POST 1108 – PRIVATIZZAZIONI IN ITALIA… E NEL NOSTRO TRENTINO?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Novembre, 2013 @ 9:35 am

Detto altrimenti: trasformare una necessità statale in un’opportunità locale

Privatizzazioni all’italiana

Il Governo Centrale sta vendendo (a grosse imprese, privatizzazione all’italiana). alcuni  cespiti dello Stato. Fa cassa. Riduce il debito in linea capitale, quindi, nel tempo, riduce il volume degli interessi .

Privatizzazioni impossibili

Ma alcuni settori non si possono privatizzare, come la gestione dell’acqua, sia per la natura “strategica” del servizio sia perché così dice un referendum popolare. Altre attività producono utili, ed allora perché privatizzarle? Altre sono in perdita, ed allora chi se le comprerà mai? (A meno di scaricare il tutto sulle spalle degli utenti attraverso fortissimi aumenti tariffari). Ed allora?

Sistema misto

La soluzione potrebbe consistere nel sistema già adottato di Spa a capitale misto pubblico-privato gestite da imprenditori privati secondo le tecniche che essi – e non i funzionari pubblici – conoscono, con l’Ente Pubblico che interviene solo quale regolatore delle tariffe, della qualità dei servizi etc… Ma al riguardo il legislatore non ha adeguato in modo armonico e completo la relativa legislazione, generandosi situazioni di incertezza ad ogni livello, sia esso gestionale che giurisprudenziale e giudiziario. Un esempio? Se un sindaco “ordina” ad una Spa – di cui il suo Comune possiede la maggioranza azionaria – di applicare tariffe fallimentari, i responsabili di tale società cosa devono fare, se non dare in blocco le dimissioni? L‘alternativa sarebbe o non ubbidire, ed allora essi violerebbero l’impegno di “adeguarsi alle direttive del Comune” che è stato fatto loro sottoscrivere all’atto della loro nomina, oppure “ubbidire” e far fallire la società. No. Così non può’ andare … almeno fino a quando esistano Sindaci che non riescano a considerare le loro SpA come SpA (v. codice civile), appunto, e non come “uffici” del loro Comune. Ma torniamo alla società pubblica, interamente tale.

Privatizzazioni secondo il sistema anglosassone (e, mi auguro, prossimamente anche trentino!)

In italiano il termine “società pubblica” indica una società posseduta da un Ente Pubblico. Nel mondo anglosassone, il termine “public company” significa “società posseduta dalla collettività dei privati cittadini” e “privatizzare” si traduce con “to go public”.

Ed allora proviamo ad immaginare la situazione seguente, che ipotizziamo relativamente ad un Comune facente parte di un ambito territoriale funzionale intercomunale. Il nostro Comune non attende di essere costretto a vendere ai privati (“privatizzare”) una sua Spa entro una data fissa per ottemperare ad un probabile “dictat” legislativo, se non altro perché il prezzo della vendita scenderebbe di molto di fronte ad un compratore consapevole di tale obbligo a scadenza. Ed allora, ben prima di quel momento …

… il nostro Comune stipula con la sua Spa adeguati contratti di servizio che gli garantiscano comunque il controllo della qualità e dei costi del servizio. Indi il Comune apre il capitale della Spa ai cittadini propri ed a quelli dei Comuni confinanti, uscendo egli stesso dal capitale della sua Spa. La Spa diventa interamente privata, “dei cittadini locali” i quali sono innanzi tutto interessati ad avere servizi efficienti e a costo contenuto, più che, almeno in questa prima fase, a ricevere dividendi azionari. A quel punto i Comuni interessati si consorziano e lanciano un unico bando intercomunale per la gestione del servizio pubblico a livello unificato intercomunale con rilevanti migliorie funzionale e forti economie di scala. La Spa vi partecipa con ottime probabilità di vittoria, in quanto, essendo già operante sul territorio ne conosce ogni aspetto di criticità e di opportunità e può formulare l’offerta di gran lunga assai più tempestiva e favorevole.

Oltre a ciò, la Spa, essendo a capitale interamente privato, potrebbe liberamente operare anche al di fuori dei confini dei Comuni d’origine, partecipando a bandi pubblici lanciati da altri Comuni ed anche stipulando contratti gestionali con soggetti privati. Il suo fatturato aumenterebbe, essa potrebbe assumere altro personale locale; praticare condizioni sempre migliori ai suoi Comuni d’origine; produrre utili e ritorni fiscali ed infine distribuire dividendi ai suoi azionisti.

Un esempio? In Trentino, terra dei moltissimi Comuni di difficile reciproca fusione, stiamo già assistendo a Comuni che, per ragioni funzionali ed economiche, hanno riunificato le proprie Polizie Locali (Riva del Garda, Arco, Nago Torbole) Ed allora, gli stessi Comuni potrebbero riunificare anche la gestione della sosta e della mobilità attraverso un’unica Spa della Mobilità strutturata come sopra descritto.

In sintesi: si può ben dire “no” alla privatizzazione che preveda la cessione delle azioni di un SpA pubblica comunale dal Comune ad un singolo imprenditore privato ma si può dire “si” ad una privatizzazione che preveda un azionariato popolare, locale e diffuso. Mi pare che l’Alto Adige abbia già fatto una scelta del genere in materia di energia.

Dice … ma se i Governi (centrali e locali) non imponessero la privatizzazione? Nessun problema: nulla vieta che l’operazione descritta, utile e conveniente sotto ogni profilo, debba e possa essere ugualmente attuata. Ed allora, perché no?

Un sistema organico della mobilità, anche senza privatizzazione

Per restare in tema di mobilità (la sosta è mobilità a velocità zero), insieme alla privatizzazione o anche senza di essa, si può organizzare un “sistema di rete” fra tutte le società della sosta e arrivare alla creazione di una tessera unica della sosta, valida in tutto il territorio provinciale (e anche regionale, Bolzano per parte sua lo sta facendo!), lasciando liberi i Singoli Comuni e le singole Società di stabilire tariffe, orari e altre modalità del servizio e senza dovere necessariamente cambiare l’HW.

Così facendo, si agevolerebbe la mobilità di residenti e turisti.  Ed allora, perché no?