LA RIFORMA DEL SISTEMA DELLE CAMERE DI COMMERCIO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Ottobre, 2014 @ 5:05 am

Detto altrimenti: timeo Danaos et dona ferentes … diffido dei Greci anche quando mi offrono un dono … (figuriamoci dei Romani! N.d.r.)                             (post 1695).

La frase latina si trova nell’ Eneide (Libro II, 49) di Virgilio. Sono le parole pronunciate da Laocoonte ai Troiani per convincerli a non fare entrare il famoso cavallo di troia nella città.

1) Il progetto di riforma del sistema camerale a livello nazionale e 2) le recenti polemiche e contrapposizioni nel rinnovo delle cariche della nostra CCIAA trentina mi inducono a formulare alcune riflessioni che a mio avviso devono stare alla base di ogni ulteriore ragionamento.

A livello nazionale il Governo ha posto la riforma delle CCIAA all’interno del piano di revisione della spesa. Unioncamere, sia autonomamente che sollecitata da questa nuova attenzione governativa, sta ripensando alla propria organizzazione territoriale, relativamente alla quale sta prevedendo accorpamenti e nuova definizione delle rispettive zone di competenza di ciascun Ente periferico, unitamente all’ accentramento (a Roma) di “alcune funzioni”. Spendig review, si dice, da entrambi i soggetti.

E noi a Trento? La nostra CCIAA è regolata dalla legge che ci consente di organizzare e gestire in autonomia questa importante funzione. Tuttavia poiché “Autonomia” è null’altro che volontà, esperienza e quindi capacità di autogoverno (sulla base del presupposto che un auto-governo-direttamente-responsabile sia migliore di un tele-governo–a–distanza), ecco che noi non possiamo consentire che questo nostro diritto-dovere (l’Autonomia, appunto) si riduca alla contrapposizione fra diverse visioni nel momento del rinnovo delle cariche camerali e della loro remunerazione.

Fatte queste premesse (“e le premesse fanno parte integrante del presente ragionamento”) entro in medias res in quanto i contenuti delle riforme “romane” si articolano su tre punti sui quali in ogni caso anche noi possiamo e dobbiamo riflettere.

  1. La redifinizione dei confini della competenza camerale. Essa, stante la nostra autonomia legislativa in materia, non ci può riguardare. Infatti l’unica ridefinizione possibile sarebbe quella che dovrebbe coinvolgere Bolzano, il che ci pare al momento politicamente non ipotizzabile. Tuttavia, nei confronti di Bolzano, in luogo di una joint venture “azionaria” quale sarebbe la fusione delle due Camere, dovremmo muoverci verso una joint venture “contrattuale”, nel senso di aumentare la reciproca collaborazione ed integrazione sul piano delle singole iniziative e dello scambio delle esperienze via via maturate.
  2. L’accentramento di alcune funzioni. Anche in questo caso le funzioni camerali nelle nostre provincie cono già tutte “accentrate”, né si può immaginare – e lo cito solo per ragioni di completezza – un “accentramento al contrario” e cioè un loro parziale decentramento verso le periferie di ciascuna provincia.
  3. La riduzione dei costi, i quali, secondo Unioncamere “non devono gravare in alcuna misura sullo Stato”. E qui invece vi è anche per noi materia di discussione.

I costi sono a fronte dell’espletamento di funzioni e della prestazione di servizi. E allora iniziamo a parlare delle funzioni e dei servizi camerali, in quanto ”i costi” devono tornare ad essere semplicemente lo strumento per il perseguimento di un fine di interesse generale, e non più il fine essi stessi di ogni ragionamento.

La CCIAA si fa carico di funzioni pubbliche, quali ad esempio la tenuta dei registri degli iscritti e dei bilanci depositati, che sarebbero di competenza dello Stato. A fronte di questa sua opera, essa deve ricevere dallo Stato un compenso adeguato che le consenta quanto meno di pareggiare i costi di gestione di queste funzioni pubbliche. Non concordiamo quindi sulla affermazione di Unioncamere che “lo Stato non deve essere gravato da alcun costo”.

Vi sono poi funzioni e servizi “economici”, cioè prestazioni di tipo privatistico, quali quelle che potrebbero essere fornite da qualsiasi altra società privata di servizi. Esse sono fornite in forma diretta dal personale e dagli uffici della CCIAA o da società da essa possedute.

In ogni caso, per potere valutare la congruità dei costi e dei ricavi di questi servizi, occorre analizzare le singole unità operative, siano esse uffici della CCIAA o sue società, esaminandole per ciascun loro centro di costo e centro di profitto, magari conferendo un apposito mandato a duna società di revisione specializzata in analisi del genere. Solo dopo aver ben chiara la situazione strutturale, economica e finanziaria dell’ “ist”, cioè dell’ “essere”, ovvero della situazione attuale, potremmo avanzare proposte sul “soll”, cioè sul “dover essere”, cioè sulle possibili riforme migliorative.

Last but not least, e cioè da ultimo ma non perché sia cosa da trattare nelle “varie ed eventuali”, le diatribe circa le procedure di elezione degli organi camerali: solo per dire che sull’argomento mi riservo di tornare in un mio successivo intervento.