BERLUSCONI E IL BERLUSCONISMO OVVERO LA GOETTERDAEMMERUNG

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Giugno, 2014 @ 10:08 pm

thCA7O7OR2Detto altrimenti: la caduta degli dei …

Gli dei, o almeno alcuni di essi, non vogliono proprio “cadere”. E fin qui, la cosa ci starebbe:  infatti l’opporsi a qualsiasi caduta è assolutamente comprensibile. Ma se poi uno è   realmente caduto, allora il problema diventa diverso: non tanto il “cercare di non cadere” quanto “cercare di convincere tutti gli altri che non è vero, che non sei caduto”.

Infatti, nelle frequenti  “Lettere al Direttore” (del quotidiano l’Adige) di un lettore in favore di Berlusconi  si intravede, nemmeno tanto celato, il supporto di una direttiva centrale di partito più che l’espressione di un suo singolo aderente: lo stile della scrittura, la progressione e la natura delle argomentazioni, la loro motivazione hanno un che di “troppo studiato ed organizzato” per essere espressione del singolo militante. Ma vediamo un po’ nel dettaglio.

Nelle citate  recenti lettere a firma della stessa persona, abbiamo letto nell’ordine: 1) accuse alla sinistra (“servile e golpista”); 2) un riferimento made in USA al preteso golpe contro il capo; 3) l’invito al dialogo civile fra opposte forze politiche. Comune ai tre momenti: la rivendicazione del successo di Renzi: della sconfitta di Grillo; dell’avvio delle riforme firmate Renzi (Nient’altro? N.d.r.).

Ora, dico io, vabbè voler bene alla propria figlia, vabbè cercare di stendere un tappeto rosso sotto i passi che essa si accinge a compiere per “scendere in campo”, ma “est modus in rebus: sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum”, ovvero “c’è una misura nelle cose: vi sono confini precisi oltre i quali non può sussistere il giusto” (Orazio, 65 – 8 a. C.). In altre parole: quando è troppo è troppo! E qui è davvero troppo, troppo immaginare che noi si possa essere convinti da questo immemore  funambolismo.

Goetterdaemmerung,  dicevo. La caduta degli dei. Al plurale. Infatti nel nostro caso  di “divinità” (pagane, n.d.r.) ne abbiamo due: una è Berlusconi, già caduta. L’altra è il “berlusconismo” che ancora crede e spera di sopravvivere al suo creatore (come è convinto  l’autore delle citate “Lettere”). A questa seconda “divinità” riconosco tuttavia una dote positiva: quella di nutrire la Spes, la Speranza, la quale, come dicevano i nostri progenitori antichi romani, è “ultima Dea”, l’ultima cioè nella quale “sperare”.