PAROLE IN POLITICA: DEMOCRAZIA E AUTONOMIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Dicembre, 2015 @ 6:39 am

Detto altrimenti: tentativi di riflessione …                      (post 2223)

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Don Lorenzo Milani in “Lettera ad una professoressa” scriveva che “le parole sono pietre”: maneggiate male, possono sfuggirti di mano e ferire qualcuno! Ma le parole sono anche la rappresentazione di  realtà, impressioni, volontà, etc. insomma, esistono in quanto rappresentano qualcosa.  Esse poi, in quanto tali, sono anche strumento di informazione unilaterale e di informazione reciproca ovvero di comunicazione (spesso di  sentimenti). Esse si sono “formate” nel tempo come tali. Tuttavia, nel tempo, è cambiata la “portata” del veicolo “parola”. Vediamo qualche esempio.

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La parola “demagogo”.  2500 anni fa indicava il “capo politico della fazione popolare”. Oggi essa indica chi vuole diventare capo delle folle ammaliandole con proposte strumentali e, pur di  giungere al potere, sobilla il popolo con la promessa di appagare ogni sua aspettativa.

Democrazia ieri  (demos, popolo; kratè, potere). 2500 anni fa indicava innanzi tutto  “il potere sul popolo” da cui “demokrator”, chi esercitava il potere sul popolo: quindi anche un tiranno. Solo come secondo significato la parola indicava “il potere del popolo”, ovvero un qualcosa che più si avvicina al significato odierno della parola.

Democrazia oggi. Essa è un “valore in fieri” ovvero un qualcosa cui tendere, un’utopia nel senso di un qualcosa non ancora (pienamente) realizzato. In tal senso è un bene. Ma se per contro si pretende di vederla pienamente realizzata – il che è impossibile, in quanto essa è il Bene Assoluto, e quindi non raggiungibile pienamente – si corre il rischio di cadere nella consapevolezza della sua non raggiungibilità piena e quindi di ripiegare verso il suo opposto: la dittatura che può essere “politica” o anche solo intellettuale, ovvero  “di un mono pensiero”.

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In tal senso si esprimeva Rousseau il quale pensava che la migliore forma di governo fosse quella che ponesse la legge sopra gli uomini, ma poiché egli riteneva ciò irrealizzabile, non vedeva che altro sbocco di una soluzione opposta, ovvero il dispotismo più arbitrario, solo che poi aggiungeva che avrebbe voluto che tale despota fosse Dio (1).

Da qui una considerazione attuale (“sull’attualità”): chi si sente legibus solutus cioè al di sopra delle leggi (e del pensiero altrui) di fatto è già un tiranno. E ciò avviene quando non si rispettano le leggi (illegalità immorale) o – peggio – quando ci si comporta come se le leggi non esistessero nemmeno avendo la percezione che le si stia violando (illegalità amorale).

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Ma per essere “tiranni” non occorre essere capi politici. Esiste anche una tirannia quotidiana, di piccoli atti violenti contrari al cosiddetto  “diritto dei privati”, come i comportamenti di chi non rispetta o anche solo dileggia le decisioni e le prescrizioni di una qualsiasi assemblea (ad esempio condominiale);  di chi cerca di eludere la coda davanti ad uno sportello; di chi parcheggia l’auto occupando stalli anziché uno solo; di chi, essendo addetto ad un pubblico servizio, lascia che il proprio telefono squilli per decine di minuti prima di accettare di rispondere al Cittadino; del titolista di un giornale che attraverso l’apposizione di un titolo strumentale o  tagliando il tuo scritto,o accostandogli una foro sviante, snatura la portata del tuo messaggio.

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thV2BUL2TFTornando alla Democrazia, possiamo notare come essa abbia due caratteristiche in comune con la nostra Autonomia: 1) l’essere Democrazia e Autonomia dei Beni “Comuni” in quanto entrambi “costruiti” con l’apporto iniziale di tutti. 2) L’essere anche Beni “in fieri”, in quanto utopici, ovvero Beni non “ancora” raggiunti. E quell’  “ancora” durerà sempre, il che non significa doversi arrendere di fronte all’impossibile, ma, al contrario, il dovere morale di  aumentare ogni sforzo per il suo conseguimento: quotidianamente, da parte di ognuno.

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th7AX95LOW(1) con questa citazione non sto inneggiando allo Stato teocratico, ci mancherebbe! Infatti occorre distinguere: la nostra religione è Creazione e Resurrezione. Essa poi  “ha” una morale (ad esempio il “non fare agli altri etc.”  regoletta che – fra l’altro – era già presente alcuni millenni prima nel Codice Hammurabi). Detto ciò, non è “teocrazia” apprezzare al massimo grado i contenuti assolutamente laici, quali quelli della solidarietà, della pace, dell’accoglienza, del rispetto reciproco, del rispetto della natura, dell’equa distribuzione delle risorse e della ricchezza del mondo, etc. quando essi sono alla base della “politica” di un Papa (Francesco), il quale, non dimentichiamolo è sì anche Vescovo di Roma, ma è anche a capo di uno Stato Estero quindi, sotto questa veste, anche  laico. Che poi io lo definirei Papa Chiropratico, nel senso che non solo combatte le malattie (del mondo) a, ma cerca in tutti i modi di prevenire ed impedire il loro manifestarsi.

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