QUATTRO GIORNI DI MARZO, e un universo femminile

pubblicato da: admin - 12 Gennaio, 2011 @ 8:43 pm

scansione0006Scelgo di getto questo romanzo. Capisco che si tratta di una storia di donne, d’amore, di madri, di figli. Un mondo femminile messo a nudo.  Uno dei miei generi preferiti.

Poi scopro che è stato scritto da un uomo: Jens Christian Grondahl, un danese nato nel 1959. Riuscirà ad entrare nelle pieghe dell’animo femminile?

Direi di sì. La lettura è avvincente, l’analisi che Grondhal fa di una “malsana” linea femminile è profonda e acuta. E’ il ruolo materno che marchia a fuoco, segnandone gli avvenimenti, le tre donne della stessa famiglia.

C’è Ada la “dominatrice” matriarca, scrittrice di una breve stagione di successi letterari, che vive aggrappata al ricordo di un tè bevuto con Karen Blixen, e  che è stata madre arida e lontana di Berthe, fragile e impacciata madre  di Ingrid, la protagonista.

E’ seguendo quattro giorni intensi e decisivi di Ingrid - bella quarantottenne architetto,  divorziata, con un figlio adolescente, un amante  – che anche noi Lettori ci chiederemo quali sono i punti centrali di una vita? E che cosa intendiamo per “punti centrali”?

La risposta ovvia  ( o giusta?) per molte donne  è  il matrimonio, la maternità. Oppure?

Ingrid in questo pellegrinaggio a ritroso nella sua vita ritiene siano quelli dell’infanzia alcuni punti centrali  anche se riconosce come momenti topici, fondamentali la nascita di suo figlio Jonas “Finalmente l’amore si era manifestato come qualcosa di diverso dal desiderio, e c’era un vuoto nello stomaco, una gravità tranquilla e fiduciosa nel dover far nascere quel bambino e averlo voluto lei stessa.”

  E l’incontro con Frank, il suo amante per il quale otto anni prima ha abbandonato marito e figlio.

E’ con Frank, l’uomo più vecchio di lei di molti anni che lei sente di essere veramente se stessa.  Solo nel suo sguardo riesce ad ancorare il suo. Riescono a guardarsi veramente nel profondo. “Vedere l’altro che vede chi e che cosa siamo.”

Ingrid giovedì si trova lontano da Copenhagen per lavoro quando riceve una telefonata dall’ex suocero che l’avvisa che il figlio è stato sorpreso dalla polizia  a picchiare insieme ad altri un ragazzo straniero.  

 Parte immediatamente perdendo il prezioso orecchino di perle, primo regalo di Frank.  (Un segno del destino?)

Il viaggio notturno diventa una feroce introspezione della sua vita, dei suoi errori, delle sue scelte. Soprattutto del suo senso di colpa verso Jonas “abbandonato” per una sua esigenza di onestà.

 Ma  è quasi una “coazione a ripetere”  essere una “cattiva” madre come Berthe, come Ada.  “Pensa alle donne di famiglia. Lo schema che a ogni costo aveva cercato di evitare, spezzare, dal quale ha sempre voluto liberarsi. Poteva fuggire in capo al mondo, sarebbe rimasta la figlia di qualcuno.”

Perchè si è innamorata di Frank? Per la ricerca di quel padre lontano, freddo e  che ad un certo punto lei inizierà a chiamare per nome e cognome, Norman Dreyer, e non più papà?

Negli altri tre giorni  di marzo tutto di allinea e si sfalda…ma non so come finirà. Anche l’amore con Frank è a una svolta.

Mi mancano settanta pagine che mi gusterò stasera a letto, ma non riesco a prevedere se la fine sarà tragica, serena o ineluttabile.

So che Ingrid Dreyer diventerà un altro personaggio familiare del mio mondo letterario.

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  1. I tuoi punti interrogativi mi sollecitano, non riesco a non dire qualcosa…di getto! I punti topici della vita di una donna sono molteplici e individuali, ovviamente (mentemente come dice cetto laqualunque). Quello che porta dal topico alla METAMORFOSI è la maternità. Dopo questo evento la mutazione è profonda e inconscia: ogni donna troverà (sempre? qualche volta’ mai?)il modo per vivere la sua doppiezza. Spesso la strada è il dimenticarsi di sè, con conseguenze , in tutti i casi diventa un equilibrismo difficilissimo. O no?Nel nostro ruolo di figli come pensiamo la madre? Un libro in questo senso fondamentale, a mio avviso, è quello di Emma Donague “Stanza, letto, armadio ,specchio.” Dove è lampante la percezione totale, indiscutibile, assoluta della madre da parte del bambino e, al tempo stesso, la necessità vitale da parte della madre di controllare molteplici declinazioni dei rapporti, oltre alll’imprescidibile e preponderante legame psico-fisico col bambino. Bambino uguale a figlio.