SAN GIORGIO GUARDAVA ALTROVE di Jabbour Douaihy

pubblicato da: Mirna - 19 Aprile, 2013 @ 6:21 am

Siamo in Libano, il paese profumato di gelsomini e martoriato da guerre esterne e interne.  Nella Beirut in lotta tra cristiani e musulmani vive e cresce Nizam, biondo e dagli occhi azzurri .

Già dai suoi tratti somatici, lui che nasce in una famiglia di musulmani, si capisce che sarà una persona diversa, speciale, in bilico fra due culture. Molto presto infatti a Houra, località di villeggiatura, sarà “adottato” affettivamente da due coniugi cristiani maroniti che lo amano come il figlio che non sono mai riusciti ad avere e che gli insegneranno la dolcezza e  l’amore per la terra. E gli daranno tutto il denaro di cui ha bisogno per cercare la sua strada.

La sua vera famiglia è in difficoltà economica  per il padre  che azzarda affari pericolosi e illegali per cui “cede” il ragazzo alla famiglia benestante cristiana.

Ventenne Nizam, nome che significa “ordine”, vuole “trovarsi”. Cerca la sua identità e a  Beirut frequenta la gioventù rivoluzionaria sessantottina, ma presto lo sorprende lo scoppio della guerra civile.

La sua doppia appartenenza  di cui lui non si è mai crucciato, sentendosene quasi arricchito e libero, diventa una condanna all’invisibilità e all’inaccettabilità da parte dei due fronti cristiano e musulmano.

Nizam è una figura simbolica, quasi come il San Giorgio dell’icona della sua amica russa Olga, un San Giorgio che trafigge il drago con infantile innocenza. E’ come un angelo biondo dallo sguardo chiaro al di sopra dei conflitti e  che vuole capire gli avvenimenti  e soccorrere chi soffre.

E’ curioso, goloso di sensazioni, aperto a tutti e non comprende i limiti e i confini. Si aggira nella città e nella vita con una leggerezza bonaria e libera.

Sulla sua carta d’identità, per consiglio del “padre cristiano” non è stato scritta la sua religione, lui stesso non sa se è cristiano o musulmano. Ma presto questo documento sarà requisito e lui stesso si troverà  inviso a entrambe le fazioni.  Il suo percorso esistenziale alla ricerca costruttiva del proprio sè incappa tragicamente nella follia identitaria di un paese dove non esiste libertà.

Jabbour Douaihy, classe 1949, insegna lettaratura francese all’università libanese di Tripoli. La sua scrittura è chiara, fluida, poetica. I suoi personaggi indimenticabili: da Olga che cura con ossessività l’icona di San Giorgio, il cui sguardo dovrebbe sempre proteggerla, alla giovane pittrice Janan che dipinge  Beirut soltanto con i colori grigi e rosso sangue.  La sorella maggiore  che lo ama e lo ha sempre protetto, i “genitori” cristiani per i quali Nizam è la ragione di vita…Pagine struggenti e a volte sarcastiche che ci descrivono un Medio Oriente ancora tutto da conoscere.

Un Libano che era e potrebbe essere un paradiso, ma che come tanti altri paesi non è un paese libero.

Quando lavoravo da Versace veniva spesso un cliente di Beirut, diverso dai  soliti compratori . Un signore piccolino, dai baffetti , camicie sempre bianche, uno sguardo vivace ma malinconico. Era l’unico che ci portava sempre qualcosa: i pistacchi in tanti sacchetti per ognuna di noi . Chissà che fine avrà fatto Monsieur Tabet. Lo ricordo spesso con simpatia.

Chissà se era cristiano o musulmano.

 

 

 

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  1. Libano, Beirut, fine anni ’90. Ero lì per lavoro. Soldati siriani per le strade, come anni fa da noi i marinai delle portaerei americane … a Genova. Incontrai Hariri, primo ministro, poi assassinato (dai Siriani) alla “Falcone” con quintali di tritolo. Gli dissi che rappresentavo una società piccola. “We don’t need huge companies” rispose.
    Il “capo” (siriano) dei miei interlocutori privati (libanesi) mi disse: ” A noi va bene, purchè non siano coinvolti i nostri nemici” (sic: nemici!). Stupito, chiesi quali fossero i loro nemici. “Gli Israeliani”, rispose, stupito a sua volta del mio stupore. “E poi, proseguì, i pagamenti devono avvenire tramite Cipro”. Degli affari non se ne fece nulla. Oggi quelle parole nella mia memoria riprendono valore e attualità. La città? Edilizia caotica. Cedri? In cartolina. Litorale: molto bello. Ristoranti (per gli europei): carissmi. Dopo ogni portata ti alzavi e ti andavi a sedere ad un altro tavolo. I musulmani, niente alcool. ma le signore “bene” al ristorante, si facevano portare un narghile, adattavano il loro bocchino personale e fumavano (tabacco?) attraverso un liquido alcolico. La forma era salva.