I MALAVOGLIA, antitesi della cugina Bette?

pubblicato da: admin - 30 Luglio, 2010 @ 5:27 pm

Non sapevo di che romanzo parlare stamattina, ma appena mi sveglio i pensieri “libreschi”si mettono in moto: in cerchi concentrici, a zig zag, in un alternarsi di avanti e indietro. Mi distraggo, apro gli sportelli sbagliati in cerca del caffè…ma mi sento subito “vitale”. Poi leggo la posta e a seconda  delle e-mails e dei commenti ricevuti lentamente si forma nella mia mente il post giornaliero. Più facile sarebbe avere tra le mani sempre libri nuovi ( mi manca la biblioteca di Trento!), ma mi accontento di quelli prestatimi dalle amiche, alcuni comprati e non ancora letti e di tutti quelli che trovo in casa. Meno male che Camilla ci consiglia spesso “roba fresca” o chicche di riserva, come Trollope o Madame de Duras. E questo Doctorow che spero mi presterà!

Ho pensato a “I Malavoglia” come “risposta antitetica” alla cugina Bette, così sordida, che fa rabbrividire anche Camilla e Raffaella, senza morale nè amore come aggiunge Michela,  (grande amante delle letteratura francese. Ah, Eugénie Grandet!)

Come Lisbeth anche i Malavoglia sono poveri, anzi vengono definiti i vinti perchè per loro non ci sarà risposta di un miglioramento sociale ed economico in un mondo dalle prime irrequietezze di benessere e fiducia nel progresso della seconda rivoluzione industriale. Qui però non siamo a Parigi, ma ad Aci Trezza, distanti non solo come spazio, ma anche come tempo. E l’Italia del sud è in grande ritardo rispetto al nord, anzi sembra  immobile. Siamo già verso la fine dell’Ottocento e il romanzo narra le vicende di una modesta famiglia di pescatori proprietari però sia del peschereccio La Provvidenza che della Casa del nespolo.

La sfortuna sembra spezzare questa famiglia che vive in un microcosmo ritratto  “fotograficamente”   da Giovanni Verga . Sentiamo “parlare” la plebe siciliana, conosciamo i loro sentimenti espressi, l’invidia, l’avidità mirata ad una mera lotta per i bisogni materiali. Ci rimangono  impressi i soprannomi: La Longa,  compare Cipolla, la Zuppidda, ma soprattutto quel padron ‘Ntoni Malavoglia, custode di valori che cementa la famiglia, nonostante i lutti e la  sventurata Lia. In lui fierezza, amore, inflessibile senso morale, in conflitto con la cupidigia e l’indiffernza dei nuovi strati sociali che lentamente sembrano formarsi. E’ un vinto, ma lo è da eroe, come dice Luigi Capuana che cita a paragone Ettore, Socrate, Gesù.

Che differenza dunque con la cugina Bette che non lascerà nulla dietro di lei, solo aridià; mentre padron ‘Ntoni con la sua serena fiducia nel bene, nel lavoro assegnato dalla sorte,  nel giusto,  farà riacquistare dai nipoti più giovani la casa del nespolo perduta, simbolo della famiglia, delle radici ancestrali, di ciò che il destino ha dato.

Come sappiamo il grande Balzac era tormentato, era sceso negli “inferi” umani, era  fine conoscitore, prima di Freud (come ha sottolineato Camilla) del nostro animo. Giovanni Verga non interviene. E’ fuori dal racconto, descrive, documenta ciò che si vede.

I Malavoglia sono un grande manifesto della corrente del Verismo, un critico lo ha  anche  definito romanzo-poema perchè le voci che si alzano in quel lembo di terra e mare dimenticati sono vere, pure, sincere.

Giovanni Verga osservava con occhio penetrante ciò che vedeva intorno. Nel “ Mastro Don Gesualdo”  entrerà con più forza nell’animo umano e la visione dell’ambiente sarà più varia ed ampia. Certo Verga era un ricco borghese, lontano dalla miseria di tantissimi siciliani. Si trafserisce anche a Milano dove, ricordo di aver letto “passeggiava con il naso in aria”.

Verga mi piace perchè ha guardato gli altri. Non era un indifferente. E pur se ne “I Malavoglia” non “interviene” , come si insegna a scuola nell’analisi del testo, percepiamo il suo grande  rispetto ed ammirazione per i suoi fieri personaggi.

 Comunico, soprattutto a Donatella che ha apprezzato il c0ntenuto del  libro “Una manciata di sogni”,  che Maria Wanda Caldironi ha scritto qualcosa per noi. Per leggerlo occorre tornare sul suo post .

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  1. Cara Mirna, l’aria di mare non ti fa certo male e le tue finestre sulla letteratura e la lettura sono sempre più allegre e fantasiose. E’ molto, molto piacevole leggerti,e è inevitabile “vederti” , un pochino svagata che apri spportelli sbagliati, con i tuoi pensieri libreschi a zig-zag.Anche se affronti Verga lo fai con una tale leggiadria che mi incanta.E mi dispiace che hai pochi llibri a disposizione, a volte si ha qualche voglia speciale, qualche desiderio sfizioso, ma tu sai fare un banchetto, comunque. Non solo ti presterò doctorow ma ti costringerò, con subdoli mezzi, a leggerlo e a riferire. Cercavo, poco fa’, il mio “duende” G. Lorca, ma non l’ho trovato. Sono in pensiero e devo andare a cercarlo: E’ un libretto che tengo sempre a portata: come mai non c’è? volevo parlartene. Lo farò.
    Cara Miki, sappimi dire se ti sei commossa con la storia di Ourika e se ti è piaciuta la bellissima presentazione di B. Craveri sulle donne francesi dell’epoca.

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