IL ROGO NEL PORTO, di Boris Pahor

pubblicato da: admin - 3 Luglio, 2010 @ 6:06 pm

200px-Boris_Pahor[1]wuzbb[1]Devo ringraziare la famiglia Lucatti che mi permette di riposarmi per due giorni consecutivi!  Oggi dunque un  post di Riccardo che ci parla di un grande  scrittore, a suo tempo ospite anche della Biblioteca di Trento.

 

Boris Pahor è nato nel 1913 a Trieste, dove vive (è stato recentemente ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa”). Laureatosi a Padova è stato insegnante di lettere italiane e slovene a Trieste. Si è sempre battuto per l’affermazione della democrazia ed il rispetto dell’identità slovena e ne ha sofferto personalmente le conseguenze. Durante la seconda guerra mondiale ha collaborato con la resistenza antifascista slovena ed è stato deportato nei campi di concentramento nazisti (v. Necropoli cit.). Fra le sue opere (scritte in sloveno e tradotte in francese, inglese, italiano, tedesco, catalano, finlandese, esperanto) : “La città del golfo” (Mesto u zalivu); “Il petalo giallo”, Nicolodi Ed., 2003; “Primavera difficile” (Spopad s pomladjo); “La villa sul lago” (di Garda, n.d.r.), Vila ob jezeru; Nicolodi Ed., 2002 “Oscuramento” (Zatemnitev); “Necropoli” (Nekropola, Fazi Ed., 2008, 2009).

Segnalato più volte per il Nobel, è stato insignito delle massime onorificenze per l’attività letteraria in Slovenia ed in Francia.

Gli antichi romani (ovviamente quelli che se lo potevano permettere) erano soliti ricercare filosofi greci per l’educazione dei propri figli.

Nel ‘600 e nel ‘700 i latifondisti proprietari terrieri del Nord America facevano frustare i propri schiavi che avessero osato imparare a leggere o a scrivere.

Il fascismo tentò di cancellare la cultura e la lingua slava da Trieste.

Oggi abbiamo compreso che la diversità e la pluralità delle culture è un arricchimento per tutti. Era ora!

 

Quale rogo, nel porto? Quello delle corazzate austriache affondate dai “maiali” (piccoli sommergibili tascabili, a scanso di equivoci) italiani alla fine della prima guerra mondiale, oppure quello della Casa della Culture (slovena) incendiata dai fascisti? Oppure il rogo delle speranze di vita “bruciate” da un viaggio a Dachau?

Avvenimenti tragici, visti ma soprattutto “vissuti” dalla gente comune, da bambini che andavano a rubare “al volo” pezzi di carbone dai treni merci di passaggio, da giovani che via via sono cresciuti in un sistema di guerre e di odio che colpiva non solo le installazioni militari ma anche le “installazioni civili” e – prime fra tutte – la dignità e la “pietas” umana.

Il libro non è revisionista. Contribuisce solo ad alzare il velo che per troppi anni ha coperto una storia negata. Va letto, ma soprattutto va conosciuto il suo autore.

 

Riccardo Lucatti

 

 

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7 commenti
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  1. Libro forte, intenso, vero, che ci fa conoscere la storia meno nota. Ha ragione Riccardo, occorre conoscere il suo autore, piccolo di statura ma grande d’animo.

  2. Oltre all’apprezzamento per il libro consigliato da Riccardo e le scuse per la mia prolungata assenza dovuta a svariati impegni di lavoro, vorrei ringraziare anch’io personalmente Maria Teresa e Riccardo Lucatti per avermi permesso – con il loro contributo – di stare un po’ di più con la mia mamma in questi giorni, usualmente assorbita dal blog e dalla sua passione divorante per i libri.Grazie anche per le foto!

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