PICCOLE DONNE ovvero un romanzo di formazione

pubblicato da: admin - 20 Gennaio, 2010 @ 3:32 pm
E’ proprio vero: un libro tira l’altro come le ciliegie. Nel libro  della Rasy, letto ieri ,viene nominata anche  la scrittrice statunitense Louise Mary Alcott e subito un’immensa nostalgia del suo romanzo “Piccole Donne” (1868) mi ha assalito.
 Stamattina per consolarmi della partenza di mia figlia sono andata a cercarlo in un vecchio armadio e l’ho trovato un po’ spiegazzato con un odore di antichi libri di scuola. Mi sono preparata la mia calda tazza di tè e ho cominciato a sfogliarlo. Ci sono anche le illustrazioni, ( un po’ “decorate” da mia figlia, da me costretta a suo tempo a leggerlo).
Ho cominciato a ripercorrere alcune pagine: certo,  sono datate per noi lettori esigenti e un po’ scettici, ma vi ho ritrovato quei fili conduttori che fan sì che esso rimanga sempre uno dei libri più amati da molte generazioni femminili, come il caldo affetto familiare, l’onestà, la generosità di quasi tutti i personaggi e quegli aspetti della vita americana che a noi ragazzine degli anni ’50 piacevano moltissimo. Le frittelline e le salsicce per colazione, i canti di Natale al pianoforte, le ghirlande sulle porte, e gli stessi nomi dei protagonisti, Meg, Jo, Amy, Beth e Laurie.
 
 
Tutte noi lettrici volevamo essere Jo, il “maschiaccio”, una ragazza anticonvenzionale, modernissima per l’epoca in cui si svolge la storia. Siamo negli anni della Guerra di Secessione, il padre è al fronte, la madre si prodiga per non far mancare nulla alla famiglia e  per aiutare quelli ancora più poveri ; le quattro sorelle vivono con complicità ma non senza sacrifici i loro piccoli accadimenti quotidiani. E’ un mondo che appare remoto alle giovani di oggi. Molte di loro, come la mia nuova amica Jessica, non l’hanno letto; credo che lo trovino troppo sdolcinato. Un po’ concordo.  Ma oltre alle descrizioni di disavventure per guanti sporchi di limonata o di riccioli bruciati, o di amori non contraccambiati,  la famiglia March ci  dà messaggi importanti  come il  coraggio  nell’affrontare ogni situazione della vita e la necessità di raggiungere  la  consapevolezza di ciò che si è  e che si vuole diventare.
Un episodio saliente della storia, che sottolinea la modernità della Alcott, è quello in cui Jo si fa tagliare i capelli  e li vende per aiutare la famiglia.
“Venticinque dollari! Dove li hai presi? Che cosa hai fatto?”
Senza rispondere, Jo si tolse la cuffietta scoprendo la testa rasata.
“I tuoi capelli! La tua sola bellezza! Povera e cara Jo…non sembri più tu…
 
I capelli lunghi sono il simbolo della femminilità, condiviso da tutta la società ottocentesca, e Jo osa intaccarlo. Più trasgressiva di così!  Non so se quando lo lessi  la prima volta, nel 1953, colsi questo importante significato; ogni libro, si sa , ha più livelli di lettura e comprensione. Per questo molti romanzi devono essere letti più volte per essere compresi nella loro totalità.  
Ricordo che qualche anno fa feci vedere il film a scuola, quello interpretato da Winona Ryder, a una  mia seconda media . ( Io invece avevo visto quello con June Allyson e Liz Taylor nella parte di Amy). Le mie alunne erano in estasi e se lo sono gustato ridacchiando e commentando spesso, soprattutto la storia d’amore di Jo con Laurie; i poveri maschietti , invece, tra uno sbadiglio e  l’altro mi chiedevano di uscire ogni 10 minuti  e quando li controllavo perchè non ritornavano in aula , li vedevo lungo il corridoio a parlare con la bidella o a gironzolare annoiati.
E’ questo romanzo un libro per sole donne?  E perchè?
Probabilmente l’identificazione immediata con le ragazze lascia poco spazio all’immaginario maschile, gli uomini sono, a parte Laurie, in secondo piano. Il padre stesso è lontano e poco importante nell’economia del racconto, anzi è importante proprio la sua assenza. Sappiamo che questo è in parte autobiografico: il padre della Alcott era abbastanza inconsistente sia come figura paterna che come lavoratore e la stessa scrittrice si era data da fare per aiutare concretamente la famiglia.
E’ comunque un romanzo di formazione, le piccole donne cresceranno e sceglieranno con consapevolezza la loro strada. Meg vorrà una famiglia tradizionale, Amy, più ambiziosa, cercherà la ricchezza e il prestigio sociale, Beth, la più sfortunata vorrebbe solo amore incondizionato e armonia, e Jo, la mia preferita, vuole realizzarsi, vuole fare la scrittrice.
 Ed è  l’unica, e qui sta ancora  la modernità del romanzo, che raggiunge il suo happy end senza l’aiuto di nessuno, nè dell’innamorato, nè dei soldi, ma soltanto grazie alle sue capacità e alla sua forza. Jo diventerà scrittrice e aprirà una scuola per studenti poveri insieme a un marito, un maturo insegnante tedesco, che non rientra nell’immaginario del  principe azzurro tipico dei romanzi per sole giovinette.
 
Mi piacerebbe tanto sapere se alcune lettrici si sono identificate in una delle altre sorelle che non sia Jo.
                                                             
                                                                                              *                    *                     *                     *                      *
 
In tarda mattinata mi sono presa una pausa: oggi 2o gennaio è una giornata splendida, algida e soleggiata. Ho incontrato un’ amica, Enza, in un bar di piazza Duomo. E’ così piacevole incontrare una cara persona e davanti a un caffè conversare di cose piacevoli. Le ho parlato del mio blog e prendendo lo spunto del libro ritrovato abbiamo iniziato un dibattito sull’importanza degli oggetti. Quali conservare? Tutti ? Mi pare che Borges in una celebre poesia parli degli oggetti come di cose vive…Enza ed io ci troviamo invece d’accordo nel conservare il meno possibile,  tenere solo gli oggetti significativi e i libri, naturalmente. I libri, più che oggetti, sono pezzi di vita dell’umanità. Quindi siamo noi stessi.
Ad una certa età è meglio, credo, non soffermarsi troppo sulle cose vecchie, ma rimanere aperti al nuovo, al ricambio, al futuro, respirare aria nuova.
 
Ah, insieme abbiamo anche visitato la mostra  “Le radici della montagna”a Palazzo Trentini: gradevole, con quadri belli di  Garbari, Moggioli, ecc.  Davanti ad alcuni ci siamo soffermate a lungo.
Perchè scrivo questo? Perchè il sottotitolo del mio blog è:  La vita oltre i 60…quindi  voglio dire ai miei coetanei che di cose belle da fare ce ne sono.
 
Mi sono accorta che scrivendo ho sentito meno la lacerazione del distacco da mia figlia che ora sta dirigendosi verso Chiavari e suo marito, ma intravvedo anche sul tavolino il libro che lei avrebbe dovuto portare con sè. E’ infatti un regalo  che io ho fatto a mio genero Marco, scritto, sembra, apposta per lui. Si tratta di ” Pianoforte vendesi” e chi meglio di Marco, musicista, accordatore, restauratore e vendidore di pianoforti potrebbe  leggerlo? Che Stefania l’abbia lasciato apposta affinchè la sua mamma abbia già il materiale per domani?
Stefania è una figlia molto attenta e amorevole, sa che mi piace leggere e scrivere e questo blog è stato un suo grande dono.
 
Ma ora devo chiudere. E si sa che, parafasando Rossella O’Hara :
                                                                                                 domani è …un altro libro.
 
                                                                                           
 
 
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5 commenti
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  1. Che ricordi Piccole donne… E ho anche letto Piccole Donne Crescono…Grazie per averlo riportato così vividamente alla mia memoria…
    P.s. sulla discussione riguardo agli oggetti da conservare, io devo farmi un’esame di coscienza…Conserverei tutto , infatti sono il disordine fatta persona e a casa mia manca sempre spazio. Notare che siamo in 2 in 95 mq2…

  2. Che bella l’idea del blog! Stamattina il nostro incontro è stato veramente piacevole e sono contenta che ti sia servito per rendere meno triste il distacco dalla tua amata figlia. Anche se non ho figli mi sembra però di poter capire e mi viene in mente il detto napoletano tradotto “i figli sono pezzi di cuore”.
    Parlando di libri, anch’io ho letto e riletto “Piccole donne” con “Piccole donne crescono” e “I ragazzi di Jo”, purtroppo questi libri sono finiti nell’alluvione del ‘66, ma le storie le ricordo perfettamente e ho visto anch’io più volte il primo film tratto dal primo, come pure anche l’edizione più moderna. Recentemente ho comprato la raccolta completa dei libri della Alcott con l’intenzione di rituffarmi in quelle atmosfere di cui tu parli e che tanto mi hanno coinvolta, sperando forse di ritrovare ancora un po’ di innocenza perduta con l’inesorabile trascorrere del tempo.
    A presto

  3. Mi fa piacere leggere le voci delle fans di Piccole Donne. Ringrazio le visitatrici del mio blog, raddoppiando i ringraziamenti, naturalmente ad Enza.

  4. Rispondo a Stefy : siamo due bilancine, non scordarlo! Un bacio e complimenti alla tua mamma perchè il blog è davvero intrigante!
    Per Enza : ciao, mi presento , sono raffaella, ex collega e amica di Mirna. Ora insegno inglese alla scuola media di Mattarello e adoro leggere…

  5. In risposta a Raffaella: io invece sono in pensione da luglio dell’anno scorso e sto centellinando l’acquisita libertà da tempi imposti e quindi la lentezza che da essa, almeno per me, ne deriva. Mirna è una mia relativamente recente conoscenza, avvenuta durante un viaggio. Un po’ alla volta stiamo approfondendo la conoscenza anche grazie a questo blog, dato il nostro comune amore per la lettura. Ciao!