QUEL CHE AFFIDIAMO AL VENTO

pubblicato da: Mirna - 1 Febbraio, 2022 @ 11:26 am

di LAURA IMAI MESSINA

Febbraio ci ha portato il vento. Vedevo dalle mie finestre le foglie secche volteggiare insieme ai passerotti che aspettavano le mie briciole.

Ho pensato alle protagoniste di Chocolat che se ne vanno all’arrivo del vento. Anche Mary Poppins va e viene a seconda di come soffia.

Il vento ci rimescola, ci rinnova alcuni pensieri, ci pulisce da scorie polverose e ci spinge a modificare le nostre coordinate interiori.

Vento, aria, respiro.

E noi respiriamo perchè siamo vivi. Ma nel vento rimarrà sempre qualcosa di noi: onde magnetiche o come in botanica semi e filamenti eterni.

E così la lettura del libro prestatomi da Enza mi ha emozionato e avvinto e appagato sensazioni di eternità.

In Giappone, dopo il catastrofico Tsunami del 2011 in un giardino chiamato Bell Gardia sul fianco della Montagna della Balena (Kujira-yama), è stata installata una cabina telefonica che trasporta le voci nel vento.

Ogni anno migliaia di persone che hanno perso i loro cari vanno ad alzare la cornetta in quella cabina solitaria e parlano con chi non c’è più. Le parole vengono affidate al vento che come sapete va e ritorna.

Anche la giovane autrice, sposata a un giapponese e residente a Tokyo, vi è andata assorbendone la tipica intrinseca spiritualità del Sol Levante.

E la storia dei protagonisti è intessuta del dolore della perdita, ma anche della speranza di una nuova dimensione del qua e quella del di .

Così Yui e e Takeshi si incontrano per lenire il loro dolore.

Yui è una ragazza che lavora alla radio e che nel maremoto ha perso madre e figlioletta. Le avevavo ritrovate abbracciate.

Takeshi è un medico che ha perso la moglie per malattia e che ha una bambina ancora piccola che dalla morte della madre non parla più.

Ma il Telefono del vento farà un miracolo: la bimba riuscirà ritrovare la voce per comunicare con la mamma.

Yui stenta ad entrare nella cabina, congelata dal dolore dell’assenza; occorrerà un nuovo picccolo cataclisma a scuoterla per salvare proprio quella straordinaria via di comunicazione che sono le parole al…vento.

Al dentro di noi, alle parole a ai sentimenti che talvolta non riusciamo ad esplicitare.

Questa storia rispecchia la delicatezza di sentimenti e modi di vita giapponesi .

Una carezza profonda che Laura Imai Messina ci dona.

Oggi c’è molto vento ed io , come sempre, sono dentro non solo nella mia vita, ma anche in quella dei miei libri.

Quindi che magia vedere che dal cellulare di Alfredino scomparso tre mesi fa c’è un accenno di contatto. Allora gli scrivo anch’io. Le nostre parole affidate all’etere.

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1 commento
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  1. Che storia stupenda. Spesso infatti abbiamo la sensazione che le essenze e le esistenze scorrano vicine, oltre la vicinanza lineare – fisica e temporale – che come umanità per lo più consideriamo. Forse siamo pronti al salto, ad essere ancora più umani? A guardare non solo davanti a noi, ma anche ai lati? O persino dietro? ad aprirci al non visto e al non toccato?
    Ultimamente ci sono stati tanti lutti per me, per noi. Ma è come se la sofferenza mi travolgesse solo in prossimità di un pensiero coerente e logico, ben conosciuto. E’ davvero successo? Quella persona non c’è veramente più? Ecco il pugnale dell’assenza.
    Invece, tornando nell’abbraccio grande e generoso del fiume dell’esistenza, o nel vento, forse ancora più volatile e immediato, sembra che tutto ci sia, sempre. E noi anche, ci siamo sempre e ci siamo sempre stati e non ce ne andremo, mai.