UNA FAMIGLIA AMERICANA, di Joyce Carol Oates

pubblicato da: admin - 3 Maggio, 2010 @ 7:10 pm

OATES-JC_famiglia0[1]JoyceCarolOates[1]I miei pensieri, in questa mattinata grigia, volano e si incrociano come le rondini che poco fa ho visto saettare  in un cielo di perla . Davanti alla finestra con la tazza del caffè in mano mi sentivo pronta, nonostante la stanchezza dovuta al  poco sonno, a inventare la mia giornata. Mi piace quando davanti a me c’è la “lavagna” vuota, senza impegni. Allora riordino e penso, coccolo la gatta e rifletto, insomma forse è proprio per questo che soffro di insonnia, perchè, come diceva mio marito, il mio cervello “non quieta mai”. Naturalmente la riflessione predominante è l’argomento di cui parlare nel post. Ma quante suggestioni ho ricevuto!   Ieri il film “Scandalo al sole” rivisto in Tv, citazione della Oates da parte di Camilla, un ennesimo romanzo di scrittrice americana che sto finendo di leggere.

Da che cosa comincio? Beh, dal famosissimo film del 1959, che noi adolescenti di allora,  abbiamo adorato insieme alla colonna sonora. Erano i tempi del boom economico ed io finalmente potevo permettermi ogni sabato di fare un po’ di acquisti, una maglietta, un libro e l’immancabile ultimo 45 giri. Quanto ho ascoltato quel disco! E naturalmente quanto mi piacevano i protagonisti, biondi, belli, ricchi …che soffrivano d’amore. La mia capacità critica non era ancora sviluppata per giudicare quel crudele e conformista  puritanesimo americano che viene anche sottolineato dalla Oates nei suoi romanzi.

Ma gli Stati Uniti erano il luogo dei nostri sogni. Eravamo tutti un po’ americani. Ora sappiamo giudicare, abbiamo visto anche i difetti di quella società consumistica, individualista, spesso crudele,   ma anche vitale, attiva, comunicativa. Mia figlia Stefania che sta finendo il dottorato nell’università di Cornell, proprio nello Stato di New York, si trova benissimo e ne parla con  entusiasmo, tenuto conto che si trova in un ambiente privilegiato.

Joyce Carol Oates è nata nel 1937 proprio nello stato di New York e nei suoi romanzi, che credo di avere letto tutti, vengono citate le località dove sta mia figlia: Ithaca,  Cornell, Binghamton, le vicine cascate del Niagara. (Un altro suo romanzo si intitola appunto  “Le cascate”).

Il primo suo  libro letto è “Una famiglia americana” il cui titolo originale, più aderente alla storia e alla sua l’essenza, è  “We were the Mulvaney“. Una famiglia felice che vive in una bella fattoria nello stato di New York. Michael e Corinne hanno quattro figli, tre maschi e una femmina, Marianne.  La loro vita è quella tipica del “sogno americano”: tranquillità economica, amore per la fattoria con i suoi animali, figli bravi, armonia familiare. Quadro perfetto di ciò che bisogna essere. Tutti li ammirano e li approvano. Sono i Mulvaney.

“Eravamo i Mulvaney, vi ricordate di noi?…Per parecchio tempo ci avete invidiato, poi ci avete compianto. Per parecchio tempo ci avete ammirato, poi avete pensato: Bene! E’ quello che si meritano.”

Questo è l’inizio della storia che si snoda  negli anni ’70. Che cosa avviene  per  cambiare lo scenario di questa classica famiglia perfetta?

La sera di San Valentino 1976, dopo un party, Marianne, la figlia modello, la brava liceale, – è anche una cheer-leader -, viene violentata da uno studente. Per lei è una distruzione intima, uno sgretolamento della propria identità e dell’autostima. Per questo non vuole denunciare il violentatore, per non sentirsi ulteriormente violentata. Diventa una vittima passiva che si sente sporca e colpevole.  I maschi della sua famiglia, primo fra tutti il padre vogliono vendetta, ma  in fondo al cuore colpevolizzano Marianne, tanto che non ne sopportano neppure la vista. Marianna sarà allontanata, neppure la madre, più moglie che madre, la aiuterà. Questo crudele atteggiamento è un’arma a doppio taglio. Sembra che nulla possa più essere rimediato e la famiglia stessa si disgregherà sotto gli occhi della società  accusatrice e implacabile.

Sembra una crudeltà esagerata quella raccontata dalla Oates?

Spero che alla Oates prima o poi venga assegnata il Nobel per la letteratura. E’ eccezionale, non solo per la sua splendida scrittura, ma per quello scandagliare profondamente l’animo umano e i costumi della nostra società del benessere.

Joyce C. Oates ha un viso interessantissimo che ci fa intuire una vita intensa, travagliata e un’anima grande e attenta.

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  1. L’America, che in un certo senso e’ proiezione di noi Europei di una “terra del possibile” ha spesso il risvolto della medaglia. Questo suo conformismo rigidissimo deriva da un’antipatia verso il diverso e il non-etichettabile. Sembra un controsenso, ma c’e’ anche questo aspetto.E forse, in un paese che si e’ conquistato veramente tutto, la sconfitta e’ ancora piu’ terribile e irrimediabile…

  2. Quello che è certo è che la letteratura americana, ci dona , ancora oggi, scrittori forti, capaci di non addormentarsi arrotolati su se stessi : Foster Wallace (ultimo suo libro “questa è l’acqua”), morto suicida ancora giovanissimo, è uno dei tanti segnali di continua capacità di ricerca della verità , a tutti i costi, che l’america ci manda. Scrittori come Richard Powers, Wollman, e tantissimi altri, mostrano una vitalità, una forza ancora intatte e incontaminate, un bisogno di purezza direi, indomito.
    vorrei solo carissima Mirna, dirti quanto brava sei a sintetizzare le meravigliose storie che ti fanno tanto ricca e luminosa. anch’io amo la Oates e vorrei che il suo ultimo (in Italia) romanzo “Sorella mio unico amore”, dove si parla dell’infanzia tradita proprio nella stessa famiglia, e qui parlo di famiglie del benessere, un’infanzia mostrificata e devastata da sogni avvelenati di genitori impazziti. Anche qui in europa e in Italia più che mai, ora i bambini sono sempre più a rischio. Spesso proprio “nelle migliori famiglie”. qualcuno ricorda il film “Bellissima” di Visconti, con la Magnani? Sembra talmente ingenuo e lontano e innocente. “Sorella mio unico amore ” dovrebbe essere letto da chi è geninore o intende diventarlo, non letteratura fine a se stessa ma un richiamo terribile per i giorni che viviamo. Ti ringrazio ancora per questo tuo affacciarti , ogni mattina, col tuo sorriso, al mio pc.

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