IN PATAGONIA, e il respiro della libertà

pubblicato da: admin - 12 Maggio, 2010 @ 6:34 pm

scansione0013Perchè mi è venuto in mente il libro di Bruce Chatwin? Perchè mi sono ritrovata nelle parole  di Camilla quando, a proposito di oggetti,  parla  di zavorra e di “liberazione e snellezza dell’anima”. Sensazione, quella di liberazione dei pensieri e dell’anima , che ho sempre provato anche da giovane quando mi distaccavo da mobiletti, oggetti, vestiti. Sensazione di libertà estrema. Mai stata collezionista, se dovessi trasferirmi immediatamente e  portare qualcosa con me a parte qualche  libro,  forse sarebbero le tazze da tè della mamma e niente più, ma forse potrei anche fare a meno di quelle. Ogni volta che sentivo il desiderio di rinnovamento mi staccavo da qualcosa, talvolta anche di cose non mie…non mi perdonerò mai di aver buttato i famosi Barbapapà di Stefania…!

Per me le cose e  l’attaccamento ad esse, sono sinonimi di catene. I ricordi sono impressi dentro di me, non ho bisogno di possedere oggetti. Ma perchè “Patagonia”? Se le cose mi fanno sentire prigioniera, la Patagonia mi dà la sensazione della libertà più vera. L’altrove. Non solo Coleridge e Melville parlavano di questa terra per significare qualcosa di estremo  riguardo ai “nostri confini “, ma anche nell’immaginario popolare  questa terra  significava qualcosa di veramente lontano e sconosciuto. “Ma duel’ andé to pedèr? In Patagonia?” esclamava mia madre quando mio  padre tardava, oppure  ” Me ne andrei in Patagonia” sbuffava quando era stanca.

Quando incontrai questo libro quindi fu amore a prima vista. Rispecchiava un mio modo d’essere.

Viaggiare liberi, senza fardelli questo è sempre stato il mio sogno. Gli oggetti ti definiscono. Per viaggiare occorre essere leggeri, potrebbero bastare anche le sole scarpe a tracolla come quelle che  Chatwin indossa in una famosa fotografia. Il mio animo “zingaro” mi  ha indicato  scelte di vita che mi hanno portato a viaggiare. Ho rinunciato senza fatica  a  più sicurezza materiale, a stabilità, all’accumulo di oggetti. Persino durante i miei viaggi acquistavo pochi souvenirs. Ciò che mi rimaneva erano i famosi “momenti d’essere” che riuscivo a cogliere nel luogo in cui mi trovavo e che sostituivano l’elefantino d’ebano, la collana tunisina, il koboloi greco…

Viaggio metafora della vita. Perchè Chatwin va in Patagonia? Per soddisfare un sogno dell’infanzia. Trovare  un brontosauro di cui si diceva rimanessero  i resti proprio in Patagonia. La prova era un brandello di pelle conservato gelosamente nella credenza della nonna. Scoprirà  invece che quel pezzettino di pelle apparteneva a una specie di bradipo gigante , il milodonte,  ma esso è per il viaggiatore che lo cerca quasi un talismano, uno scopo, la spinta verso l’altrove e la vastità. Siamo negli anni Settanta, Bruce è un giovane ragazzo inglese, amante dei Rolling Stones, dei fossili, della geografia come conoscenza profonda della natura e dell’uomo.  Parte nel 1974.  In questo libro tanti preziosi racconti di persone, descrizioni di un ambiente magico, semideserto “nessun suono tranne quello del vento, che sibilava tra i cespugli spinosi e l’erba morta, nessun altro segno di vita all’infuori di un falco…”

Chatwin cerca, oltre al mostro preistorico, anche un parente navigatore. Chiede, fotografa, cammina, si ferma nelle estancias. Ci racconta dei piatti tipici che assaggia, della storia politica del paese, delle leggende. Incontra gauchos, poeti, camionisti, peoni. Ce ne parla in modo chiaro, quasi didattico,  senza retorica.

Ma per tornare al legame con le nostre cose , mi piacerebbe sapere quali sono gli oggetti da cui non riuscireste a staccarvi …io ho ripensato all’incipit del mio post, quindi  ho fatto un giretto per il mio appartamento chiedendomi di che cosa potrei fare a meno…mah, ora che sono più vecchia forse gli oggetti mi servirebbero come boa, come ormeggio, ma se potessi vorrei rinnovare tutto…ex novo…respirare, “senza zavorra”…

 

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11 commenti
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  1. Ecco una pagina in cui un certo gemellaggio non funziona… Percepisco la bellezza del partire leggeri, senza troppi bagagli e capisco anche l’utilità di sbarazzarsi degli oggetti che sedimentano in casa senza più una vera funzione… Ma io invece faccio sempre fatica a partire da dove sono, come il mio gatto Dorian, che non vorrebbe mai essere portato via dal posto in cui è, e ho sempre un sacco di roba da portarmi dietro anche nei brevi spostamenti settimanali. Inoltre fatico a mettere ordine sfoltendo, ossia a buttar via. Accumulo, accumulo perchè “non si sa mai” e allora arrivo un paio di volte all’anno ad un punto in cui DEVO assolutamente decidermi a buttare e lo faccio. Mia figlia mi dice sempre che lo dovrei fare più spesso, ma, ripeto, per me è una fatica. Chissà che vuol dire? Penso di nuovo al solaio di Tortona…

  2. Io sono come Mirna, o meglio anch’io come Maria Teresa accumulo, accumulo e non mi decido a buttare via niente, ma poi se dovessi pensare a cosa mi porterei via sarei proprio in difficoltà perchè non sono legata a nessun oggetto in particolare…Gli inglesi usano l’espressione ” travel light” viaggiare leggeri, in senso fisico ma anche metaforico.Chissà cosa si nasconde in me dietro questa mancanza di attaccamento agli oggetti…

  3. Sicuramente se si vive viaggiando poche sono le cose che servono, basti pensare a chi realmente vive in questo modo e cioè i popoli nomadi, che sicuramente non hanno tempo e tanto meno spazio per accumulare come noi stanziali.
    Per quello che mi riguarda, dato che non ho né cantina né soffitta, devo per forza eliminare spesso cose come vestiti, scarpe e adesso dovrò prendere in mano anche i libri mentre di suppellettili non ne posseggo molte: quelle più importanti sono alcuni piatti e bicchieri di mia madre, che peraltro non uso mai.
    Mi piace però aggiungere a come sia giunta alla conoscenza di Chatwin e cioè con una raccolta, iniziata da lui a pochi mesi dalla morte, dal titolo “Che ci faccio qui?” Il titolo mi aveva attratto perché sintetizza spesso un mio stato d’animo. Dopo quel libro ho letto si può dire quasi tutti gli altri. Quello in parola raccoglie alcuni brani dispersi della sua opera, che valgono come altrettante tappe di una sola avventura, di tutta una vita intesa come “un viaggio da fare a piedi”.
    Fra le altre cose dice “… L’atto stesso del viaggiare contribuisce a creare una sensazione di benessere fisico e mentale, mentre la monotonia della stasi prolungata o del lavoro fisso tesse nel cervello delle trame che generano prostrazione e un senso di inadeguatezza personale….”aggressività”è semplicemente una risposta stizzosa alle frustrazioni derivanti dall’essere confinati in un certo ambiente”.
    Nonostante le letture devo confessare che quando parto, anche se cerco di non portarmi la casa, porto sempre troppe cose e me ne rendo conto sempre durante il viaggio, tanto che a volte lascio qualcosa negli alberghi.

  4. In nome di tutti i Barbapapa’ gettati da madri in impeto di rinnovamento lancio un’esclamazione di orrore (erano Barbapapa’ di plastica e di fattura nobilissima) di fronte alle mille profanazioni di poveri oggetti indifesi. Ricordiamo che per gli animisti, tutto ha un’anima, quindi anche gli oggetti. Come siamo sicuri che i nostri peluches polverosi non soffrano il rifiuto? A parte gli scherzi ed il riferimento personale alla prossima categoria a finire nel cassonetto per mano di mia madre, io mi affeziono molto agli oggetti. Mi sento sollevata e felice nell’eliminare solo quando so che un oggetto mi ha dato tutto ed e’ stato interamente consumato… (beh, ognuno ha le sue nevrosi…).Nel viaggio invece la mia possessivita’ si scioglie e mi libera da queste catene anche se ho alcuni oggetti “superflui” da cui non mi separerei come il mio diario e alcune foto di famiglia. C’e’ una bella e lunga poesia di Borges sugli “oggetti animati,” purtoppo non ne ricordo il titolo ma qualcuno di voi forse lo sa…

  5. Mia splendida Mirna, come mi piace il tuo pezzo sulla Patagonia. Ti vedo sorridente , come sempre, e leggera ,in una dimensione di fatata sospensione, come in qualche magnifico quadro di Chagall, trattenuta solo da quel filo materno di cui parlavi l’altro giorno. Sono così contenta di questa tua dimensione, di questa tua Patagonia dell’anima. Per quanto riguarda gli oggetti, sono talmente amabili a volte, talmente belli e rallegranti, come i barbapapà per i bambini,. sono i nostri giocattoli, animati spesso, come nelle più antiche fiabe di Andersen. Come i libri, del resto. Non è necessario andare nudi in giro per l’universo, quando ci si sente liberi anche gli oggeti che ci piacciono perdono peso, come palloni colorati. Possiamo stringerne un grossissimo mazzo il un piccolo pugno. L’importante, almeno per me, è “mollare gli ormeggi” del possesso, dell’avere senza cercare il proprio essere.Scusa la banalità. Un abbraccio virtuale ma sentito.

  6. sto per partire per la Patagonia. un viaggio sognato da anni proprio per il sentimento si liberta’ che mi ispira. Anch’io ho un po’ di difficolta’ ad eliminare oggetti perche’ mi ricordano spesso persone e” pezzi” della mia vita.

  7. […] Incollo il commento di Loredana al post su  Chatwin  “In Patagonia e il respiro della libertà”. Naturalmente le auguro uno splendido viaggio! Submitted on 07/11/2010 at 4:51pm […]

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