I FOGLI DEL CAPITANO MICHEL, di Claudio Rigon

pubblicato da: admin - 17 Luglio, 2010 @ 1:38 pm

Oggi parto per Graz con Stefania , lo faccio  con tranquillità  perchè Luigi mi ha spedito le sue impressioni su un interessante e appassionante libro. Questo suo post, vi accorgerete, è veramente molto sentito e sembra che il racconto di Claudio Rigon sia un po’ quello di  Luigi che  già  da anni  cerca, raccoglie e conserva per tutti noi testimonianze preziose.

Ci scrive Luigi Oss Papot

 Per quanto mi è possibile finalmente, porto anch’io un po’ di sollievo alla prof contribuendo con un nuovo post. Dico finalmente perché solo ora ho trovato il tempo di scrivere, prima preso dagli esami di maturità, poi dal lavoro che è cominciato lunedì scorso.

Ovviamente i miei contributi si possono definire “monotematici”, ma in futuro se trovassi l’occasione potrei anche parlare di altro, attinente al mio percorso di studi, quindi materiali latini e greci. Ma si vedrà.

Intanto, oggi si parla sempre di Grande Guerra, ma da un altro punto di vista, che anche mi appassiona e che presumo sarà la mia strada per i prossimi 3/5 anni all’università, ossia dal punto di vista degli archivi storici.

Il libro che presento si intitola “I fogli del Capitano Michel” di Claudio Rigon, professore di fisica in una scuola superiore.

All’inizio c’è un ritrovamento, nell’archivio di un museo: alcune piccole fotografie di soldati. Anche se sparse fra altre, qualcosa le unisce e le rende riconoscibili: un certo carattere, una sorta d’ingenua semplicità. Sul retro, a matita, è annotato sempre lo stesso nome: Michel. Un nome che diventa come una traccia da seguire.

Quelle fotografie fanno tutte parte, insieme a carte, lettere, documenti, di una stessa donazione. Una delle buste della “donazione Michel” contiene anche un blocco di fogli, di misure diverse, ripiegati a metà. Dicono di pattuglie in perlustrazione nella notte davanti alle trincee austriache, dell’arrivo del rancio, di un bombardamento, di morti. Dicono anche che si è davanti a Monte Ortigara, in quei luoghi che i lettori conoscono grazie a Mario Rigoni Stern ed Emilio Lussu.

Sono messaggi, in gergo fonogrammi, con cui alcuni reparti di un battaglione alpino si erano comunicati disposizioni ed informazioni. Come delle telefonate, scritte però a mano da alcuni ufficiali, e recapitate da portaordini. Vanno dal 24 giugno al 29 luglio del 1916, un mese. Proprio allora il capitano Michel, appena promosso, era giunto a prendere il comando di un battaglione decimato, rimasto quasi senza ufficiali. Nella vita civile era insegnante di storia e filosofia.

Claudio Rigon legge e rilegge quei fogli, comincia a metterli in ordine, per data e per ora (quando sono indicate) poi procedendo per riferimenti incrociati. Cerca di inquadrare ogni dettaglio in un contesto, viaggiando da un libro all’altro, ripercorrendo a piedi gli stessi luoghi. Quei fonogrammi in fondo sono solo minuscoli frammenti della vita di quelle giornate. Eppure nel leggerli Rigon vi scopre un ritmo, un movimento, sente che si compongono in un flusso. Segue quel flusso e dà voce alla carta, una voce esatta, mai retorica, mai invadente, scarna e poetica.

Di pagina in pagina, prende vita un intero mondo, un’intera umanità. Sono quei fonogrammi, più ancora delle fotografie (che non sono riprodotte nel libro non a caso), a restituirci una storia apparentemente lontana, una storia di guerra. Ma soprattutto una storia di uomini, spesso giovanissimi, che si sono ritrovati a vivere l’orrore ma anche la normalità del fronte. Alla fine si ha la sensazione che siano proprio quei soldati a dire di sé, a raccontarci senza volerlo qualcosa d’importante.

Dice Rigon: “Ogni biglietto mi colpisce, su ognuno mi soffermo. Quando ne prendo uno in mano mi accorgo che non lo trattengo con le dite – solo un attimo per sollevarlo: lo lascio come sospeso nel cavo della mano, lo soppeso, lo interrogo. È stato scritto da uomini che erano i nostri nonni (per me, per la mia generazione), che si sono trovati lassù, in quei luoghi, fra quelle pietre, su queste nostre montagne, a vivere qualcosa che è difficile anche pensare, ora, essere stata possibile”.

 

È un po’ la stessa cosa che faccio io ogni volta che prendo in mano le cartoline che mio bisnonno scriveva a casa dalla prigionia in Siberia, di cui ho già scritto nel mio primo post.

È una sorta di rispetto verso quello che è stato, da recuperare ma anche e soprattutto da conservare e tramandare.

È quello che è stato fatto a Pergine da un mio amico che ha redatto un libro che verrà presentato il prossimo 10 settembre (sulle genealogie perginesi “rivisitate”). Anche di questo ho già parlato, ma ora che sto svolgendo il mio apprendistato proprio in canonica, sua “fucina”, ne sono ancora più coinvolto, e ci intratteniamo in lunghe ed appassionate chiacchierate

 

Dato che poi si è parlato di poesia, concludo con una poesia di Emma Valcanover, perginese, che inquadra il lavoro che io, nel mio piccolo, che il mio amico sta svolgendo ed ha già svolto, che insomma svolgono tutti coloro che fanno luce sul passato. Si intitola “Bisnono”, è in dialetto (spero che comunque sia comprensibile), ed apre proprio il libro sulle genealogie. “Si parla di alberi, rami, radici, generazioni… un messaggio di dialogo e speranza, “ultima dea”, come la chiama Ugo Foscolo ne “I sepolcri”.”

 

BISNONO

 

Vèi chi… vèi chi

bel nipotin!

L’hat vist quel alber

lì vizin al ronc?

L’hat vardà quel tronc?

El perde la scorza

la se destaca da

l’oss malà.

L’hat vardà ben?

L’è tut carolà – porèt!

Curiosa mò ‘n tra i rami…

te fai ben prest,

no ghe n’è quasi pù…

i è tuti nadi anca l’ista!

 

Vèi chi… vèi chi

bel nipotin!

Vardante en mezz a l’erba

entorno ale radis:

quanti reputi!

Do tre generazion.

Foie tendre!

Dai… dai

Ghe tiran via le erbaze

ghe lassan vegnir

chi ‘l sol!

Buone letture e buona poesia a tutti!

 

luigi.osspapot@gmail.com

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9 commenti
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  1. […] Articolo completo fonte:  I FOGLI DEL CAPITANO MICHEL, di Claudio Rigon | Un libro al giorno […]

  2. Mi sembra doveroso aggiungere al post di Luigi anche questa bellissima poesia scritta da suo papà!

    CROCI

    Cammino…… cammino in salita
    per un sentiero in montagna,
    il sudore mi bagna .
    Cado a terra, mi rialzo
    che fatica mio Dio,
    ma cammino.
    Sulla cima si apre il Creato
    il silenzio mi fa compagnia.
    Tra i sassi una croce di legno,
    scarna, sotto il peso del tempo,
    avvolta nel filo spinato
    della Grande Guerra.
    Soldati percossi dal dolore
    voci che invocano la madre
    e in tasca un tozzo di pane
    dell’ultima Cena.
    Un brivido mi sfiora la pelle,
    una preghiera esce dalla bocca
    e la mano accarezza il ruvido legno.

    Scendo…..
    sulle spalle porto la mia croce.

    Masetti di Pergine, 30 luglio 2008- compleanno di mio figlio Luigi.

  3. Stupenda poesia…ecco da chi ha preso la vena letteraria-storica Luigi. Complimenti a lui e al papà…

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