IL MARE, e la profondità della vita

pubblicato da: admin - 5 Gennaio, 2011 @ 8:10 pm

scansione0002Affrontare un romanzo di John Banville è immergersi in più strati di emozioni, suggestioni e spesso pericolose rivelazioni anche per il Lettore. Banville riesce con la sua prosa che indulge in virtuosismi affascinanti a portarci nei nostri  più intimi recessi.

Il mare non è solo quindi il luogo di una fondamentale esperienza adolescenziale del protagonista, ma rappresenta , a mio parere, il mistero dell’abisso, l’indistinto dal quale proveniamo e nel quale ritorneremo.

Max Morden è un vedovo, ormai anziano, che cerca di fuggire dal dolore della morte della moglie, della malattia, dei progetti sospesi e tenta tornando nel luogo mitizzato della sua adolescenza di ritrovare parte di se stesso.

I ricordi arrivano vividi anche se ormai non corrispondono più,  ormai lo “sguardo” è diverso. Morden passeggia ancora sulla spiaggia dove tanti anni prima una giornata particolare ha segnato fortemente le sue vacanze d’allora. Tutto girava intorno all’affascinante ed ambigua famiglia Grace. Da un’iniziale attrazione sensuale per la madre Claire , all’innamoramento per  la figlioletta Chloe . Pagine degne di un pittore la descrizione del pic-nic con la famiglia Grace: verdi declivi, ombre di pini, pennacchi di nuvole di mare, rami lambiti dal sole , un’atmosfera di primi turbamenti sessuali “Tuttavia, quella  giornata di licenziosità e allettamento proibito non era ancora conclusa. Mentre la signora Grace, distesa là sul declivio erboso…”

Tutto attrae in modo morboso il giovane Morden, il gemello di Cloe, Myles muto e  dai piedi palmati, la giovane governante Rose, il signor Charles che, sornione, come un Poseidone attento, controlla la vita dei suoi familiari.

Ma qualcosa di terribile accade in quell’estate. Una morte segnata da un  oscuro segreto che  Morden cerca adesso, tornando sul luogo del passato, di risolvere insieme ai suoi mille nodi esistenziali cristallizzati.

Sembra che la sua vita inizi da quella lontana vacanza al mare e termini ora nella consapevolezza della vecchiaia che incombe. Quasi che la sua vita in mezzo a questi due periodi sia stata ibernata.

Insomma il tempo  passato e quello presente  viene  “tirato” come un elastico, il ricordo di ciò che si è vissuto va di pari passo con la metacognizione che tutto non dura e che forse ciò che si ricorda non si è vissuto veramente tutti protesi ad analizzare che tutto passa e forse non esiste.

E perfino anni prima di questo, mentre per esempio stavo con la signora Grace in quel soggiorno illuminato dal sole, o sedevo insieme a Chloe al buio del cinematografo, ero e non ero lì, me stesso e spettro, imprigionato nel momento eppure in qualche modo sospeso, sul punto di partire. Forse tutta la vita non è altro che una lunga preparazione a lasciarla.”

Eccezionale Banville che come un giocoliere mescola parole e suggestioni in modo magistrale, e come tale riesce anche ad incantare noi Lettori che sprofondiamo  insieme a lui dove ci vuole portare.

Adoro gli scrittori che scavano, ci punzecchiano, ci sollecitano a riflettere sulla vita, sulla morte, sulla vecchiaia perchè tutto ciò è VITA. Non mi piace  rimenere sempre in superficie, adoro tuffarmi anche se rischio di affogare.

* * *

Come feci tanti anni fa in Corsica. Non sapevo ancora nuotare. A quel tempo avevo accompagnato un gruppo in vacanza (eh, sì ho fatto anhe l’accompagnatrice turistica!)

Ebbene nella bellissima piscina dell’albergo un certo Alfredo mi disse che se mi fossi buttata , anche senza saper nuotare, sarei ritornata  a galla. Io credo generalmente a quasi tutto quello che mi dicono: mi buttai quindi  immediatamente nella parte più profonda, ma non venni  a galla. Non era  acqua di mare. Mi rivedo annaspare  con il mio costume arancione nel fondo della piscina blu.

Meno male che l’Alfredo si buttò repentinamente e mi ripescò. Subito dopo imparai a nuotare, solamente  a rana, ma almeno ora riesco a stare a galla.

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  1. Mai ho letto nulla di simile alla tua recensione di “Il Mare” cara Mirna, talento grande il tuo, Devi fare qualche cosa per queste recensioni di libri che, in Italia, non hanno ancora avuto nessuna degna attenzione. La casa editrice Guanda ha bisogno di queste tue splendide , intelligentie lampanti recensioni dei libri di John Banville. Come hai scritto di Eclisse e, ora di Il Mare, nessun critico italiano era stato in grado di fare. A parte il fatto che io mi sono sentita davvero una gran pacca sulla schiena di emozione. Come sono contenta che tu abbia accostato questo grande scrittore e lo abbia fatto apparire nel suo originale lucore.Brava e brava.
    Sono gratissima all’Alfredo che non ti ha lasciata annegare nella piscina, mia divina accompagnatrice turistica. Ti abbraccerei dal contento.
    @Riccardo<: carissimo Riccardo, avevo preparato un piccolo librettino per te e speravo di potertelo dare per natale. Chissà quando torneremo a fare i baroni del sol, in Piazza Duomo?

  2. “Forse tutta la vita non è altro che una lunga preparazione a lasciarla”.
    Questa frase, anche se apparentemente ovvia, mi ha lasciato la sua eco.
    Ritorna quindi il pensiero che mi accompagna da sempre e cioè al perché si nasce, se poi si deve comunque morire.
    Quando avrò avuto più o meno dieci anni pensavo che forse eravamo già morti e non lo sapevamo. Non riesco a ricordare però perché avevo avuto questo pensiero, forse legato alla tradizione dei morti che portano regali ai vivi, tanto da mescolare i due stati e farne comunque “vita”.
    Solo in particolari momenti forse si ha l’intuizione di essere sospesi fra vita e morte, permettendoci così di toccare il fondo di un qualsiasi mare, sicuri di tornare a galla, per poi riprendere a nuotare con più consapevolezza, non dimentichi che “…E ‘l naufragar m’è dolce in questo mare”.

  3. Cara Mirna ciò che scrivi del “Mare”, mi ha lasciato un turbinio di amozioni, sei prodigiosa, punto.
    Ho letto il Mare, su consiglio di Camilla, tempo fa e ricordo il trambusto interiore che ha suscitato in me. Rimasta così sospesa, ho pensato alla fugacità della vita ed alla rapacità che ne consegue quando un particolare, momento o soggetto, desidero che rimanga e mi accompagni. Il tentavivo ultimo di non sentirmi sola al fondo ma nuotare, come hai fatto tu, con disperazione talvolta ma farlo anche se la spinta al fondo può essere irrinunciabile.
    Ringrazio anch’io all’Alfredo, e tutto/i che anche se incosapevolmente ci permettono di riemergene, comunque.
    Grazie mirna,
    miki

  4. @Camilla: uao! C’è un regalo che mi aspetta! Camilla, sentiti con Maria Teresa e ne trovem a bere un caffè!
    Quanto ai post, non ce la faccio a tener dietro a cotante menti letterarie, io povero ex manager … Comunque il Mare mi ricorda la Poesia Mare di Pascoli:

    M’affaccio alla finestra, e vedo il mare:
    vanno le stelle, tremolano l’onde.
    Vedo stelle passare, onde passare:
    un guizzo chiama, un palpito risponde.
    Ecco sospira l’acqua, alita il vento:
    sul mare è apparso un bel ponte d’argento.
    Ponte gettato sui laghi sereni,
    per chi dunque sei fatto e dove meni?

  5. Buonasera a tutti. Camilla mi ha invitato a fare capolino in questo vostro blog ( molto carino e interessane). E poichè ho appena finito di leggere “Il mare” solo e unicamente per amor suo, aggiungo giusto due parole.
    La prima volta che avevo provato a leggerlo mi ero stufata presto e lo avevo mollato. la scrittura un po’ compiaciuta nei suoi molti aggettivi ( quasi tutti di eco “pittorica”), questo io io io, l’andirivieni fra infanzia e ora, un sensazione di sodffocamento… insomma nulla mi aveva preso.
    Ma i libri hanno sempre un loro “momento”. Ora l’ho finito leggendo a rilento, è un libri che rihiede secondo me una lettura lenta e attenta. I chiaroscuri, le luci, i colori, le ombre sono importantissime, così come le molte allusioni a Bonnard. Chissà se Banville – di cui nulla so – è anche pittore o con la pittura ha in qualche modo a che fare. Sembrerebbe disi.

    Secondo me il libro è una lunga circumnavigazione …sulla morte.
    Più che l’episodio -clou dei gemelli – forse morboso ancor più che noir – sono gli accenni alla malattia e alla morte della moglie Anna a essere il vero controcanto di quella lontana ma fortissima memoria infantile.
    E la scoperta della pochezza di se stessi, le debolezze, le incursioni piccole ma spiazzanti del suo io scrivente, insomma Banville in questo libro sembra iniziare “a fare i conti”, a prendere distacco, a rivisitare luoghi della memoria e luoghi del cuore custoditi nella testa, a comprendere come si invecchia e ci si prepara ( no! non ci si prepara) a stringere il proprio orizzonte.
    La vecchia figura sgargiante e pietosa del colonnello, la ridicola situazione della “pensione” ,la miseria generalepare essere la musica della “vecchiaia”. E’ un libro che ha una sua pietà, ma è anche il libro di uno che si arrende. Così mi è parso.
    E l’èpisodio a me ha ricordato il finale di quell’unico grande film di (o con?) Roberto benigni ,che si chiama “Chiedo asilo”…. anche un lì un bambino, il mare….

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