LA SCUOLA DEGLI INGREDIENTI SEGRETI, elogio della lentezza

pubblicato da: admin - 16 Febbraio, 2010 @ 4:56 pm

tiramisu Gemma  14.11.09 009scansione0022Parlare di libri, come stiamo facendo noi, amplia la comunicazione, ci fa trovare consonanze o spunti per dialogare. Le nostre solitudini, come scrive Stefania, sono più vicine.

Occorrono attenzione e tranquillità per trovare negli altri nuove idee, consigli, epifanie. I commenti che arrivano sono preziosi e illuminanti.

Enza, da viaggiatrice appassionata, ha scritto con entusiasmo di Chatwin in giro per l’Australia. Senz’altro da leggere, io con lui sono “andata” soltanto in Patagonia.

Dal sito di Santino Fiorillo ho scoperto due nuovi libri. Li ho cercati in bliblioteca. Uno l’ho già trovato e “divorato”, è il caso di dirlo, perchè si tratta di un libro che parla di cibo.

Leggerlo è come entrare in una magica cucina dove il cibo, nostro carburante, diventa qualcosa di sacro e come tale va osservato, annusato ed infine mangiato con lentezza e consapevolezza estrema.

La sua autrice Erica Bauermeister è una bella e sorridente signora statunitense che trasmette gioia e serenità. Durante la lettura andavo spesso a riguardare la sua foto perchè così riuscivo ad assaporare meglio le sue parole.

Si parla di Lilian, cuoca e proprietaria di un ristorante, che tiene un corso serale di cucina.

Ha cominciato a cucinare da bambina , da quando la mamma, abbandonata dal marito, si era rifugiata nel mondo della lettura. Libri che sostituivano completamente la vita reale distaccandola così anche dalla comunicazione con la figlia. Lilian riuscirà lentamente e con l’aiuto di una vecchia cuoca messicana a farla tornare nella realtà preparandole piatti pieni di amore e di ingredienti segreti… Il cibo diventa il loro nuovo linguaggio.

Vengono poi narrate le vicende dei frequentatori del corso, giovani, meno giovani, storie piene, tristi, allegre, come è la vita.

Ogni parte dedicata a un protagonista è collegata alla preparazione di un certo piatto, si parte dai granchi, una cena per il Ringraziamento, dalla pasta con salsiccia, alle tortillas per arrivare infine ai dolci.

Lilian, come una sacerdotessa, insegna in che modo un certo cibo o ingrediente va di pari passo con lo stato d’animo, o come può addirittura modificare la propria vita.

Gli odori sono qualcosa di vivo, il curry “il cui aroma sfrecciava attraverso la casa come una sfida” le ricordano i litigi di un’amica con la madre. Scopre che ogni spezia, ogni ingrediente sprigiona un mondo.

Avvenimenti e persone sono legate a un piatto, al suo aroma, alla sua preparazione. Per me nonna Bianca è associata al vin brulè, la mamma al latte con zucchero e cannella, il papà alla fetta di pane toscano con olio, mia figlia a una tazza di cioccolata densa e dolce e mio marito… praticamente a tutti i cibi. Lui  mangiava in religioso silenzio assaporando con lentezza.

Quali sono le vostre associazioni “proustiane” ?

Lilian insegna anche a soffermarsi sulle origini degli ingredienti, a pensare al tempo che occorre ad essi per maturare, crescere, al sole, al vento, alla pioggia, al mare che si ritroveranno poi nel loro sapore.

Il pezzo duro di cioccolata da ridurre in scaglie emana “un aroma di polverose stanze piene di cioccolato semidolce e vecchie lettere d’amore, cassetti in fondo ad antichi scrittoi e le ultime foglie d’autunno, mandorle, cannella e zucchero:”

E improvvisamente arriva un mio antico ricordo: a Merano in casa di Giulietta, la nonna ci porta in sala da pranzo e apre misteriosamente un armadietto per farci assaggiare un nascosto e prezioso pezzo di cioccolato con le nocciole.

Leggere o parlare di cibo è per quasi tutti un piacere. In questo libro c’è l’apologia della lentezza… non per niente l’autrice è cultrice dello slow food italiano. Mi piace moltissimo, da campanilista, sentire aggiungere ai cibi preparati da Lilian le nostre specialità, come l’olio di oliva, la pasta, la salvia, l’origano.

E’ martedì grasso, possiamo permetterci di gustare con lentezza una pizza, un grostolo, un krapfen,un dolcetto… proviamo ad ascoltare tutto ciò che in esso si trova.

Io mi sono fatta la pasta al tonno , ho provato a “entrare” completamente negli ingredienti. Ho immaginato dunque i campi  assolati di grano, i pomodori maturi del sud, il mare e i tonni…ma qui mi è venuto in mente la mattanza…allora ho dirottato l’associazione a un peschereccio con George Clooney che indossa un’incerata gialla. Meglio.

  Erica Bauermeister va letta di giorno perchè  le sue decrizioni mi svegliano, mi attraggono, mi commuovono.

Talvolta esagera in poesia, metafore e dolcezza… ma noi ci fermiamo dopo il primo cucchiaio di un ottimo tiramisu?

 

 

 

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6 commenti
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  1. Leggendo la tua magnifica pagina del blog, mi è venuta l’acquolina in bocca… E mi è subito venuto alla mente sul tema lo splendido romanzo breve di Laura Esquivel, ” Dolce come il cioccolato”… Intrigante e pieno di ricette, anche “afrodisiache”, ambientato com’è in America latina. Da non perdere…

  2. Anche a me l’acquolina… Grazie Raffaella per il tuo suggerimento! Dunque, ho un ricordo ancestrale: la trippa al pomodoro, associata a mio papa’ che la cucinava magistralmente ma anche a mia mamma che la mangio’ la sera prima di partorire e – in qualche modo – per agevolare la mia “discesa” nel mondo.
    E poi, quanti altri cibi… per esempio, i grostoli per me sono festa e un grande lusso, un “treat” come dicono gli inglesi; quando non riesco a mangiarne a sufficienza rimango come delusa ed incompleta. Che altro…i nonni materni e le salsicce crude e il minestrone alla genovese per mia zia Liliana. Ho anch’io le mie “madeleine” proustiane: il profumo fortissimo dei croissants alla mattina in una camera d’albergo in Val di Sole dove avevo accompagnato mio padre in trasferta professionale. che bonta’! Mia mamma? Un muffin con l’uvetta!

  3. E perchè non citare “Dona Flor e i suoi due mariti”? E’ uno dei romanzi più conosciuti dello scrittore brasiliano Jorge Amado, che lo pubblicò nel 1966. In esso si narra la storia appunto di Dona Flor, maestra di cucina della scuola di sua proprietà “Sabor & Arte” ,
    Il romanzo inizia con i suggerimenti su cosa si serva a una veglia funebre, in questo caso quella del suo primo marito. La vedova stessa indica come servire il caffè durante la veglia e i suggerimenti sui salatini d’accompagnamento. Continua poi con la ricetta della moqueca di granchi molli. Ogni fase della preparazione di questo piatto e ogni ingrediente le ricorda il marito defunto: ghiotto di cipolle crude, il suo bacio sapeva di fuoco. L’esposizione delle ricette va avanti fino a quando Dona Flor trova un altro marito diverso dal primo, ma anche lui amante del buon cibo e non solo, riprende allora con altre ricette più legate ai gusti di quest’ultimo. Questo libro è molto saporoso ed evocativo di sapori forti e non solo.
    Cerco le mie menorie legate al cibo e allora rivedo un’assolata campagna siciliana durante un viaggio verso Acitrezza, iniziato senza colazione, alla ricerca di cappuccino e brioche: ci fu offerto il miglior pane casalingo con olive e formaggio che mai abbia mai assaporato!

  4. elogio della velocità: per me mangiare equivale a sbranare….solo così riesco ad assaporare ed essere sazio….come nella vita…forse non mi soffermo troppo sulle cose…un po’ bulimico…le pause in cui sono sazio portano stordimento ed ispirazione….

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