LUDVIG, di David Albahari

pubblicato da: admin - 7 Gennaio, 2011 @ 10:11 pm

scansione0003E’  per me il primo romanzo di uno scrittore serbo questo “Ludvig”, un intenso e drammatico monologo sul rancore o forse sull’irrisolutezza del proprio Io?

Certo che David Albahari  ci presenta in modo  chiaro un’ autodistruttiva crisi d’identità del protagonista narrante che incolpa di tutto un suo ex-amico, Ludvig.

Entrambi scrittori belgradesi, un tempo inseparabili, ora divisi da un odio incontenibile.

Non si può fare a meno di ripensare a Il soccombente di Thomas Bernhard dove due amici musicisti rinunciano alla musica e alla carriera  rendendosi conto del talento sovrumano del loro terzo amico, nel quale si ravvisa Glenn Gould quando interpreterà le Variazioni Goldberg.

Siamo nel mondo dell’arte, paradigma alto della nostra vita in generale? Se vitali sono il successo e la fama quanto può influire rovinosamente il fallimento?

Ludvig meno talentuoso dello scrivente del quale non abbiamo neppure il nome -come una sorta di  beffa del suo soccombere e cancellarsi  in toto – è un vanaglorioso,  un prepotente e subdolo personaggio che riesce ad irretire da esperta star mediatica il pubblico. Riesce a condurre i lettori a credere ciò che egli vuol far credere di sè, cioè che egli è il migliore, è colui che ha cambiato la letteratura di Belgrado, è un vincente.  E’ stato invece il narratore che ha creato e dato le  nuove idee  letterarie  a Ludvig, che lo ha aiutato a diventare famoso e  che subito dopo   è stato  tradito ed  emarginato  dall’intellighenzia belgradese. E’ un perdente di talento ed il suo rancore, la sua rabbia verso Ludvig e verso una Belgrado un po’ kitsch  che crede  senza pensare troppo ai mass media e agli spavaldi lo fanno precipitare  in una profonda  crisi creativa ed esistenziale.

Ludvig continua  a schiacciarlo sadicamente con facilità, corteggia le sue debolezze, lo distrugge con eleganza. Durante una grottesca intervista televisiva ai due scrittori si stigmatizza per sempre il ruolo predominante di Ludvig e quello del soccombente narratore  paralizzato dall’incredibile falsità di Ludvig.

Lo consola soltanto che il nemico, pur più giovane di alcuni anni, sembri più vecchio di lui “Gli sta bene, è giusto che sia vecchio come una suola consunta, come un uovo marcio, come un ciottolo levigato in un torrente di montagna”.

Un monologo ininterrotto che invita a una  lettura quasi senza respiro. Le pagine si susseguono senza alcun breve spazio  bianco. 

 Si narrerà dell’acquisto di una pistola e dell’appropriazione indebita di un libro mai scritto.

In questo incalzante  intreccio Belgrado appare “feroce e umanissima”, prepotente e millantatrice,  una cornice perfetta per questo “gioco” perverso che talvolta sembra persino irreale.

Ma lo scrivente è obiettivo nella sua apologia dell’Odio?

O è ottenebrato dal rancore e dalla sua incapacità di fronteggiare il traditore  più astuto, subdolo e  aggressivo di lui? E’ forse solo odio verso se stesso per la propria inadeguatezza  o mancanza di coraggio?

David Albahari è nato nel 1948 nel Kosovo, da famiglia ebraica. Ha vinto moltissimi premi letterari e da anni vive in Canada.

Questo suo breve  e forte romanzo  ci invita a riflettere sulla nostra personale battaglia per raggiungere l’equilibrio, l’accettazione di noi,  un’obiettiva e serena autostima.

  Viene da chiederci : riusciamo a non tener conto degli altri?

Talvolta succede di incontrare persone  che ci fanno apparire peggiori di ciò che siamo, che ci sollecitano sentimenti negativi.

 Che fare in questi casi? Fuggire? Affrontare? “Sollevarsi?”

Il pericolo è come  succede al protagonista, quello di farsi fagocitare da un Odio quasi vitalizzante nella sua distruttività.

Scriveva Thomas Eliot degli uomini che non smettono mai di masticarsi dentro “quelli che all’interno hanno soltanto cavità, che si divorano dal di dentro finchè non rimane più niente, e allora vanno in giro come scheletri, involucri che camminano.”

 

Share

Nessun commento
Lascia un commento »

  1. Antico proverbio tedesco: “Die Welt ist schlecht. Jeder denkt an sich. Nur Ich denk an mich” (Il mondo è cattivo. Ognuno pensa a se stesso. Solo io penso a me).
    Non è egoismo, non si dice “Ich denk nur an mich”, io penso solo a me stesso …
    Per rispondere alla domanda di Mirna: fuggire? Mai. Affrontare e sollevarsi? Sempre.
    Ho avuto una vita lavorativa molto, molto diversificata e mi sono confrontato con tantissime situazioni e persone. Non certo per merito mio ma per naturale conseguenza dei fatti vissuti ho maturato una certa esperienza. Ormai spesso per me situazioni e persone – anzi, “personaggi” – sono un dèjà vu. Perticolarmente quelli che ti dicono cosa devi fare per il tuo bene, per migliorarti, tu che sei così “peggiore”. A costoro io rispondo con una mia teoria, la teoria “del campo da tennis”: ognuno di noi sta dalla sua parte della rete e gioca la pallina come meglio ritiene. Non dirmi come devo giocarla io, non pretendere di dirmelo proprio tu, che sei il mio avversario!
    Presunzione? Diceva quel tale: “L’anno scorso avevo un difetto: ero presuntuoso. Quest’anno sono migliorato: sono perfetto”. Ed io dico: Dio ce ne scampi dai “perfetti”, dai “migliori” che dall’alto della loro condizione vogliono colpevolizzare e/o aiutare noi, poveri “peggiori” …

  2. Come condivido le tue riflessioni, caro Riccardo!
    Ancor oggi, “grandicella”, forse per la mia aria sempre un po’ di “Alice” sprovveduta (ma non lo sono) vengo catechizzata, mi si insegna a capire, mi si vuole plagiare, istruire, consigliare… Recentissima una telefonata da una mia lontana , per spazio e tempo ,”amica” che è convinta ancor oggi che io abbia bisogno delle sue spiegazioni in fatto di politica,religione, letteratura, scelte di vita…

    Tra fuggire, sollevarsi o affrontare …alla fine ho deciso di ridere. Per il momento.
    Poi prenderò”penna e calamaio” e racconterò la mia Verità. Ma mi ascolterà?

  3. Ti avevo già scritto questa mattina ma non è “passato” il messaggio. Ci riprovo perchè, come sempre, ho apprezzato la tua recensione di questo libro, così drammatico e interessante.. Certo ricorda Bernhard e non solo per il soccombente. Lo stesso B. nei suoi scritti sembra essere uno dei suoi personaggi magistrali. sono difficili le parole per dire questi sentimenti.Spesso la parte del “perdente” o di chi sembra soccombere, penso ai sommersi e ai salvati di Primo Levi per esempio, o all’ultimo magnifico romanzo “tutti gli uomini” di Mauvignier, di cui ho accennato giorni fa’, la parte di chi sembra caduto, inerme e solo, può rivelarci una luce di verità che è difficile scorgere in chi trionfa. Forse. Certo che la piccola casa editrice Zandonai pubblica spesso opere ottime.
    Ma chi può pensare che tu sia sprovveduta??? Io invece spesso sono incasinata: gli anni non contano poi tanto, si resta quelli per sempre. Un abbraccio.

  4. E’ vero, vivere nel mondo e’ problematico, me ne comincio a rendere conto solo ora che ho meno “scudi” familiari, accademici ecc. Ora ci sono io e ci sono gli altri ed e’ vero, e’ una lotta. Casualmente e’ un periodo che sento forti ondate di energia negativa intorno a me e ho difficolta’ nel gestirla. Istintivamente ho due impulsi, apparentemente opposti ma forse le due facce della stessa medaglia: ritirarmi e combattere. Insomma, e’ molto difficile per me non tenere conto degli altri.

  5. Ringrazio Riccardo per la bella e saggia immagine del campo da tennis. Bene o male la vita è così….una quotidiana partita a tennis. Aggiungo però che qualche volta sarebbe necessario saper perdere, cosa che trovo estremamente rara e difficile. Perdere non significa necessariamente soccombere, anzi, potrebbe essere magnifica occasione per crescere e trovare nuovi spazi di positività in noi stessi, nuovi inaspettati aspetti della vita che prima ci erano sconosciuti e che diventeno accessibili riuscendo a spostare lo sguardo solo un po’ più in là. Nuovi piccoli orizzonti quotidiani. Ma è dura e, non me ne voglia l’universo maschile, lo trovo particolarmente difficile soprattutto da parte dei maschietti di ogni età, che spesso sono inclini a consigliare a mamme, colleghe, amiche e mogli come dovrebbero essere per essere meno peggiori! Lo dico con un sorriso un po’ di divertimento un po’ di rassegnazione……
    Mirna sprovveduta?!?!?! Mai vista né sentita!!

  6. Che bella la citazione di Eliot…Io sono spesso influenzata dagli altri ma perchè soffro di una forma di empatia per cui quando qualcuno a cui voglio bene non sta bene , io mi porto a casa i suoi problemi che mi appesantiscono il cuore…Soffro molto per le persone vicine, i miei familiari, ma anche per quelle meno vicine… Dovrei riuscire a staccare la spina per vivere più serenamente… Ma non è sempre facile… Dovrei ritagliarmi i miei spazi, pensare meno agli altri e più a me stessa…E’ uno sforzo e la New Year’s Resolution( come la chiamano gli inglesi)che spero di applicare e che mi auguro per questo 2011… Un bacio a tutti.