moltissimo IL SENSO DI UNA FINE di julian Barnes. Il tuo modo di esprimerti sulle tue lettura, così acuto e autonomo nel giudizio,me lo fa pensare e mi piacerebbe molto sentire il tuo parere.. Io sono rimasta molto ammirata e sto cercando altri suoi romanzi: sono riuscita a trovare soltanto un romanzo ARTHUR E GEORGE, ispirato da un episodio dell’autobiografia di Arthur Conan D e scritto magistralmente con la leggerezza di un’indagine poliziesca e la profondità tipica di Barnes, filosofico- psicologica, eccezionale.

    Boris Pahor ha passato da tempo i 90 anni e ancora si batte per la verità nascosta dell’infamia dell’Italia fascista , ancora oggi ipocritamente tendente a nascondersi ad esempio pubblicando con ritardi esagerati e scarsa chiarezza i libri di Pahor e non solo. Il libro più importante di B.P. è NECROPOLI. Lettura devastante.

  6. @Camilla, grazie per i suggerimenti, ho già Barnes nelle pile dei libri da leggere, ti farò sapere le mie impressioni, ho notato che spesso coincidono con le tue.
    Devo invece segnalare la mia ultima lettura, descrive il mondo delle classi alte inglesi degli anni trenta, l’autrice è Nancy Mitford, che quel mondo lo conosceva bene facendone parte, utilizza nel raccontarlo un’ironia tagliente e irresistibile, parlo di “L’amore in un clima freddo”, uscito quest’anno in una bellissima edizione di Adelphi, ma è del 1949. Tanti bei caratteri in primo piano, descritti in modo, non posso che ripeterlo: irresistibile, inoltre egoismi, balli, debuttanti, gelosie, tradimenti, molto cinismo, ce n’è per tutti i gusti…
    In questi giorni ho iniziato “Paradiso e inferno” dell’islandese Stefànson, scrive del mondo dei pescatori della sua terra, nell’Ottocento, fatto di terribili condizioni climatiche, con gli elementi della natura scatenati, con le vite delle persone su cui pende costantemente la morte, della vita fatta di sole necessità fisiche: una capanna per ripararsi, l’uscire a pesca per procurarsi il cibo… però qualcuno di loro, prima di uscire in mare, legge versi. La prosa è molto spessa, tanto che a volte mi ritrovo a sottolineare intere frasi, che dire? Promette bene, ma sono solo all’inizio.
    Saluti, auguro a tutti tanto tempo per riuscire a leggere tutti i libri che vorremmo, cara Raffaella, hai ragione, ne abbiamo così poco, non basta mai… ma noi appassionati lettori siamo pieni di risorse!

  7. @ grazia dopo PARADISO INFERNO c’è LA TRISTEZZA DEGLI ANGELI,che ci porta via lontano, nel ghiaccio eterno, nella solitudine anche fisica, in un ambiente che, personalmente, mi terrorizza.I due romanzi sono belli ma bisogna sentirsi forti, fisicamente forti, per apprezzarli davvero. Io che sono ormai tutta scassata mi trovo a disagio tra quei paesaggi desolati. Allora mi piace scaldarmi nelle stanze delle scrittrici inglesi che hanno scritto ineguagliabili romanzi , dove le anime dei protagonisti , i loro sentimenti, sono gli stessi di quelli di ogni parte del mondo: la Mitford e tutte, o quasi, le autrici anglofone della prima metà del’900 sono meravigliosamente leggibili e non mancano mai tazzine di tè.
    @ raffa– Un libro, scritto nel 1965 ma editato ora in Italia, è STONER,( di John Williams, nato in Texas ne 1922)Insomma ci troviamo di fronte a una storia dura e dolente, un uomo solo,quasi senza speranze, senza difese, a volte persino fastidioso nella sua bontà….. Eppure STONER non passa nell’animo del lettore senza lasciare una forte impronta, un ricordo caldo e affettuoso, un senso di aver avuto da lui qualcosa di buono, persino di bello. Un romanzo da leggere per sentire un sentimento di comprensione, di ammirazione perfino. Qualcosa di raro accade nel nostro sentire.

  8. Camilla, grazie per i tuoi splendidi consigli. Mi piacerebbe vederti un giorno magari con Mirna davanti ad un bel tè in un caffè di Trento. Mi sta piacendo molto Barnes, mi sto segnando alcune frasi illuminanti sul passato, la storia ecc.
    Lo so che Profumo dice che con noi insegnanti serve bastone e carota ( pare soprattutto bastone) ma io questa settimana e la prossima sarò sempre a scuola mattina e pomeeriggio . Incrocio le dita, pare che non ci siano riunioni solo lunedì quindi aspetto con ansia di poter partecipare all’Angolo Papiro!