ESPULSI DAL PARTITO, IN MODO FORMALE O SOSTANZIALE

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 10 Marzo, 2014 @ 8:16 am

Detto altrimenti: o così o così … ovvero “Chi non la pensa come me, fuori!” (post 1437)

Josif Brodskij

Pensiero Unico. Josif Brodskij, premio Nobel russo per la letteratura, poeta e scrittore saggista, innamorato di Venezia (dove è sepolto), nella introduzione al suo libro “Il canto del pendolo”, all’interno di una prolusione a studenti universitari, raccomanda ai giovani di diffidare del pensiero unico, delle volontà uniformi, dei bilanci bene assestati, delle votazioni all’unanimità, degli eserciti compatti … se non altro perché all’interno dei grandi numeri è più facile che statisticamente si annidi il Male. Di fronte al Male, poi, invita gli studenti a non scoraggiarsi, perché il Male dedica solo parte del proprio tempo a nuocere agli altri, mentre il debole dedica alla propria difesa ogni sua energia, per cui è possibile che a trionfare sia il Bene.

Nel recente passato ci si riconduceva alle ideologie. Di sinistra e di destra. Successivamente lo scenario si è “arricchito” all’esterno, di ali estreme, e, all’interno, di centro sinistra, di centro e di centro destra. Infine, dalle alture di Genova Nervi, la calata dei Grillini, paragonabile per certi aspetti alle invasioni barbariche negli spazi lasciati liberi dalla decadenza dell’impero dei partiti tradizionali.

E noi oggi ci troviamo fra due estremi: fra il “Pensiero Troppo Unico” e il “Pensiero Troppo Multiplo”.

L’analisi critica del Pensiero Troppo Unico è abbastanza semplice (Grillo docet): sembra di essere tornati al pensiero stalinista o hitleriano: il pensiero deve diventare “cieca fede” nel pensiero del Capo, il quale ha affermato “io sono per una dittatura morbida, la mia”. Più chiaro di così …

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Più complesso è il ragionamento sui confini del “Pensiero Troppo Multiplo”, ad esempio all’interno di uno stesso partito che ancora cerca di essere concretamente democratico. Qui si verificano due situazioni:

1) in alcuni casi, viene dato ampio spazio alla esposizione delle varie tesi, si vota, si raggiunge una maggioranza, ma poi la minoranza “sconfitta” non sostiene la decisione raggiunta dalla maggioranza;

2) in altri casi, si assiste alla passerella del Pensiero Precostituito dalla maggioranza, alla minoranza interna -. che pure legittimamente esiste – non viene lasciato spazio, le votazioni sono “precostituite”.

Ecco, “a me mi” viene in mente la Democrazia di Pericle in Atene, da me più volte citata (chi ne vuole sapere di più legga “Il mondo di Atene” di Luciano Canfora; “I conti con la Storia” di Paolo Mieli; “Le origini del fascismo in Italia” – Lezioni di Harward, di Gaetano Salvemini). In Atene, città stato imperialista, si gestivano circa 250.000 sudditi. Il diritto di voto era riservato a circa 30.000 cittadini. Alle Assemblee si recavano in circa 5.000. Prendevano la parola in dieci. Decideva uno solo.

Ma io, io cosa propongo, cosa osservo? Innanzi tutti dedico la mia attenzione solo ai partiti “intermedi”, cioè a quelli in cui non vige il “Pensiero Troppo Unico”. All’interno di questi mi permetto di sotto porre all’attenzione delle lettrici e dei lettori un’unica sottolineatura: nelle riunioni assembleari, nei dibattiti, a parlare sono innanzi tutti i “big”, nel senso che “forniscono informazione” alla platea. Alla fine, se ti sei prenotato, potrai (forse) essere chiamato ad esporre il tuo pensiero solo dopo, molto dopo, quando, verso la fine della mattinata o del pomeriggio, la platea è composta da cinque o dieci eroici “resistenti”, ben che vada. Quindi, solo “informazione dai big ai molti ascoltatori non big”, e non “comunicazione fra tutti, big e non big”. “Non big”, che sono estromessi dal sistema comunicativo, cioè “espulsi di fatto”.

Cosa propongo? Che nei convegni dei Partiti (ovviamente diversi da quelli a Pensiero Troppo Unico!), sia stabilito che a parlare siano big e “non big” alternati fra di loro: un “big”, un “non big”;, un “big”, un “non big”;etc..