NOVELLE, di Italo Svevo

pubblicato da: admin - 22 Agosto, 2010 @ 5:42 pm

Mi sento un po’ segregata in questo paese; soprattutto mi mancano le vetrine delle librerie:vedere i nuovi titoli, le copertine lucide,  sentire quell’imperativo desiderio di possesso e curiosità per qualcosa che potrebbe essere a me congeniale.

Mi accontento perciò di frugare nei libri accumulati in questa casa, estate dopo estate, non solo da me e dai miei familiari, ma anche dalle persone ospitate. Ed ecco che ho trovato “Le novelle” di Italo Svevo nelle edizioni dell’Orsa Maggiore che devo dire sono tipograficamente  poco accurate. Tantissime errori, da non imputare a Svevo perchè ne ho trovato parecchi anche in altri autori. Non ricordo chi ha lasciato questo libro, ma c’è la data di quando è stato letto. Aprile 1990.

 Di Italo Svevo ho già presentato “La coscienza di Zeno”, romanzo da me molto amato per la sua introspezione  psicologica. Naturalmente posseggo anche “Senilità“, “Una vita”.

Non  ricordavo queste “Novelle”, sapevo soltanto del lungo racconto “L’assassinio di via Belpoggio”, pubblicato nel 1890 su un giornale triestino. E’ la storia di un facchino che uccide a coltellate un compagno di sbornie. Rientriamo nei canoni del Naturalismo di Zola, ma Svevo , da subito, scava in modo implacabile nei sentimenti più oscuri e contradditori dell’animo umano.

E naturalmente “Il vecchione”, celeberrime prime pagine del romanzo che Svevo si era accinto a scrivere nell’estate del 1928.

Ciò che colpisce nelle sue storie è l’attenzione  proprio alla vecchiaia. In queste Novelle quasi tutti i protagonisti sono uomini anziani,( appena sessantenni!!!) protetti da mogli affettuose ma percepite come soffocanti.

Già nella prima “Vino generoso”ci sono tutti i sentimenti di rancore, astio, verso moglie e figli che impediscono al protagonista narrante di bere in libertà ad una festa. E il rimpianto per le donne giovani!

Ma la novella più interessante e amaramente divertente è “Corto viaggio sentimentale”. Qui il signor Aghios si trova alla stazione di Milano in procinto di partire per Trieste dove deve concludere un affare. Deve consegnare denaro contante a pagamento di un vecchio debito.

La moglie preoccupata lo ha accompagnato alla stazione, ma qui egli non vede l’ora di salire sul treno per ricercare e ritrovare quella solitaria libertà ormai perduta da tempo.

“Doveva fingere una tristezza che non sentiva, quando era pieno di gioia e di speranza e non vedeva l’ora di essere lasciato tranquillo a goderne…tanto più che sapeva di fare un piacere anche a lei.”

Il signor Aghios osserva di sottecchi sua moglie considerando che si sentiva vecchio accanto a una donna   che sembrava vecchia (anche se più giovane di lui). Il malessere che spesso sentiva, era certo, gli proveniva dalla famiglia dove la monotonia lo faceva “irrugginire”. “Persino la sicurezza di cui si gode in famiglia addormenta, irrigidisce e avvia alla paralisi”. Medita corrucciato che “La famiglia era come un velo dietro al quale ci si riparava per vivere sicuri e dimentichi di tutto.”

Ha bisogno di vita e perciò viaggiava solo. Svevo racconta minuziosamente tutto ciò che accade nel viaggio, dal treno che arriva sbuffando, dal saluto della moglie, che da lontano, mentre il treno partiva,  sembra ancora giovane, ai vari comnpagni di viaggio, ma soprattutto  si sofferma su ogni pensiero recondito che passa per la mente del nostro protagonista.

Più mi allontano da lei e più la amo” constata Aghios e il rancore sembra dissolversi. Osserva tutto intorno  a lui, il paesaggio, la bella ragazza dalle scarpine lucide e il grande cappello e gode della bellezza dell’inizio viaggio “Per un istante si respirava liberi“.

Fa conoscenza con gli altri viaggiatori che cominciano a parlare di sè. “…bastava la compagnia prolungata di un solo uomo per togliergli la grande libertà del viaggio.”

Insomma il viaggio non si rivela quell’esperimento di libertà che desiderava. Alla fine poi,  anche perchè derubato di metà del suo denaro, rimpiange la compagnia della saggia moglie.

In questi racconti le mille riflessioni di Svevo e l’accurata analisi di se stesso, con la sua tendenza all’ozio, il pensiero della morte, con la malinconica rassegnazione alla vecchiaia. Proprio  ne”Il vecchione” le ultime parole sono”…ricordati di non lagnarti troppo della vecchiaia in queste annotazioni…Ma sarà difficile non parlarne…Essere vecchio il giorno intero, senza un momento di sosta! E invecchiare ad ogni istante! M’abituo con fatica ad essere come sono oggi, e domani ho da sottopormi alla stessa fatica per rimettermi nel sedile che s’è fatto più incomodo ancora. Chi può togliermi il diritto di parlare, gridare, protestare? Tanto più che la protesta è la via più breve alla rassegnazione.”

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8 commenti
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  1. […] Guarda Originale:  NOVELLE, di Italo Svevo | Un libro al giorno […]

  2. La protesta è una strada che , forse, porta alla rassegnazione. Ma la rassegnazione cosa è? Forse la rassegnazione porta il rassegnato su un terreno deserto di affetti. Chi sta intorno a un rassegnato se non solo per pietà? Mi sembra un tristissimo modo di finire la propria vita. Mi sembra anche che le donne (penso qui a tantissime grandi scrittrici) abbiano con la vita e quindi con tutte le sue fasi naturali, un rapporto più lucido. Vicino alle vecchiaie vissute senza rancori nè rimpianti si vive meglio: insomma mi sembra che l’unico antidoto contro la disperazione e la rassegnazione siano gli affetti degli altri, la sincera simpatia degli altri, qualche volta persino un certo interesse, una certa curiosità e attenzione. L’attenzione e l’affetto che io ho avuto verso la grande vecchiaia di mia madre vorrei averli, almeno in piccola parte, anch’io. Per esempio.E l’affetto e la simpatia e il rimpianto, dopo.

    E’ uscito da poco, molto ben recensito (troppo secondo me) un piccolo libro di Diana Athil , “Da qualche parte verso la fine”: Diana Athil è inglese ed ènata nel 1917. Questo è il suo primo libro tradotto in Italia, edito da BUR ed è , volutamente, un libro sulla vecchiaia. Diana ha lavorato per oltre 50 anni nell’editoria e ha conosciuto scrittori e artisti di tutto il mondo. A 90 anni suonati da un po’ la Athil ironica, spensierata franca affronta il tabu della vecchiaia e della morte con consapevole intelligenza. compra sempre piante, chiedendosi con tranquilla curiosità, se riuscirà a vederle crescere, almeno un tantino….” la felce arborea adesso ha nove fronde di circa trenta centimetri l’una…………………………..E’ valsa la pena comprarla.” cosi la fine del romanzo di Diana. A quanto mi risulta a tutt’oggi vive serena, piena di libri e di..acciacchi e zeppa di ironia. A tutti un saluto affettuoso.

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