GEOLOGIA DI UN PADRE di Valerio Magrelli, ed. Einaudi

pubblicato da: Mirna - 16 Luglio, 2013 @ 12:13 pm

E’ strano come per un po’ di tempo io sbagliassi il titolo di questo libro: ero convinta fosse “geografia di un padre” pensando a titoli analoghi come geografia dell’anima, sicura com’ero che l’analisi del rapporto padre-figlio si svolgesse per estensione di confini, strade aperte come in una sorta di mappa del cuore. Mi accorgo invece dopo la lettura delle prime decine di pagine dell’esatto titolo “geologia”. E
c’è differenza: qui si va scavando in profondità estrema nella terra e nelle pietre, nelle ossa e nella “paleontologia” di un rapporto viscerale..

Lavoro fortissimo, sofferto, di una bellezza tragica da leggere con emozione, epifanie condivise e quelle sensazioni struggenti che tutti noi “figli” abbiamo provato.

Valerio Magrelli, classe 1957, ha raccolto per anni appunti sulla figura del padre… – e ce lo immaginiamo attento, ammirato e timoroso osservatore di un padre enigmatico, un “iroso anti-eroe”- e dopo la sua morte quei foglietti cominciano a “strepitare”.

“Sapevo” scrive “ che ogni voce era una gola che domandava cibo. Sapevo che ogni richiamo era come un filo, il bandolo canoro di un’infinita matassa di storie.”

Diviso in 83 capitoletti (il numero degli anni vissuti dal padre) questa biografia autobiografica ci regala immagini vividissime di episodi e
stati d’animo di un padre dal quale certamente l’autore ha assorbito il suo modo d’essere, la sua spietata onestà nei confronti della vita e della morte, un fondo di tragicità classica tipica forse di noi eredi della classicità greca. Non è un caso che la copertina illustri Polifemo che divora un greco, ma si potrebbe “leggere” come un padre che divora il figlio.

“Mia madre, me stessa” leggevamo noi ragazze tempo fa ritrovando nel filo parentale la stessa visione del  mondo pur in una eventuale identica disuguaglianza.

Magrelli ci dice “mio padre, me stesso”. Si sente indelebilmente scolpito dal padre , si sente la “carta moschicida del suo ricordo.”

Pur raccontandoci la sua famiglia d’origine come “priva di collante” e che in certe meste vacanze dell’infanzia lo fanno sentire smarrito
ciò che emerge sempre è la figura del padre posseduto o dall’ira o dalla noia, una persona mercuriale, metamorfica ma che gli dona  momenti di raro e commovente affetto.

Un padre che nei rapporti con il mondo si comporta da maschio-alfa rispondendo con grinta ad ogni “aggressione” soprattutto per un senso di giustizia.

O che mostra un’ira funesta contro una confezione di biscotti che non si apre (come lo capisco!) tanto da calpestarla, sbriciolarla e annientarla con cieco furore. Sentimento che si travasa nel figlio quando con la stessa rabbia cieca “ucciderà” la stampante che per
l’ennesima volta non ha funzionato.

Scrittura colta, forte, immaginifica, quasi mitologica e che diventa pura poesia tragica nel ricordo degli ultimi giorni di vita del padre. Il figlio vuole “divorare” i suoi  ultimi istanti, respirando il suo respiro, introiettando ogni suo gesto. Momenti di straordinaria illuminazione e drammaticità quando gli taglia la maglia per via dell’altissima febbre e gli sembra di far emergere da un baccello l’immagine della vecchiaia e dell’ineluttabile allontanamento. E durante il decorso degenerativo del Parkinson l’autore riesce finalmente a penetrare nella corazza difensiva che il padre aveva eretto per proteggersi, finalmente lo può conoscere a fondo e diventare lui padre di suo padre.

Ed ecco il desiderio di rievocarlo, di farlo rivivere…

”Perché? Forse perché mi manca. E’ come se soffrissi per la mia morte…Io l’ho perso, nella stessa maniera in cui lui ha perso me. E’ come se avessi perso, per un lutto riflesso, una parte di me.”

Un accorato omaggio al genitore, un bisogno di amore, di radici solide, di identità o meglio ancora una necessità di sentirsi esistere.

Romanzo bellissimo, finalista al Premio Campiello.

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2 commenti
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  1. Da MIRNA:
    A tutti gli amici i miei più cari pensieri.
    LA TECNOLOGIA MI SI è RIBELLATA IN QUESTO PERIODO, ANCHE IL CELLULARE è ANDATO IN TILT…ma sono stata salvata da un vecchio apparecchio per cui potete ancora chiamarmi al vecchio numero, altrimenti mi fa piacere ricevere vostre notizie sul blog.
    Qui il tempo è propizio alle letture, alle liete chiacchierate con Grazia e alle passeggiate.
    Buon solleone, ovunque voi siate.

  2. Devo ringraziare Mirna per essere tornata a leggere autori italiani. È merito suo se mi sono accostata a “Geologia di un padre”, di Valerio Magrelli e l’essermi immersa nel racconto che scava, con grande tenerezza, nel rapporto con il padre, dal carattere instabile, umorale, a momenti quasi folle.
    Si tratta di brevi racconti, pochissime pagine, anche una, a volte mezza, qualche riga, e tutti sono chiusi, ciascuno è concluso, a sé stante, però insieme delineano, come tante facce, il ritratto di Giacinto, il padre.
    Sono d’accordo con Mirna, racconto “molto forte”, che ha evocato in me ricordi personali: le gite in macchina con tutta la famiglia, la noia dei pomeriggi domenicali su cui incombevano le cronache delle partite di calcio.
    Libro davvero notevole, da leggere, grande cura della lingua, uso studiato delle parole… non lo conoscevo, buona scoperta, Magrelli è anche un poeta.