ERODOTO SECONDO MARIA LIA GUARDINI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Aprile, 2014 @ 1:20 pm

Detto altrimenti: lettura e commento dei classici presso la Biblioteca Comunale di Trento con la prof. Maria Lia Guardini  (post 1458)

“Certo voi … del classico (del liceo classico) …. gli snob”. Così pensavano e dicevano di noi dl Liceo Classico A. Doria i miei coetanei del “Nautico” a Genova, dove studiavo. Snob io? Io che, appassionato di mare, invidiavo loro … Io non capivo e continuo a non capire. Oggi posso affermare: i testi classici esistono anche nella traduzione italiana, e quindi sono accessibili a tutti. Sui tratta dell’evoluzione del pensiero, della continuità di questa evoluzione, di preziose testimonianze che la storia e la storia del pensiero “si ripetono” e che, se sappiamo “leggerle” esse sono veramente magistrae vitae, maestre di vita.

Nulla die sine linea, nessun giorno senza che almeno si tracci una linea, un segno, un disegno, cioè senza che ci si eserciti almeno un poco. Nel disegno e nel pensiero. Infatti, “quello il pensiero”, se non lo si “allena”, muore. E la “morte del pensiero” significa schiavitù, povertà, dittatura nella mente, nell’intelligenza, nella logica, nella libertà, nella morale e nel corpo.

Erodoto, le “Storie”. Raccontava ciò che aveva visto, cioè che gli avevano riferito, ciò che omericamente e mitologicamente immaginava, come quando attribuisce all’intervento di un dio la pioggia che spegne la pira sulla quale stava per essere immolato Creso. Erodoto, assai diverso dal (successivo) Tucidide, rigoroso cronista razional-laico del “narro solo ciò che ho visto di persona”.

Erodoto: la fortuna e la felicità. Fortunati si può essere già “durante” la vita. Felici possiamo capire di essere di essere stati solo al momento della nostra morte. Ma chi è l’uomo più felice (gli chiede il ricchissimo re Creso)? Chi, alla fine della propria vita, lascia un buon ricordo, viene onorato. Quindi non il re Creso, che è solamente molto ricco. Olbos, in greco antico, significava l’uomo in buona salute fisica, con sufficienti mezzi di sopravvivenza, che avesse visto nascere e restare vivi (questo era il punto! Restare vivi!) figli e nipoti. Olbos, l’uomo felice, il più felice: l’Ateniese Tello, la cui “fine della vita gli giunse piena di gloria”. Ma dopo il Signor Tello (incalza Creso)? Non Creso che anelava almeno al secondo posto, bensì’ i fratelli Cleobi e Bitonte i quali, in mancanza di buoi, trainarono loro stessi il carro della loro madre in occasione di una grande festa, ed alla fine morirono (per lo sforzo, n,d,r,).

Erodoto, lo storico del Nomos, della legge, del rispetto dell’autorità (quella che poi sarà la pietas romana), coltiva e comunica l’idea di un mondo governato da un ordine la cui infrazione prevede una sanzione umana o divina. Egli ci spiega l’Olbos e anche la sua degenerazione: dall’Olbos (benessere) può derivare Koros (sazietà), da cui l’Ubris (tracotanza) ed infine la vendetta.

Ma torniamo ai “ricchi e poveri”: “L’uomo ricchissimo non è più felice di chi vive alla giornata, se non ha la fortuna di terminare bene una vita goduta in ogni bene. Molti uomini straricchi sono infelici, molti di modesti mezzi sono fortunati. Chi è ricco ma infelice supera l’uomo fortunato solo in due cose: nel soddisfacimento dei desideri e nella sopportazione dei disastri. Tuttavia, l’uomo fortunato viene tenuto lontano dai disastri, è sano, senza malanni, ignaro di disgrazie, ha buona prole ed un bell’aspetto”.

Cambiando argomento: guerra o pace? (Al tempo di Erodoto questa era l’alternativa della politica). Scrive Erodoto: “Nessuno è così pazzo da preferire la guerra alla pace. Infatti in pace i figli seppelliscono i padri. In guerra, avviene il contrario”.

Narrando della battaglia delle Termopili, Erodoto ci segnale che i Greci combattevano per il loro senso del dovere, per la loro “Aretè”, senso del dovere, (la pietas romana), cioè per amor di patria, per il rispetto che portavano all’autorità civile e quindi anche a quella militare. I persiani combattevano perché spinti a frustate in prima linea dai loro capi”.

Lo so che è “roba” di 2500 anni fa, ma … raga …. riflettiamo, riflettiamo … potrà solo farci del bene (n.d.r.)

P.S.: E io? Io non sono ricco. Sono fortunato (quindi felice) in quanto ho avuto due ottimi genitori; una splendida moglie; ho visto nascere e crescere figli e nipoti; ho i mezzi sufficienti al mio mantenimento; sono in buona salute. Il bell’aspetto? Be’ … non posso certo dirmelo da solo se ce l’ho o meno …