COLLASSO, come le società scelgono di vivere o morire

pubblicato da: admin - 30 Maggio, 2011 @ 9:12 pm

Stasera sull’onda gioiosa del cambiamento  e con  il desiderio di ritrovare la via giusta per vivere con  buon senso e con  i valori   importanti   che da più di un decennio  sono stati trascurati da molti, lascio spazio al giovane Luigi  che ci presenta un interessante libro.

 Che bravi  e saggi questi giovani, non solo il nostro amico Luigi, ma anche quelli milanesi…

cop[1]di Jared Diamond

 

«Oggi la gran parte di noi occidentali può permettersi di condurre un’esistenza piena di sprechi. Ma in questo modo dimentichiamo che le nostre condizioni sono soggette a fluttuazioni e che potremmo non essere in grado di anticipare quando il vento cambierà. A quel punto saremo ormai troppo abituati a uno stile di vita dispendioso, per cui le uniche vie d’uscita potranno essere una drastica riduzione del nostro tenore di vita o la bancarotta».

 

Ho scelto di parlare di questo testo, oltre perché è da un po’ di tempo che non mi faccio più sentire su questo blog, anche per il motivo che fa parte del materiale che dovrò portare al mio primo esame della sessione estiva, quello di geografia.

In un mondo dove l’ambiente è sempre più in primo piano nella vita di tutti noi (un esempio fra tanti: l’eruzione di un vulcano in Islanda che rischia di nuovo di paralizzare il traffico aereo europeo), è interessante questa lettura perché ci porta molti esempi a sostegno della tesi che l’ambiente è, se non il fulcro, quantomeno una parte che ha molta importanza non solo nella vita di ognuno di noi, ma potrebbe addirittura segnare il nostro destino, e portarci appunto al collasso.

E’ questo il senso della citazione-incipit: “noi” del mondo occidentale, ricco, sviluppato, conduciamo una vita, se ci pensiamo, piena di sprechi, nella quale siamo abituati a tutto, e subito. Il problema consiste, a mio parere, nel fatto che abbiamo una visione ristretta delle cose: abbiamo sempre le dispense con un surplus di cibo, la macchina sempre con il pieno di carburante, se azioniamo l’interruttore illuminiamo una stanza, un edificio, un monumento ecc., se scriviamo una lettera o un documento e ci accorgiamo di aver fatto un errore, abbiamo sempre un nuovo foglio di carta, quando i nostri mobili sono vecchi e consumati, li cambiamo con mobilia nuova, liscia e lucente… e gli esempi potrebbero continuare. Ma non ci accorgiamo che quel surplus di cibo che abbiamo è uno spreco (perché non ci serve subito, perché miliardi di persone ne avrebbero bisogno), il carburante che fa funzionare le nostre vetture deriva da un materiale che è presto destinato a scomparire e i cui costi, anche ambientali, sono sempre maggiori, la luce che usufruiamo è prodotta sempre con lo stesso materiale da cui deriva il carburante, la carta che sfogliamo e che usiamo potrebbe derivare da foreste protette o in pericolo (le foreste sono i nostri polmoni, oltre a conservare habitat a volte sorprendenti) e il legno con cui sono prodotti i nostri mobili potrebbe derivare sempre dalle stesse foreste. Ma se l’equilibrio su cui tutto questo si basa è così altamente fragile, qual è il destino che ci aspetta? O una drastica riduzione del nostro tenore di vita, o il nostro collasso.

Abbiamo però un asso nella manica: ci sono noti degli esempi del passato, dai quali possiamo trarre insegnamento. E i cui casi sono molto interessanti.

 

Dice Diamond: «La gente mi chiede perché io abbia deciso scrivere un libro del genere. La mia risposta è che si tratta dell’argomento più affascinante che esiste. Tutti noi siamo affascinati dai tempi abbandonati Maya ormai inghiottiti dalla giungla o dalla civiltà sorta sull’Isola di Pasqua. Perché questi popoli si sono dati la pena per costruire in luoghi così remoti per poi abbandonarli o distruggerli? Ultimamente si è scoperto che lo hanno fatto per motivi ambientali […]. La questione più rilevante trattata nel libro è che non tutte le civiltà sono andate in rovina, alcune società sopravvivono a lungo perché sono riuscite a risolvere le questioni ambientali. Nel libro ci sono anche storie a lieto fine. Il libro è cautamente ottimista. Oggi quasi tutte le società odierne devono affrontare problemi ambientali. E forse possiamo imparare dal passato. Per questo ho concluso il mio libro descrivendo le diverse traiettorie possibili che potrebbe prendere la nostra cultura».

È molto affascinante, se ci pensiamo, il mistero che avvolge tuttora l’isola di Pasqua. Un’isoletta piccola, sperduta nell’oceano Pacifico, con migliaia di km di acqua prima di altra terraferma. Eppure, quel luogo all’apparenza inospitale ha ospitato sempre forme di vita umane, una vera e propria civiltà, scomparsa, oggi lo sappiamo quasi con certezza, per il suo sfruttamento massivo e omicida dell’ambiente dell’isola, una volta ricoperta di alberi, oggi rada e inospitale.

Dice ancora Diamond: «Quando l’isola venne scoperta dai cristiani questa non era che un’isola deserta e arida. Ma le statue erano sicuramente state fatte con ausilio di alberi. Il mistero è stato risolto solo grazie a scavi archeologici. Quando i polinesiani colonizzarono per la prima volta nell‘800 dopo Cristo i colonizzatori cominciarono ad abbattere gli alberi. Scendendo il numero di alberi non potevano più fare canoe per andare a pesca, la mancanza di proteine disponibili li portò anche a praticare il cannibalismo. Ma come hanno potuto ad essere così sprovveduti? Che cosa ha pensato il polinesiano che ha tagliato l’ultimo albero? Una volta ho fatto questa domanda ai miei studenti. “Forse ha pensato più lavoro meno alberi!”, ha risposto uno studente. Un altro studente ha detto: “Forse ha pensato: le future tecnologie e il progresso permetteranno di sostituire questa risorsa! Ed è comunque prematuro gridare all’allarme, non sappiamo ancora se non ci sono altri alberi in zone remote dell’isola che non ancora scoperto!”».

 

È il nascondersi dietro un dito, e le scusanti sono sempre le stesse, allora come oggi.

 

Perché si collassa?: «Insomma: perché gruppi di individui prendono decisioni palesemente insensate? Per lo stesso motivo per cui a volte un individuo prende decisioni insensate. Perché un individuo a volte non riesce a prevedere le conseguenze delle azioni ad esempio. Oppure perché non conosce un precedente che lo possa aiutare a capire. In altri casi un individuo prende decisioni disastrose perché non riconosce il problema. Ad esempio il riscaldamento globale non sta arrivando in maniera lineare, ma fluttuante. E’ stato difficile capire che nelle oscillazioni ci fosse in realtà una tendenza all’aumento della temperatura».

La chiave di volta siamo noi: il nostro comportamento, la nostra consapevolezza potrebbero essere fondamentali a far evitare il collasso del nostro pianeta, non solo della nostra società occidentale. Non corriamo di sicuro i pericoli che correva la civiltà dell’Isola di Pasqua, perché abbiamo l’informazione, il passato che ci viene in aiuto. È questo il nostro vantaggio, che dovrebbe portare tutti noi, consapevoli, ad un cauto ottimismo come Diamond. E abbiamo questo libro: leggere, leggere, leggere…

«Il mio ultimo motivo di speranza è frutto di un’altra conseguenza della globalizzazione. In passato non esistevano né gli archeologi né la televisione. Nel XV secolo, gli abitanti dell’isola di Pasqua che stavano devastando il loro sovrappopolato territorio non avevano alcun modo di sapere che, in quello stesso momento, ma a migliaia di chilometri, i vichinghi della Groenlandia e i khmer si trovavano allo stadio terminale del loro declino, o che gli Anasazi erano andati in rovina qualche secolo prima, i maya del periodo classico ancora prima e i micenei erano spariti da due millenni. Oggi, però, possiamo accendere la televisione o la radio, comprare un giornale e vedere, ascoltare o leggere cosa è accaduto in Somalia o in Afghanistan nelle ultime ore. I documentari televisivi e i libri ci spiegano in dettaglio cosa è successo ai maya, ai greci e a tanti altri. Abbiamo dunque l’opportunità di imparare dagli errori commessi da popoli distanti da noi nel tempo e nello spazio. Nessun’altra società del passato ha mai avuto questo privilegio. Ho scritto questo libro nella speranza che un numero sufficiente di noi scelga di approfittarne».Luigi Oss Papot

PS: mi sono dilungato forse troppo, ma la mia lunga assenza compensa la lunghezza del post… Ora riprendo in mano libri, ma che mi accompagneranno a quattro esami in due settimane. Ma prima preparo i bagagli: Praga aspetta me e la mia dolce metà per quattro giorni! Bon voyage à tout le monde! À bientôt!

 Luigi

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  1. Eppure quanti milioni di persone, anche nel mondo occidentale devono ancora trovare un minimo di sicurezza, una vita decente. E la speranza è che tutti gli abitanti della Terra possano uscire dalla miseria e dal dolore. La vita sulla terra pone continuamente situazioni talmente complesse e complicate che è impensabile trovare ricette ( basti pensare alla catastrofe giapponese) e ognuno deve sempre pensare di non essere diverso da nessun altro essere umano e agire di conseguenza, come meglio può. Detto questo, caro Luigi, ti ringrazio per averci ricordato Jared Diamond e le sue teorie affascinanti.

    Io però mi sento in dovere, oggi almeno, di pensare a tutte quelle persone che ieri, col loro voto, hanno dato un segnale di speranza in un cambiamento culturale del nostro Paese, dove il rispetto reciproco torni a essere un valore, il rispetto delle leggi un dovere e l’arroganza, il cinismo affaristico, il furto continuo della cosa pubblica torni a essere condannato e venga punito duramente. O no? .

  2. Caro Luigi, goditi il tuo viaggio a Praga e la dolcissima compagnia! Per il post: bravo!
    Tarzan, i fumetti in bianco e nero di 50 ani fa, la giungla misteriosa … lui che salvava gli esploratori dalle bestie feroci (?) e dai cattivi (?) cannibali … ma ormai non c’è più nulla di misterioso: male si troverebbe Salgari con i suoi “Misteri della giungla nera”! Ma quali misteri, mi faccia il piacere direbbe Totò… Eppoi, dove sono i buoni e dove i cattivi? Riflettete gente, riflettete …
    Abbiamo costruito autostrade attraverso la foresta amazzonica, abbiamo trivellato il fondo del mare (vabbè, se poi un pozzo inquina i Caraibi, sono solo “effetti collaterali” chevvoletecchesia), abbiamo invaso lo spazio dell’orso bianco, ma poi lo allontaniamo dalle nostre costruzioni con metodi incruenti, come siamo bravi!
    Per fortuna ora Germania e Svizzera hanno cominciato ad interdire il nucleare. Sappiate che in Italia si potrebbero realizzare alcune decine di migliaia (sic) di micro (micro) centrali idroelettriche, con una produzione di energia superiore a quella prodotta da 5 o 6 centrali atomiche. Ed allora, perché no? Mirna (CHE IN QUESTI GIORNI COMPIE GLI ANNI, IO E LEI SIAMO NATI NELLO STESSO ANNO MA LEI E’ MOLTO PIU’ GIOVANE DI ME, AUGURI MIRNA!) ha già un mio post sul libro “Il quinto giorno” di Frank Schaetzing, un triller ambientalistico fondato su solide basi geografiche e scientifiche, con un po’ di fantascienza dei mari, se vogliamo, ma visto che conosciamo gli abissi marini meno dell’universo, ci può stare. Luigi, te ne consiglio la lettura, dopo tutto sono solo 1027 pagine … Io oggi comunque ho pedalato per 71,5 km … il mio piccolo contributo al risparmio di benzina!
    Gute Reise für Sie beide!

  3. Purtroppo continuiamo ad inquinare, nonostante i segnali minacciosi che ci arrivano dall’informazione e non solo. D’altronde siamo stati pilotati verso il consumo e le comodità e parlo naturalmente da figlia del dopoguerra.
    In Occidente, almeno apparentemente, non siamo in guerra, ma per molti esiste ancora la guerra quotidiana per la soddisfazione del primo livello della “Piramide di Maslow”, incapaci così di poter guardare oltre.
    Grazie comunque a Luigi per la presentazione di questo libro, che ci ricorda come sia importante riflettere maggiormente sull’uso quotidiano delle ricchezze che ci vengono offerte dalla natura e mi unisco al plauso di Camilla per il segnale di speranza relativo al cambiamento culturale del nostro Paese.

  4. Il mio intervento qui sopra era stato scritto prima che fosse pubblicato quello di Camilla, quindi: Camilla, Enza, gioisco con voi per l’evoluzione culturale del Paese. Aggiungo. l’uso intelligente delle risorse naturali deve fare scuola, in tutti i campi. Siamo stati troppo abituati a mietere senza seminare. Ora dobbiamo mietere di meno e seminare di più, in tutti i campi, per le generazioni dei giovani e per quelle future. E in tutti i campi dobbiamo recuperare il senso della misura, delle proporzioni, dell’equilibrio, della dignità, della moderazione che non è quella che insulta chi la pensa diversamente o rifiuta il diverso da sè. Dobbiamo recuperare la capacità di collegare i fenomeni, di ordinare i valori nella giusta scala, dobbiamo recuperare la consapevolezza della nostra Storia, della nostra Cultura, della nostra Civiltà. Dobbiamo smettere di assuefarci, dobbiamo tornare ad indignarci e dobbiamo tornare a progettare un futuro. Dobbiamo tornare a informarci correttamente, a comunicare (altro che censura!), a leggere, riflettere e scrivere. Tutti. Leggere? In questi giorni, mio cognato Franco mi ha restituito molti libri del corso universitario di giurisprudenza che gli avevo prestato circa 45 anni fa! Un’emozione che non vi dico, a scorrere quelle pagine che – fra l’altro – citavano molte volte tale Pisapia (padre)! E quando mi è venuto fra le mani il testo di Diritto Costituzionale, ove spaziava tale Piero Calamandrei …. questi libri, le mie “sudate carte” di allora … non li ho mai amati tanto come adesso! Che sia un segnale del Destino?

  5. Che bel regalo di compleanno l’assaggio del cambiamento di pensiero! Le mie amiche milanesi felici mi hanno telefonato per raccontarmi l’entusiasmo della Piazza e dei tanti giovani presenti. Eh sì, il morale si rialza se si può respirare un’aria più “pura”.
    Ora ci aspetta l’appuntamento per il Referendum.
    E a proposito di acqua: ho tra le mani un volumetto intitolato “LA VISIONE DELL’ACQUA” Un viaggio dalla cosmogonia andina all’Italia dei beni comuni” a cura di Yaku scritto a più mani, tra cui Francesca Caprini, figlia di una mia amica. Nova Adelphi. Le chiederò di presentarcelo perchè la difesa dell’acqua è sacra . L’introduzione di Eduardo Galeano ci trascrive già in copertina alcuni versi bellissimi ” De agua somos. …El agua, sagrada, quiere ser de todos:” L’acqua deve essere di tutti.
    Ho apprezzato molto il post di Luigi al quale farà seguito uno di Riccardo. Da queste loro letture ho tratto molti spunti per le le mie lezioni di geografia ai miei alunni non vedenti.
    Ho terminato ieri considerando quanto interesse per il nostro mondo e la sua tutela c’è in molti di noi e quanto si deve conoscere, leggere, parlare e condividere.
    Aggiungo due righe sul piacere di aver conosciuto persone che pur avendo una menomazione pesante sanno vivere e rapportarsi in maniera gioiosa, allegra, curiosa.
    C., una bellissima ragazza di 30 anni, arrivava in taxi, ma si precipitava subito a toccare il mappamondo a rilievo e il plastico dell’America del Nord. Le ho fatto “fare” un viaggio in Canada… e W. più grande, con i capelli bianchi, ha voluto sapere tutto del Mississippi. Con un dito ha seguito il suo corso fino a New Orleans.
    Che ricchezza mi hanno dato!

  6. Credo che l’atto di conoscenza sia inscindibile nella sua piu’ alta accezione dall’atto d’amore. E qui sta per me la chiave: conoscere per amare o amare per conoscere. Se lo provassimo su serio saremmo gia’ una civilta’ superiore e non correremmo i rischi che da soli ci infliggiamo.
    W Milano e Napoli!

  7. @stefania Mentre conoscere non significa necessariamente amare, è possibile amare senza conoscere? O non è amore se non c’è conoscenza?E’ amore quello per il bambino della notte? Cosa è mai l’amore? “La verità, vi prego, sull’amore (Auden). Un saluto amoroso a te e Gary, amati sconosciuti.

  8. Bentornato caro Luigi e complimenti per il post… Buon viaggio e divertiti! Io sono appena tornata da una gita scolastica in Germania e a proposito di ambiente eravamo vicinissimi ad una centrale nucleare. Ho però saputo che dal 2022 la Germania, paese saggio ed “eco-friendly” le dismetterà tutte queste centrali. Mentre il pullmann ci passava vicino e vedevo con i ragazzi queste torri di cemento con nuvola minacciosa annessa, mi venivano i brividi…
    Bacione e auguri anche da qui Mirna!

  9. Giusta osservazione. Credo di intendere amore in senso piu’ filosofico che umano. O, forse in senso piu’ religioso (?) Qualcosa di molto simile e’ la “compassione” buddhista, un amore talmente lato che si sviluppa proprio sull’atto del conoscere nel senso di “prendere atto”, considerare, concepire, molte, tendenzialmente tutte le realta’ intorno a noi. C’e’ qualcosa di simile anche nella nostra tradizione cattolica anche se per me piu’ difficile da giustificare: la preghiera attraverso la clausura. Chi e’ in clausura – e ne ho avuto semi-diretta esperienza – afferma di arrivare a “concepire/conoscere” il mondo e i suoi problemi attraverso l’atto amoroso di preghiera (lascio aperta la discussione su questo tema spinoso…)
    In ogni caso non stiamo parlando di conoscenza razionale o di amore irrazionale ma di un salto cognitivo basato sull’intuizione che permette a noi umani di superare questa separazione e con essa il nostro stesso ritenerci separati dal resto della realta’ vivente.
    E certo per Auden l’intuizione era importante se come canta ci si potrebbe “illuminare d’amore” nel semplice atto di soffiarsi il naso…
    Cara Camilla, grazie per essere cosi’ stimolante!

  10. Amore? Amore … quello, bellissimo, fra ragazzini adolescenti, fra fidanzati, fra sposi, fra “vecchi sposi” … verso la natura, verso Dio (per chi ci crede, e fra questi io stesso) ma poi c’è un amore nascosto, che neanche sapete che alloggia in voi, ma che poi, in un’occasione inaspettata, sgorga improvvisamente, prorompe, si fa strada fra tanti altri sentimenti …
    S’era alla fine della guerra dei Balcani. Andavo, per la prima volta, con un gruppo di volontari trentini nella nord della Repubblica Serba di Bosnja, a Prijedor, vicino a Banja Luka, a portare soccorsi, aiuti, collaborazione alla ricostruzione di nuclei agricoli ed economici, a visitare i ragazzi che avevamo a dottato a distanza … Era estate … per fortuna avevo gli occhiali da sole … si, per fortuna, perchè piangevo, non mi vergogno di scriverlo, piangevo nel vedere case distrutte, persone con lo sguardo nel vuoto, orfani sospesi nel tempo, alla ricerca di uno sguardo, di una coperta, di un piatto di minestra, di un futuro, di una gomma per cancellare l’orrore dalla propria memoria. I campi “di raccolta”? Rispetto ai lager nazisti le sole differenze erano la mancanza delle croci uncinate, di reticolati e la promiscuità dei sessi. Il resto assomigliava troppo a quella tragedia: scuole che ospitavano batterie di letti a castello, in legno, quattro piani, e tutti lì, seduti, ad aspettare il futuro.
    Per alcuni anni ho collaborato con quel gruppo di volontari. Ogni volta tornavo a casa arricchito, io, si, arricchito di sensibilità, di capacità di amare (di amare il prossimo, ecco l’amore), di “condividere” le sofferenze altrui, cercando di dare un aiuto materiale e di affetto. Ecco, se questo sentimento fose nato in me tanti anni fa, fose avrei potuto fare di più … ma mai mi sarei immaginato “in clausura”, bensì, attivo, fra la gente, ad aiutare la gente. Le preghiere servono, certamente, ma serve anche chi è più portato all’azione, ognuno faccia la sua parte.