IL DIARIO DI HELENE BERR

pubblicato da: admin - 29 Settembre, 2010 @ 5:17 pm

scansione0019Ancora un diario come mia scelta di lettura. Ed ancora le pagine scritte da una giovane parigina di religione ebraica durante l’occupazione nazista. In questo mio blog ho già presentato parecchi diari di ragazze ebree da Etty Hillesum ad Anna Frank, tuttavia  rimango sempre coinvolta e conquistata dai pensieri della giovinezza e dalla forza dimostrata da essa  in un terribile contesto storico che non dobbiamo dimenticare.

Anche per questa ventenne, Héléne Berr, lo scrivere di sè è una spinta necessaria per capirsi , ma soprattutto per salvarsi dalla ventata nefasta dei tempi. Il diario inizia nell’aprile del 1942  in una splendente mattinata in cui Helénè, studentessa alla Sorbonne, va a ritirare presso la portineria dove abita il poeta  Paul Valery, un libro richiesto con coraggio e grande desiderio e sul cui frontespizio  Valery ha scritto  “Copia per la signorina Héléne Berr. E un po’ più sotto “Al risveglio, così dolce, e così bello quest’azzurro vivo.”

C’è ancora armonia nella vita di questa giovane e bella ragazza, amante della musica, della letteratura, dei classici inglesi, ci sono ancora, come per Etty e per la giovanissima Anna Frank, amore e desiderio e ringraziamento per la vita. Vi è in tutte, in questo delicato mazzo di fiori freschi di giovinezza, la propensione alla felicità, la voglia di  scivolare entro le doti di sensibilità e intelligenza che la natura ha loro offerto. Desiderio di guardare con naturalezza e compiacimento la propria ombra nel sole.

Hélène studia Beowulf, poema epico anglosassone  dell’Alto Medioevo, legge tantissimo (abbiamo la lista dei suoi libri presi in prestito alla biblioteca della Sorbonne), “Alice nel paese delle meraviglie”, “Delitto e castigo”, romanzi di Gide, di Ibsen, poesie di Rilke, di Keats, Shakespeare, ecc.ecc. Forse sarebbe diventata una scrittrice delicatamente intensa come Katherine Mansfield.

Nelle prime cinquanta pagine del diario sembra che la guerra sia lontana, pochi sono gli accenni ai “tempi oscuri”, in cui sta vivendo.  Sembra relegare nel più profondo di sè la paura, l’angoscia. Passeggia con gli amici nei giardini del Lussemburgo,  prova i primi palpiti d’amore per Jean,  parla di letteratura e della sua passione per il violino.  Questi giovani studenti sembrano coltivare “il piacere di una egoistica magia“.

Ma il 29 maggio 1942 giunge l’obbligo per gli ebrei  di cucirsi una stella gialla di stoffa sugli abiti. “Sono tornata a casa dalla Sorbona completamente stordita..Non so più chi sono…Non volevo mettere quel contrassegno”  scrive Hélène “Lo consideravo un’infamia e una prova di obbedienza alle leggi tedesche. Stasera, è cambiato tutto di nuovo: trovo che è una vigliaccheria non farlo, nei confronti di chi lo farà“.

Da ora in avanti le sue pagine cambieranno, già il 6 luglio ci racconta che presto si farà reclutare come assistente sociale volontaria nella sede dell’UGIF ( Unione generale degli Israeliti in Francia) . Così ogni giorno sarà in contatto con famiglie smembrate dagli arresti e dalle deportazioni nei campi di Drancy e del Loret.  E’ coraggiosa, limpida, e sa di avere fatto una scelta fatale ” Viviamo ora per ora, non più settimana per settimana” Ed aggiunge più tardi “Avevo il desiderio di espiare, non so perchè“. Queste ultime frasi sembrano riportarci, spiega Patrick Mondiano curatore del libro, alla filosofia di Simone Weil.

La storia di Hélène Berr finisce tristemente, nello stesso modo in cui finisce la vita di Anna e  di Etty, ed anche  i suoi pensieri scritti diventano non solo preziosa, e mai ripetuta abbastanza , testimonianza, ma anche pagine di alto valore letterario.

*     *     * 

Ma molto presto Riccardo ci parlerà di una dolorosa storia  di un’altra donna, di una palestinese, per sottolinearci che la sofferenza non ha confini nè geografici nè ideologici.

E a proposito di Riccardo e del suo interessante commento sull’antipatia per l’uomo D’Annunzio.  Perchè non  riflettere su quali autori non stimati ci respingono pur apprezzando il loro valore letterario? O ancora…chi riesce a scindere nettamente l’uomo dall’artista?

Il blog si allergherebbe ancora di spunti e idee. Proprio pochi giorni fa ho saputo che Trento blog ha monitorato moltissimi visitatori al nostro “un libro al giorno”.

Contenta perciò di aver allargato anche alla fascia giovane l’invito di scrivere delle proprie letture, perchè LEGGERE, LEGGERE, LEGGERE è …vivere di più.

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14 commenti
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  1. Le voci delle vittime dell’olocausto sono sempre talmente vive e potenti e vicine che non si spiega come sia possibile , oggi, che il razzismo, la violenza intollerante, ottusa e feroce degli esseri umani contro altri esseri umani, sia sempre più dilagante, ammantata da razionalizzazioni vergognose.

    Penso che distinguere tra l’artista e le sue opere sia come distinguere i genitori dai figli, credo che si deva poter giudicare l’opera indipendentemente da chi l’ha generata.
    Temo anche che le memorie di Helene,Etty e migliaia di altre voci alte e magnifiche in realtà non siano conosciute dalla maggior parte della gente che si abbevera, al massimo , di pessima TV e di pessime letture di bassa macelleria mediatica. Basta vedere come le persone si interessano degli amorazzi della gentaglia che finisce sui rotocalchi. amen

    Ho letto ieri sul Corsera che è stato tratto un , si dice ottimo, film dall’indimenticabile romanzo di Kazuo Ishiguro “Never let me go”. Un romanzo che ho sempre nel cuore. potentissima metafora, è una storia di inaudita violenza , apparentemente ammantata di scienza, i cui indifesi protagonisti sono bambini “coltivati” per esperimenti terribili. Un romanzo futuribile solo in apparenza, si sa bene quanti orrori sul traffico di organi e mostruosità simili siano già in atto, forse da sempre. La forza contro la debolezza non ha nessun confine.Ishiguro per me è uno dei più grandi scrittori contemporanei, nel 2007, quando il libro uscì, una amica, Maria Rosa e io lo leggemmo in contemporanea, stando, ogni sera, ore al telefono, a scambiarci sensazioni e meraviglia. In Italia non ebbe successo (guarda caso) e Ishiguro è pochissimo conosciuto. sono felice che si faccia il film, approvato dall’autore del libro. Anche “Quel che resta del giorno”, è tratta da un romanzo di Ishiguro. Un libro bellissimo e un film bellissimo. Ciao ciao

  2. Ciao carissima, un altro titolo si aggiunge alla lunga lista di quelli che devo ancora leggere.
    Spero tu stia bene oggi. Ti faccio imiei complimenti per il tuo blog, veramente interessante e ricco di contenuti. Ho provato ad iscrivermi alla community ma non accetta i miei indirizzi email… ma oggi ero ancora stanca, riprovero’ domani.
    Ti volevo far leggere un mio breve racconto di un periodo passato in Africa… ti copioincollo il link:
    http://lareteinrosa.wordpress.com/2009/08/09/rullo-di-tamburi-odor-di-sangue/

    Ciao, spero di risentirti presto, Brunella compagna di “corsia”

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