POPOLARISMO SOCIOLOGICO TRENTINO E IL SIGNOR VESPA BRUNO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Gennaio, 2014 @ 8:23 am

Detto altrimenti: leggiamo dentro la trasmissione del Signor Vespa Bruno.  (post 1304 – 54/2014)

Perché il Signor Vespa Bruno ha attaccato la nostra Autonomia? Ci ha attaccato solo per fare audience? In tal caso non perderei tempo a ragionarci sopra.

Oppure egli è contro ciò che essa rappresenta, e cioè la cassaforte che conserva i valori del popolarismo di Don Luigi Sturzo, l’Autonomia di Don Lorenzo Guetti (nato a Vigo Lomaso, Giudicarie esteriori) e di Don Giuseppe Grazioli? Don Guetti, fondatore della Cooperazione e dello Spirito Autonomistico secondo cui Autonomia è “partecipazione al governo della cosa pubblica” (si vedano i relativi post pubblicati nel blog: Don Guetti, post del 21.11.2012 – 1.12.2012 – 3.12.2012. 24.4.2013 — Don Grazioli, post del 1.12.2012).

(Signor Vespa Bruno, se li legga!)

Ma torniamo alla NAO, Nostra Autonomia Oggi. Oggi più che mai la nostra Autonomia non può essere – ciò che non è mai stata – cioè Comunità del rancore, chiusa in se stessa, lontana dal Paese, lontana da Bolzano, bensì sempre di più consapevole attore in un ruolo nuovo, quale intermediario e gestore del rapporto fra “flussi” e popolazione, fra “flussi” e società locale.

Essa è sempre di più il catalizzatore delle Euroregioni, ponte verso gli Stati Uniti d’Europa, quale unica dimensione geopolitica capace di far modificare – agendo insieme agli USA – l’attuale rotta di collisione del Mondo contro … se stesso!

Il territorialismo (popolare) politico trentino è “rinato” da poco, cioè è ri-nato moderno, cioè non esposto alla trappola del modello rancoroso leghista o “Loss von Bozen” quale risposta al “Loss von Trient”. Territorialismo comunitario al suo interno e verso l’Europa, lontano dal comunismo, dal capitalismo sfrenato, dal populismo antieuropeo.

Bensì esso è nato pochi anni fa come gestore del rapporto fra forze del capitale locale e forze del lavoro locale, salvo oggi essere cresciuto ed essere il gestore del rapporto fra la società locale da un lato e i flussi della politica internazionale e statale, della immigrazione, della rete, della finanza, delle multinazionali, delle culture altrui. Autonomia quindi come comunità che pensa ed opera per se stessa ed essendo anche modello di una costruenda analoga gestione a livello nazionale e internazionale.

(Signor Vespa Bruno, “mi consenta” … )

Specificando ulteriormente, Autonomia ieri come Identità, poi come Territorialità e – da oggi – come ricerca del nuovo modello di crescita, cioè di un nuovo modello di sviluppo, prima, meglio e “contro” di chi nel Paese sta cercando di superare (distruggere) le reti corte, cioè le società di mezzo, siano esse i sindacati, le associazioni di categorie, la cooperazione, i piccoli comuni, le province, le regioni, le Autonomia Locali, gli “aderenti pensanti” ai partiti. Per creare cosa, poi?

Nuovo modello di sviluppo. Si parla di Green Economy, senza sapere che essa è “semplicemente” il “capitalismo che incorpora in se’ il concetto del limite”, con il che si realizza il Bene Comune (v. post precedenti). Un sociologo argentino afferma che il nuovo modello di sviluppo si basa su “potenza” unita al “limite”. Chi è questo sociologo? Tale Papa Francesco. Altro dirvi non vo’ …

Caro Signor Vespa Bruno, anche noi abbiamo avuto un nostro Bruno, Bruno Kessler, peccato che sia morto: avrebbe saputo risponderLe ben meglio di quanto non sia stato capace io …

Appendice

Un po’ di storia: il Partito Popolare

Gennaio 1919: Don Luigi Sturzo (prete siciliano) fonda il Partito Popolare, che si differenzia dalle preesistenti organizzazioni cattoliche e religiose, proclamandosi fedele ai  rincipi del cristianesimo ma non più sotto il controllo del Vescovo/Vaticano. La precedente Unione Elettorale cattolica (ante guerra) scomparve motu proprio. L’Unione Economico Sociale fu sciolta dal Vaticano. I sindacati fondarono la Confederazione Italiana dei lavoratori, la quale, insieme alle tre Cooperative dei consumatori, dei produttori e delle banche si allearono al Partito Popolare. Il Partito Popolare condannava l’imperialismo, sosteneva la società delle nazioni e il disarmo, voleva abolire la segretezza dei trattati internazionali, voleva il suffragio universale per le donne, la proporzionale, una forte legislazione sociale, lotta all’analfabetismo, libertà di comunicazione,  lotta alla burocrazia. Tuttavia era “nazionalista” nel reclamare Dalmazia, Asia Minore, Etiopia, etc.. Andamento lavoratori iscritti: 1914, 107.000 – 1918, 162.000 – 1919, 200.000 -1920, 1.189.000 (di cui 945.000 mezzadri, piccoli proprietari, affittuari) – 1920, 2.150.000. – Iscritti ai sindacati socialisti, 750.000 (classi agricole).

(Gaetano Salvemini, “Le origni del fascismo in Italia, Lezioni di Harward” – Feltrinelli Ed.)