…DA UN ARTICOLO DI ANNI FA…(un’intervista di una giornalista de La Voce di Carpi)
pubblicato da: Mirna - 26 Settembre, 2025 @ 11:21 amStamani ho preso in mano la penna per rispondere in brutta alle sue domande…e senza accorgermi ho scritto per quasi due ore. Mi perdoni e estrapoli quanto le sembra interessante per l’articolo. La ringrazio e mi complimento con lei sia per la bella voce, sia per il garbato modo di porgersi. Spero anch’io di conoscerla personalmente.
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Avevo 22 anni quando decisi di lasciare Carpi. Molti furono i motivi che mi spinsero a farlo, fra essi la necessità di un “respiro ampio”, di libertà, di vedere, di conoscere, di imparare. Lentamente Carpi, la città della mia infanzia e della mia adolescenza, mi stava soffocando in un tipo di vita che non aveva più in me delle rispondenze. Cominciavo a sentirmi un “outsider”, non avevo interlocutori..
Carpi mi aveva protetto e avvolto nel suo corposo respiro come una madre, ma io sentivo la necessità di qualcos’altro:staccare il mio cordone ombelicale per crescere da sola e vedere con i miei occhi gli altri paesi di cui avevo tanto letto nei libri di viaggio e nei romanzi stranieri soprattutto anglosassoni.J.Austen, le sorelle Bronte, V.Woolf, H.James, persino Agatha Christie mi avevano fatto amare e desiderare l’Inghilterra, la sua verde campagna, i cottages con le rose, Londra e i suoi musei, il rito della ” cup of tea”, insomma l’atmosfera inglese sembrava appagare una profonda esigenza del mio essere.

Decisi improvvisamente di rispondere all’ annuncio di un’agenzia londinese che cercava ragazze alla pari, dopo un’ insipida festa da ballo al Castello, insipida per me che percepivo l’assenza di tutto ciò che desideravo. Era la fine dell’inverno, avevo appena lasciato il mio ultimo impiego, avevo rotto con un ragazzo inconsistente, i miei genitori non avevano più bisogno di me, quindi ero LIBERA.
La famiglia che mi ha ospitato per 14 mesi abitava fuori Londra, in Edgware, un delizioso quartiere pieno di casette uguali, con giardini fioriti. I miei ospiti, una giovane coppia con un bambino di 1 anno, erano ebrei. Ricordo l’imbarazzo con cui il marito me lo confidò mentre mi portava da Victoria Station a casa e ricordo anche la gioia che provai nel saperlo. Avrei imparato nuove usanze, nuove cose. E così fu.
Il mio lavoro era leggero, quello che farebbe una devota figlia in casa, ma soprattutto dovevo accudire il piccolo di famiglia. Ho imparato quindi cose utilissime nella cura di un bebè, cose che sperimentai nel primo anno di vita di mia figlia Stefania.
Il periodo in Inghilterra fu il più spensierato, ricco e felice della mia vita. Il clima, l’atmosfera, i colori rispondevano anche alle mie esigenze fisiche; la lingua, le bellezze di Londra e dintorni appagavano la mia sete di riscontri letterari. Conobbi altre ragazze italiane alla pari, ma io fui la più fortunata perchè tra me e i miei ospiti nacque una affettuosa amicizia che dura tuttora. Naturalmente seguivo un corso d’inglese e dopo 6 mesi ottenni il Lower Cambridge Certificate, ma stavo così bene che decisi di rimanere altri 8 mesi. Con le amiche andavo spesso al British Council dove si incontravano ragazzi di ogni parte del mondo: indiani, cambogiani, spagnoli, italiani, finlandesi. Ci si divertiva molto con le danze scozzesi, con gli ultimi films e con rappresentazioni teatrali. Speravo anche di incontrare un giovane e biondo Lord inglese possessore di castello “in the country”…ma il destino aveva qualcun altro in serbo per me!
*Dopo l’Inghilterra io e due care amiche ex au-pair andammo a Monaco di Baviera per imparare il tedesco.Lavoravo in una gioielleria fino alle 16.00 per cinque giorni alla settimana, poi studio e …feste! Anno interessante e divertente alla fine del quale sapevo parlare discretamente inglese, tedesco e francese (reminiscenze scolastiche).
Che fare?
Viaggiare è vivere, conoscere, essere “dentro” il mondo;il viaggio, metafora della vita,era ciò che desideravo.
Un amico, un ammiratore di Che Guevara, mi diede l’indirizzo di un’agenzia di navigazione, la Costa-Chiariva. Perchè non tentare di diventare hostess di crociera?
Ottenni un colloquio e fui assunta.Mi imbarcai nell’aprile 1970 da Genova per una crociera di 14 giorni.Ero emozionatissima. Conobbi l’Andalusia, il Marocco, Madeira, piena di orchidee selvatiche, le Canarie…e il mio futuro marito, pianista “sull’oceano”!
Il lavoro di hostess sembrava fatto su misura per me: vedere posti nuovi, conoscere altri modi di vivere, essere a contatto con persone di ogni nazionalità, aiutarle, organizzare i loro passatempi, comunicare in diverse lingue .E poi il mare blu, azzurro, turchese, rosso, sempre intorno a noi. I tramonti sul mare e le escursioni nei souks arabi profumati di dolcetti alle mandorle e tè alla menta furono “galeotti” per me e il pianista! Nacque presto un dolce sentimento che sembrava dovesse spezzarsi quando i Capi decisero di trasferirmi su un’altra nave, la “Fulvia C”. Ma il destino aveva deciso che io dovevo sposare quel pianista ligure( che nel frattempo mandava fulmini e maledizioni alla nave che mi aveva allontanata da lui) perchè il 19 luglio fece naufragare la nave al largo delle Canarie.Si incendiarono le sale macchina, il fuoco salì ai ponti superiori, equipaggio e passeggeri (fra cui il pittore Guttuso)vennero calati in mare su scialuppe e recuperati dopo una nottata d’ansia da una nave francese. Tutti salvi.
Il mio futuro marito, soddisfatto di riavermi sulla stessa nave, era convinto e lo è tuttora di essere stato l’artefice dell’affondamento.
*Dopo 4 anni di navigazione la vita a bordo divenne stretta e limitata. La nave era un piccolo paese fluttuante e i porti mi sembravano tutti uguali.
Forse il VIAGGIO ora doveva continuare dentro di me.
Io e Piero decidemmo di lasciare le navi e vivere insieme a Trento dove lui aveva ottenuto una cattedra di educazione musicale nella scuola media.

La città mi piacque subito anche se notavo differenze notevoli rispetto a Carpi: qui c’erano meno affabilità, meno sguardi e sorrisi per la strada. Se sotto i portici di Carpi ero ammirata da quasi tutti gli uomini qui notavo una certa indifferenza, se i negozianti di Carpi ti accoglievano con sorrisi e facezie, i trentini erano cortesi e seri. E poi la cosa che più mi sconvolse fu la scoperta che i negozi chiudevano il sabato pomeriggio.Che nostalgia degli acquisti di fine settimana a Carpi, quando finalmente libere dall’ufficio, cercavamo il nuovo 45 giri, o un vestito all’Ente Comunale Tessuti.
Ora Trento è cambiata, è più viva, più sorridente, più comunicativa. Il suo bellissimo Duomo è il cuore di questa città rosa e pulita.Anche troppo pulita: una foglia secca o un fiocco di neve non fanno in tempo a posarsi sulle strade che subito vengono tolti! Non si può godere il manto rosso delle foglie autunnali sul marciapiede o lo scricchiolio della neve sotto i propri passi.
E’ una città asettica mentre Carpi la sento sanguigna, pulsante, odorosa.
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Appena sistemati a Trento mia figlia Stefania decise di nascere dopo i canonici 9 mesi. Che fare ora? Io avrei avuto l’intenzione di contribuire al bilancio familiare facendo l’accompagnatrice turistica (avevo ottenuto il patentino), ma la mia stupenda bambina mi bloccava. Qualche ora di tempo tra una pappa e l’altra ce l’avevo. Perchè non riprendere gli amati studi lasciati precocemente per ragioni di famiglia? Una scuola serale prometteva il conseguimento di un diploma quinquennale dopo due anni di corso. Decisi con entusiasmo di iscrivermi e così iniziai a trascorrere serate e domeniche sui libri. Ottenni il diploma e, con Stefania un pò più grande ripresi a fare qualche viaggio di lavoro. Mio marito è stato durante le mie assenze un’eccellente vice-mamma.
Il passo successivo fu quello di iscrivermi all’Università, un sogno che mi era sempre sembrato impossibile.Mi iscrissi con altre due giovani signore (ora le mie migliori amiche) che avevano seguito il mio stesso iter. Ricordo che brindammo con un bicchiere di spumante in un bar vicino alla Facoltà per la nostra immatricolazione, non immaginando fino in fondo quanta fatica e sudore ci sarebbero costati arrivare al traguardo. Io ci misi 10 anni perchè nel frattempo trovai altre occupazioni e fra queste un impiego come “vendeuse” presso Gianni Versace. Grazie a un’amica milanese, che già lavorava come dirigente nel reparto accessori, fui ammessa a un colloquio. Venni assunta per 4 mesi all’anno (gennaio,marzo,luglio,settembre)come venditrice durante la presentazione delle collezioni del ” pret à porte”. Indispensabile la conoscenza delle lingue e una discreta presenza. Mi ospitava la mia cara amica. Così dal 1980 al 1984 ho lavorato nel mondo della moda. Gianni Versace era in un momento magico della sua creatività :le collezioni di quegli anni furono splendide e raffinate, ricordo gli abbinamenti azzardati dei colori marrone e bluette, senape e grigio perla, i pantaloni di pelle alla cavallerizza, le giacche in tweed irlandese, i primi vestiti in maglina di metallo, le camicie ispirate a Mondrian.Gianni Versace veniva spesso a controllare il lavoro e le modelle della sfilata finale (fra queste Jerry Hall). Spesso irritato con i suoi collaboratori artistici, era invece sempre gentile con lo staff-vendite. Se lo incontravo per strada mi salutava. Parlavo spesso con Santo, una persona disponibile e attenta. Donatella si sposò proprio in quel periodo e ad ogni dipendente di donò una grossa bomboniera d’argento.
Il lavoro era faticoso, anche se svolto in ambiente raffinato e bello, avere a che fare con acquirenti di tutto il mondo (giapponesi americani, francesi, italiani, libanesi) era stressante. Ricordo i buyers di Macy’s e altri noti grandi magazzini statunitensi e inglesi, ma ricordo con dolcezza soprattutto Mr. Tabet, un libanese che ci portava sempre in dono i pistacchi e ci faceva ridere.Sapemmo poi che il suo negozio fu distrutto dai bombardamenti e di lui perdemmo ogni traccia.
L’ambiente della moda è pulsante d’energia, ma per me è troppo superficiale, L’importanza che viene data all’apparenza e al possesso non sono compatibili con il mio essere. Ciononostante ricordo alcune persone sensibili con le quali riuscivo a parlare di argomenti profondi.
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Gli altri mesi a Trento, grazie al lauto guadagno milanese, erano dedicati alla famiglia e all’università.
Finalmente potevo conoscere a fondo i grandi letterati, leggere le loro opere, studiare la mente umana, apprendere usi e costumi di altre popolazioni. Avevo infatti scelto lettere moderne a indirizzo psicologico.Certi argomenti mi hanno dato una gioia immensa: Shakespeare e il teatro elisabettiano, il monologo interiore di Joyce e della Woolf, i poeti maledetti francesi, la psicologia dell’età evolutiva, antropologia, etnologia, storia dell’arte. E mi chiedevo come avevo fatto fino a quel momento a vivere senza conoscere tutte quelle cose. Ed ora mi domando come avrò il tempo per imparare ancora. Forse dovrei vivere per sempre.

Conseguii la laurea il giorno dopo il mio quarantaquattresimo compleanno. Nel frattempo avevo iniziato a fare alcune supplenze nella scuola media e presto capii che insegnare mi piaceva, e molto. Infine pochi anni fa sono riuscita a entrare in ruolo (dopo aver vinto due concorsi, uno riservato e uno ordinario) a un’ età in cui molti vanno in pensione. Insegno da 15 anni, e ho ancora lo stesso entusiasmo perchè per me è importante trasmettere ai ragazzini il mio desiderio di CONOSCERE., voglio che anche loro trasformino il momento dell’apprendere in gioia e ricchezza.
Attualmente insegno in una scuola media di Pergine, località a 15 km da Trento, ho una prima e una seconda classe. Sto già pensando che cosa fare e che cosa programmare per rendere le mie materie, italiano, storia e geografia, piacevolio e interessanti.
Dò molta importanza alla POESIA , come fonte di piacere nell’ascoltarla e come stimolo creativo- espressivo per scavare nel proprio inconscio. I ragazzini di 11-12 anni sono ancora spontanei e conservano nell’intimo questi semi di poesia che, sono sicura, tutti abbiamo nell’infanzia,ma che vengono soffocati se non coltivati. Attraverso brevi versi essi riescono a esprimere i loro sentimenti nascosti più nascosti e indecifrabili. Talvolta andiamo all’aperto a “caccia di sensazioni” ed è sorprendente scoprire ciò che un bambino “legge” nelle realtà esterna ed interiore.
Ciò che gli studenti di quest’età mi danno è proprio il loro ultimo seme poetico, la capacità di vedere il mondo ancora con occhi chiari, curiosi e meravigliati. Mi arricchiscono e mi allietano.Lavoriamo con impegno, ma spesso ridiamo.Credo proprio di riuscire a instaurare un buon rapporto con i miei alunni anche perchè cerco di rispettarli come individui.
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Il mio tempo libero è diviso tra famiglia (marito in pensione, figlia pianista) e lettura-scrittura. Ogni anno scopro nuovi autori e nuovi argomenti che mi riempiono le serate invernali o i pomeriggi oziosi di vacanza in Liguria. Quest’anno ho letto l’epistolario Rilke-Salomè,il diario di Etty Hillesum, le poesie di Sylvia Plath, ho riscoperto la de Beauvoir e ho già in mente una ragnatela di agganci con altri testi. E poi scrivo il DIARIO da quando avevo 15 anni! Mia figlia vrde con rassegnazione e sgomento il momento in cui dovrà leggere tutti i miei quaderni! Ma la scrittura mi aiuta a sottolineare la vita, a raddoppiarla se è possibile, a gustarla in più modi: con l’immaginazione, con il sogno, con le possibilità impossibili.

La POESIA è per me la summa dello scrivere: una parola può racchiudere un mondo, mille immagini. La poesia ti scava e ti fa conoscere a te stessa, la poesia ti aiuta. A 19 anni pubblicai un libro di poesie “Nostalgia di primavera”.Comporre quei versi mi aiutò molto a uscire da un periodo difficile e aggrovigliato. Mi fecero “sgomitolare” e mi resero più consapevole. Fu da allora che si insinuò in me la necessità di cambiare la mia vita.
Oggi scrivo spesso poesie, vinco qualche concorso, ma scrivo soprattutto per capire a fondo chi sono e come mi inserisco in un mondo che si evolve continuamente. Io stessa invecchiando sto cambiando, ma desidero capire e rendermi conto di ogni passo per dirigermi se possibile verso un “CRESCERE”.
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Fra poco arriverà l’autunno in questa città chiara dove il destino mi ha fatto vivere per così tanti anni. Come ho detto mi ci trovo bene: è qui che si è formata la mia famiglia, è qui che ho raggiunto un’identità completa, è qui che ho le più care amiche.

Ma nei miei sogni notturni è sempre e solo Carpi che ritorna: il sagrato del Duomo e il Castello affogati nel rosso delle sere d’estate, i portici avvolti di nebbia bianca, la mia casa dell’infanzia in Cantarana ed io bambina o giovinetta con una sensazione di risata leggera nel cuore.
Mirna Moretti


















