UNA LEZIONE DI STILE, di Marta Morazzoni

pubblicato da: admin - 15 Settembre, 2010 @ 6:22 pm

Dopo l’intermezzo gattesco che ha suscitato commenti, poesie e riflessioni  divertenti e interessanti (il mondo futuro non sarà dei gatti e dei cani come paventa la mia cara amica Renata?) ritorno alla narrativa degli umani. La settimana scorsa decido che è ora di leggere un romanzo italiano. In biblioteca  vedo un libro dalla bella  copertina blu, un titolo accattivante, un’autricre vincitrice di un premio Campiello,  Marta Morazzoni .

E’ ora, mi dico, di lasciare la mia amata Inghilterra per il nostro paese…ma non è così! Perchè ” Una lezione di stile” si svolge in Inghilterra, nei pressi di Londra, precisamente nel maniero di Lord e Lady Blands.

Non l’ho fatto apposta. Ma entrare di nuovo in una casa dell’aristocrazia terriera inglese, fra ritratti di antenati, giardino e parco con gloriette,  riti per il tè, ecc. mi piace. Attenzione però, qui non c’è la descrizione serena e invidiabile alla Jane Austen o quella simpatica e divertente alla Wodehouse. Qui ci sono vicende drammatiche vissute soprattutto dall’io narrante, colui che si sente alle dipendenze del signore-padrone di Ashbery House.

E’ una strana storia, talvolta mi sono chiesta perchè è stata scritta, perchè la scelta di una così particolare vicenda. Che cosa spinge gli scrittori a soffermarsi su alcune tematiche peculiari? Necessità di autobiografismo, invenzione, spinta alla pubblicazione?

 Ciononostante, sebbene sentivo delle forzature, la storia mi ha avvinto. E’ il protagonista, insegnante senza più scuola, in fuga da se stesso che si rintana, grazie a un lavoro di precettore per la figlioletta muta di Lord  Blands, nell’isolamento della campagna  di  Asbery House, che incuriosisce e intriga.

Egli si sente vivere in “seconda fila” e da masochista spia, invidia, si immedesima nella vita del gentiluomo di campagna la cui vita non è in ogni caso idilliaca. Moglie gelida e lontana, figlia muta, lui che ama tanto la musica anche nel suono delle voci, madre odiata  al manicomio. Ma egli risulta ugualmente vincente, ha un’amante deliziosa, la modista Rose ed è circondato dalla sicurezza economica e di rango che lo consola degli avvenimenti negativi. 

Non così per il nostro precettore sempre in bilico dal vorrei e non posso.  Vorrebbe entrare nella vita di Lord Blands, essere assimilato nella sua famiglia, godere della facilità della ricchezza, del rispetto servile, avere un pubblico sempre pronto ad approvare.

Egli si sente invece attore e pubblico di se stesso, insignificante, solo. Ma soprattutto spettatore e non interprete.

 Ancora in evidenza le distanze sociali: il mondo dei  privilegiati per nascita e ricchezza e il mondo degli altri. Qualche tentativo di comunicazione, ma alla fine risultano mondi distanti e incomprensibili l’uno all’altro.

E’ così non è vero, ovunque?

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10 commenti
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  1. Le distanze sociali: un argomento sempre aperto e sempre doloroso. Basta ascoltare i giornali radio oggi stesso, come ieri, come sicuramente domani…
    Ma, rispetto al passato, nella nostra epoca il problema non è tanto quello interno alla nostra società, tra noi concittadini o connazionali. Qui, a meno di avere paraocchi proprio da condizione animale, mi pare che al di là di qualche battuta la polemica sia poco consistente.
    Il tremendo secondo me è l’atteggiamento di molti nei confronti di chi viene da fuori Italia, da regioni meno fortunate, e solo per questo è automaticamente tacciato di delinquenza e di diversità a suo discredito, con tutte le conseguenze quali allontanamento, discriminazione, ecc ecc.
    Io ritengo la diversità una ricchezza. Ho insegnato per anni ai miei alunni che le razze umane non esistono: la razza umana è una sola! Parlare di razze ha senso nel regno animale, dove le differenze ci sono e come, partendo dagli organismi unicellulari ed arrivando agli organismi più completi. E infatti il concetto di razza ha in sè una connotazione di inferiorità e superiorità. Ma gli esseri umani hanno tutti due mani, due piedi, un naso, ecc ecc, indipendentemente da differenze somatiche secondarie quali colore o statura o tipo di capelli, religione, abitudini. E se presso alcuni ci sono abitudini per noi barbare (penso alle mutilazioni femminili), che senso ha allontanarli? Non è meglio avvicinarli pian piano, cercare il colloquio? So bene che le cose non si cambiano da un momento all’altro, ma colpire / discriminare / espellere non fa certo meglio che cercare il dialogo.
    Sì, ma i terroristi… Ci sono terroristi ovunque. Ci sono diverse forme di terrore. I terroristi delle armi vanno perseguiti e colpiti non meno di quelli che insabbiano, sfruttano, allontanano, traggono profitti ingiusti, ecc ecc.
    Dov’è finito oggi il mio ottimismo? E’ qui, nella speranza che la gente ragioni e, cominciando dalle piccole occasioni che tutti abbiamo, sorrida agli stranieri che arrivano e che non delinquono.

  2. gentile Maria Teresa, la tua lezione di vita (quindi di stile) dovrebbe essere impartita, ogni giorno, ogni momento, in molto luoghi che frequentiamo giornalmente: dovrebbe essere ovvio, acquisito, purtroppo non lo è e ci troviamo troppo spesso a confrontarci con i comportamenti più meschini e selvaggi da parte di chi crediamo amico, collega, parente. Da chi non ha scusanti di nessun tipo e si dice, persino, cristiano. Dover ancora fare simili constatazioni è disperante. Comunque ti ringrazio molto di aver detto quello che, con la scusa che è scontato, nessuno dice mai. Ti vogli bene.

  3. La distanza sociale, all’interno di un Paese ma soprattutto fra sistemi di Paesi. Il problema è lo stesso. La violenza ha creato, storicamente, situazioni di disuguaglianza a danno dei più deboli. Il nord del mondo ha sfruttato il sud del mondo. Noi, nobili europei, abbiamo fatto ben due “guerre dell’oppio” alla Cina perchè improvvisamente aveva deciso di non acquistare l’oppio coltivato dai coolies (rectius, schiavi) nell’India inglese, in contropartita delle merci pregiate che noi importavamo dal loro paese (porcellane, spezie, etc.). E adesso, dopo solo 150 anni, la Cina ci invade con i suoi prodotti che mettono in crisi le nostre industrie. Sarà un caso? Nemesi … è una parola latina o greca? Io direi greca. Ancora oggi, ci preoccupiamo di conquistare le “basi migliori” (prendo in prestito il termine dal gioco del baseball) dalle quali poter governare i flussi di materie prime, senza preoccuparci di ciò che accade all’interno dei paesi che stiamo sfruttando. Un esempio: è mai possibile che il Venezuela, uno fra i maggiori produttori ed esportatori di petrolio, soffra al suo interno di una pesante crisi energetica? Ma … natura non facit saltus, diceva quel tale … e i vasi sono comunicanti … lo spazio vuoto (ad esempio, vuoto di prole) non esiste in natura …
    In natura, piuttosto, esiste una Regola (CHI mai chi l’avrà stabilita?) che volenti o nolenti, riequilibria le situazioni, basta darle tempo …
    Ieri eravamo noi italiani emigranti negli USA, in Canada, Svizzera (la quale non consentiva ai genitori lavoratori italiani immigrati di tenere con sè i propri figlioletti, costretti a vivere in situazioni di clandestinità che ci richiamano alla memoria la segregazione di Anna Frank!). Oggi noi siamo i “ricchi” che accettiamo o respingiamo i nuovi emigranti. Ricordiamoci allora delle nostre passate sofferenze.
    L’immigrazione? Si, ma non nel mio giardino! Ma ciò significa solo “spostare” il problema nello spazio e/o nel tempo, non risolverlo.
    Quanto al terrorismo, non si muore solo di attentati, ma anche di ansia, di insicurezza, di sopraffazioni, di mancanza di lavoro, di solitudine, di fame, di malattie, di mancanza di sepranza e di una prospettiva di vita migliore.
    Mi accorgo che un po’ tutti ci siamo allontanati dal libro presentato da Mirna. Ma la tentazione era troppo forte e io so resistere a tutto, tranne che alle tentazioni!

  4. Compiaciuta del dibattito sentito, condiviso che la scelta del libro della Morazzoni ha suscitato. Sebbene la sua storia si dipani tra la distanza sociale di due individui questa diventa in ogni caso paradigmatica di altre vite completamente diverse.
    Esiste qui l’introspezione psicologica come cardine del rapporto particolare dei personaggi principali, ma come si vede, essi diventano per noi lettori i simboli dei Vincitori e dei Vinti di tutto il genere umano.
    Come dicevamo stamattina al caffè, Camilla, Maria Teresa ed io occorre parlare ancora, analizzare, squarciare i veli dell’ipocrisia e dei preconcetti per avere la visione realistica di ciò che avviene intorno ( e talvolta dentro?) di noi.
    La conoscenza, la consapevolezza e soprattutto il non egocentrismo, le chiavi?

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