LA MENNULARA, di Simonetta Agnello Hornby

pubblicato da: admin - 3 Novembre, 2010 @ 7:34 pm

Sono grata ad Enza che ci presenta questa storia interessante e che mi viene in aiuto in occasione di un’altra giornata particolarmente intensa. Aspetto sempre anche nuovi posts da tutti voi, non solo per “alleggerire” il mio novembre impegnativo ma anche per rafforzare la nostra rete di rapporti letterari ed umani.

 Qualche anno fa mi ha incuriosito la biografia di un’autrice che fino a quel momento aveva svolto attività giuridica e cioè Simonetta Agnello Hornby.

Leggevo infatti che era nata a Palermo nel 1945, che dopo il dottorato in giurisprudenza, conseguito nel 1967, aveva sposato un inglese dal quale aveva avuto due figli, che, lasciata la Sicilia, aveva iniziato a vivere negli USA e in seguito in Zambia e che nel 1970 si era stabilita definitivamente a Londra, dove più tardi aveva fondato uno studio di avvocati dal nome Hornby e Levy specializzato nel diritto di famiglia e nel diritto dei minori. Le sue conoscenze giuridiche l’avevano portata verso l’insegnamento universitario. All’università di Leicester infatti ha insegnato diritto dei minori e per otto anni ha ricoperto anche la carica di presidente del Special Educational Needs and Disability Tribunal. Inizia a scrivere romanzi solo nel 2000 e nel 2002 scrive il suo romanzo d’esordio “La Mennulara”.

La storia si svolge in Sicilia e inizia il 23 settembre 1963, con la morte di Rosalia Inzerillo, detta la Mennulara, per essere stata in gioventù raccoglitrice di mandorle.

La Mennulara, domestica a servizio della famiglia Alfallipe fin dall’età di 13 anni, aveva ricoperto un ruolo ben più importante di quello di cameriera, in quanto, grazie alla sua brillante intelligenza, era stata anche l’amministratrice di tutti i beni della famiglia. Infatti, nonostante non fosse in grado di scrivere ma solo di leggere, la Mennulara era diventata il cardine centrale della famiglia Alfallipe sia dal punto di vista affettivo che da quello economico: le sue capacità nel gestire i beni della famiglia Alfallipe avevano consentito ad ogni componente della famiglia di continuare a fare ciò che ognuno preferiva, senza preoccupazioni materiali. Allo stesso tempo, l’intelligenza e la caparbietà della Mennulara erano riuscite nel tempo a sfruttare le non-occasioni della sua vita, trasformando in elementi positivi e a suo favore tutte le grandissime disgrazie incorsele fin dalla fanciullezza, che avevano fatto sì che fosse circondata da una cappa di apparente freddezza che incuteva timore e rispetto reverenziale. Tutti in paese parlavano di lei, favoleggiando sulla ricchezza che avrebbe accumulato in modo non chiaro, forse addirittura grazie ai suoi rapporti con un mafioso.

Il racconto è vivacizzato attraverso una lingua molto ricca, in cui la Sicilia, e in particolare il paese di Roccacolomba, è forse la protagonista più vera. La lingua è utilizzata anche per esaltare l’humour che permea tutto il romanzo, che è molto divertente e al contempo amaro e si legge tutto d’un fiato.

Attraverso gli abitanti del paese, il racconto si sviluppa di capitolo in capitolo e si svolge attraverso un diverso io narrante, in cui la figura della Mennulara emerge al di sopra degli altri personaggi. Le passioni, la violenza, la malattia, le amanti, la vita e la morte ma anche il pettegolezzo, che tutto porta e tutto trasforma, impregnano il romanzo leggermente e vivacemente. Non manca la successione di colpi di scena che sempre più trasformano la figura della protagonista da carnefice a vittima.

“La chiamavano “la mennulara” perché da bambina era velocissima a raccogliere le mandorle, con quelle ditina sottili.”

Enza

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8 commenti
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  1. Grazie Enza di questo gustoso post.Ho letto La zia Marchesa della Agnello Horby e mi è piaciuto… Un tuffo nella tua Sicilia, una regione meravigliosa che ahimè non ho mai visitato … Chissà….

  2. Dici bene, Mirna! Conosciamoci un po’ meglio tutti noi del blog!
    Mennule e nuciddri … mandorle e noccioline … erano i giochi dei bimbi, in Sicila, nel primo ‘900 … Me lo raccontava la mia mamma, nata ad Agrigento “ma trasferita” (perchè si dovrebbe dire emigrata, direbbe Massimo Troisi!?) a Bolzano 23enne … Quel “ma” che spesso sentiamo aggiungere, quasi a giustificare l’etichettatura di donna o uomo del sud … ed io che sono di padre toscano, genovese di nascita, “nordista” di formazione, talvolta di me ho letto “genovese, ma residente in Trentino da 25 anni”. Vabbè … pazienza, solo che la storia va letta bene, da tutte le angolazioni. E noi oggi dobbiamo studiare, (non ristudiare, perchè non lo abbiamo fatto la prima volta sino ag oggi) la nostra metà della mela. il nostro Sud, che non è solo terra di mafia (che esite anche qui, solo che ha nomi e modi d’agire diversi, che ne dite di “Parmalat”?) etc., ma che è stata ed è anche terra di bella umanità, di arte, cultura, civiltà insomma per capirsi con una parola. Aspetto con ansia che Mirna pubblichi il mio post “Terroni” di Pino Aprile (Edizioni Piemme) poi ne riparliamo …

  3. Che voglia di Sicilia e dei suoi colori/odori/suoni oggi, in viaggio in mezzo alla nebbia della Pianura Padana!!! E che interessante la vita dell’autrice! Grazie Enza per il tuo intervento!!!
    Mi sa che fra poco anch’io dovro’ produrre qualcosa per il mese della “condivisione”!
    Vorrei anche mandare un abbraccio virtuale e serale a mamma che oggi torna a casa alle 18.30 dopo 8 ore di lavoro praticamente filate… CORAGGIO MA!

  4. Adoro la Sicilia, per me una terra particolare…sia per la sua bellezza che per i miei ricordi personali.
    Io, “nordista” per nascita e locazione, avevo un padre toscano che si sentiva “sudista” e mi spiegava spesso il perchè… ve lo dirò però un’altra volta , sono troppo stanca.
    Approfitto della verve di Riccardo per pubblicare fra un attimo il suo “Terroni”.

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