EDIPO A HIROSHIMA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Giugno, 2015 @ 5:38 am

Detto altrimenti: nel settantesimo anniversario della prima “bomba”  (post 2087)

Rielaborazione e regia del testo di Luigi Candoni a cura di Alfonso Masi – Con le voci di Ester D’Amato, Letizia Grassi, Giovanna Laudadio, Beatrice Ricci , Serena Tomasi, Vito Basiliana, Stefano Galetti, Mimmo Iannelli, Alfonso Masi, Luigino Mongera, Fiorenzo Pojer, Michele Tabarelli.

Iniziativa di Mirno Elena, coordinatore delle manifestazioni commemorative. Presentazione di Massimiliano Pilati, Presidente del Forum per la Pace. Nella sala n. 5 della facoltà di lettere in Via Tommaso Gar a Trento. ieri alle 17.00.

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Presidente e PM

Un processo nel quale l’imputato si dichiara colpevole, vuole essere punito (ecco il moderno Edipo) per un delitto che ritiene di avere commesso. L’imputato, il pilota Allan Darnell, al comando del bombardiere B52 che sganciò la bomba su Hiroshima (nella verità storica il protagonista del pentimento fu il ricognitore Claude Robert Eatherly che alcuni giorni prima scelse la città più adatta per il bombardamento).

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La parola all’imputato

Il senso della tragedia americana … ma no, della tragedia giapponese … nemmeno: della tragedia dell’umanità: la guerra non risolve nulla. E poi, una volta messa in moto questa valanga, nessuno può precedere quali dimensioni essa assuma, senza che – alla fine – si possano individuare i responsabili della sua escalation. Ma il dramma è duplice. della collettività e di ogni singolo individuo. L’ordine: vai, uccidi, questo è il tuo dovere, questo è l’ordine, e poi … e poi … “deus vult” Dio lo vuole tant’è che prima della missione si prega Dio che guidi i piloti, che non faccia commettere loro alcun errore.

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“Deus vult!”

Ma il singolo si pente, si ravvede, grida loro in faccia di non tirare in ballo Dio, lui non crede in un Dio che sgancia le bombe. L’imputato ha orrore di se stesso per ciò che ha fatto e ricerca una punizione per espiare il male compiuto ma il “sistema guerra” lo assolve, cerca di convincerlo che egli è semplicemente uno strumento di salvezza: infatti se è vero che la “sua” bomba ha ucciso 300.000 giapponesi, è altrettanto vero che essa ha abbreviato la durata della guerra di due anni, stimati in 2 milioni di morti e quindi il saldo è positivo di 1.700.000. La morale a peso anzi a numero.

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Areoplanini di carta

Ma insomma …  “era un ordine, tu hai solo eseguito”. Già, ma chi lo ha dato, quell’ordine? E qui inizia lo scaricabarile alla rovescia, verso l’alto, di grado superiore in grado superiore fino a quando la ricerca della responsabilità si perde nel vuoto. Nessuno è responsabile, tutti hanno eseguito una serie di ordini. Anche i gassificatori degli ebrei nei campi nazisti. L’imputato invece reclama per se’ un posto sul banco di Norimberga: “Forse un giapponese vale meno di un Ebreo?”

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La parola alla difesa

La parola alla difesa

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La guerra. La condanna della guerra, innanzi tutto della prima scintilla di guerra, in questo caso della prima guerra mondiale i cui “postumi” hanno innescato la seconda (n.d.r.).

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Ma veniamo al processo. Il presidente del tribunale superficiale, distratto: una macchietta, una parodia, sicuramente un’esagerazione a cercare – tuttavia – di rappresentare una tremenda realtà – soprattutto USA – nella quale ancora oggi si condanna legalmente alla pena di morte salvo poi, in alcuni casi, riconoscere innocente il colpevole e riabilitarlo … anzi, riabilitarne la memoria visto che tale assoluzione giunge dopo l’esecuzione della pena capitale.  Il Presidente del Tribunale che costruisce barchette ma soprattutto areoplanini di carta. Gli areoplanini … oggi si chiamano F35, ma questa è un’altra storia.

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I testimoni

Il PM, Pubblico ministero, l’accusa, altra figura parossistica: “Se non ci fossero le guerre che ne sarebbe delle fabbriche di armi e dell’industria cinematografica?” La difesa? Mai un compito più facile per l’avvocato difensore Alfonso Masi. La replica del Maggiore Darnell: “L’uomo ha venduto la sua coscienza per una coscia di pollo: io non ho paura di morire, ma di sopravvivere”. Implora ed ottiene che siano uditi i testimoni sopravvissuti: e qui gli attori hanno dato il meglio di loro stessi. Tremenda e commovente la rievocazione di alcuni passi dell’istante dell’esplosione e degli istanti after.

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Ei fu

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Con la tragedia greca si è iniziato, con il teatro (greco e) latino si finisce. Infatti ecco il “deus ex machina”, l’escamotage che risolve la situazione: il Presidente del Tribunale non dorme più. Muore. Processo interrotto, anzi nullo. Tutti a casa. L’imputato si dispera.

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Bravissimi!

Mia considerazione finale: la guerra non inizia quando viene dichiarata formalmente o iniziata di fatto, bensì quando si inizia a pensare in termini di guerra. Nel nostro recente passato – per non perdersi in una analisi storica troppo lunga che stancherebbe le mie poche lettrici e di miei pochi lettori – prendiamo le “nostre” due guerre mondiali: la prima iniziata per distrazione e superficialità e per non dispiacere alcune minoranze esaltate. La seconda, conseguenza della prima.

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Dalla conoscenza alla coscienza

Dice … ma la terza guerra mondiale, quella che stiamo vivendo, dove la metti? Già, caro “Grillo Parlante” hai ragione (e poi dicono che “Pinocchio” è un libro per ragazzi! Quando mai!?). Questa nostra terza guerra mondiale si combatte con altre armi: con le enormi disuguaglianze sociali e nell’utilizzo delle risorse; la distruzione della natura;  il predominio dell’occidente che ha depredato il sud e l’oriente del mondo; i governatori (delle banche) che comandano più dei governi; l’esportazione del colonialismo; i successivi accordi con le tirannie che sono subentrate; la ricerca di una nuova verginità attraverso l’esportazione di una improvvisa (pseudo) democrazia a suon di bombardamenti degli ex alleati; il caos che ne è derivato. Si chiama globalizzazione.

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Il vecchio B52, quattro eliche; il nuovo, otto reattori

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Come se ne esce? Cercando di analizzare con intelligenza ed onestà le vere cause di questi fenomeni e valutandone le conseguenze. La globalizzazione che stiamo vivendo, in un paio di decenni è nata e si è trasformata: da economica a politica, da politica ad armata, da armata a caotica. E il caos produce stragi, emigrazioni, immigrazioni. Ma questa è un’altra storia. Il seguito alle prossime puntate.

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Utopia? Tommaso Moro!

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Fine del post  (che poi è solo un articoletto scritto da un semplice blogger) e mi vorrei augurare anche fine di ogni guerra, di ogni tipo di guerra: militare, economica, finanziaria, alimentare, politica, sociale, religiosa, inter etnica, etc.. Un’ Utopia, la mia? Sicuramente, ma sappiate che l’Utopia non è un obiettivo irraggiungibile, bensì un obiettivo  non “ancora” raggiunto!

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P.S.: chi scrive ha prestato servizio militare nel 1969 quale S. Tenente di complemento nella Brigata Alpina Tridentina: mi devo dichiarare colpevole?

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