PAROLE IN POLITICA: DEMOCRAZIA, MAGGIORANZA E AUTONOMIA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 21 Dicembre, 2015 @ 7:21 am

Detto altrimenti: pensando e ripensando, si affinano i concetti     (post 2226)

Le parole. Don Lorenzo Milani in “Lettera ad una professoressa” scriveva che “le parole sono pietre”: occorre maneggiarle con cura perché se ti sfuggono di mano possono fare del  male. Le parole sono anche  la rappresentazione di  realtà, impressioni, volontà, etc. insomma, esistono in quanto rappresentano qualcosa.  Esse poi, in quanto tali, sono anche strumento di informazione unilaterale e di informazione reciproca ovvero di comunicazione (spesso di  sentimenti). Esse si sono “formate” nel tempo come tali. Tuttavia, nel tempo, è cambiata la “portata” del veicolo “parola”. Vediamo qualche esempio.

La parola “demagogo”  2500 anni fa indicava il “capo politico della fazione popolare”. Oggi essa indica chi vuole diventare capo delle folle ammaliandole con proposte strumentali e, pur di  giungere al potere, sobilla il popolo con la promessa di appagare ogni sua aspettativa.

La parola Democrazia (demos, popolo; kratè, potere). 2500 anni fa indicava innanzi tutto  “il potere sul popolo” da cui “demokrator”, chi esercitava il potere sul popolo: quindi anche un tiranno. Come secondo significato (assunto dalla classe dei possidenti esclusa dal governo) la parola indicava, denunciandolo, “il potere quasi violento del popolo”. Solo successivamente il termine ha significato qualcosa che più si avvicina al significato odierno della parola.

Democrazia e maggioranza. Oggi molti associano i due concetti di  “democrazia” e “maggioranza” il che non è. Infatti noi occidentali pretendiamo di esportare nel mondo la nostra “democrazia”, che però è quella di una minoranza di paesi ricchi che utilizza la maggior parte delle risorse del pianeta a danno di una maggioranza, formata dal resto della popolazione (povera) del mondo. In realtà, la contrapposizione non è fra maggioranza e minoranza, ma fra “possidenti” e “non possidenti”.

Obiettivo di un partito politico che si ispiri ad una “democrazia sostanziale” quindi, non è (solo) aumentare il numero degli iscritti, ma aumentare il numero dei “possidenti”, ovvero il numero di coloro che ancora non possiedono – innanzi tutto – un bene strategico (= indispensabile e insostituibile): la prospettiva di un futuro dignitoso.

Democrazia oggi. Essa è un “valore in fieri” ovvero un qualcosa cui tendere, un’utopia nel senso di un qualcosa non ancora (pienamente) realizzato. In tal senso è un bene. Ma se per contro si pretende di vederla pienamente realizzata – il che è impossibile, in quanto essa è il Bene Assoluto, e quindi non raggiungibile pienamente – si corre il rischio di cadere nella consapevolezza della sua non raggiungibilità piena e quindi di ripiegare verso il suo opposto: la dittatura che può essere “politica” o anche solo “di un mono pensiero”.

In tal senso si esprimeva Rousseau il quale pensava che la migliore forma di governo fosse quella che ponesse la legge sopra gli uomini, ma poiché egli riteneva ciò irrealizzabile, non vedeva che altro sbocco di una soluzione opposta, ovvero il dispotismo più arbitrario (solo che poi – pensando a Caligola e a Nerone – aggiungeva che avrebbe voluto che tale despota fosse Dio!).

Democrazia e il suo contrario. Da qui una considerazione attuale (“sull’attualità”): chi si sente legibus solutus cioè al di sopra delle leggi, di fatto è già un tiranno. E ciò avviene quando non si rispettano le leggi (illegalità immorale) o – peggio – quando ci si comporta come se le leggi non esistessero, nemmeno avendo la percezione che le si stia violando (illegalità amorale). Ma per essere “tiranni” non è necessario essere capi politici. Infatti esiste anche una tirannia quotidiana, di piccoli atti violenti contrari al cosiddetto  “diritto dei privati”, come i comportamenti di chi non rispetta o anche solo dileggia le decisioni e le prescrizioni di una qualsiasi assemblea (ad esempio condominiale);  di chi – come Demostene – dileggiava e aggrediva chi non la pensava politicamente come lui; di chi cerca di eludere la coda davanti ad uno sportello; di chi parcheggia l’auto occupando stalli anziché uno solo; di chi, essendo addetto ad un pubblico servizio, lascia che il proprio telefono squilli per decine di minuti prima di accettare di rispondere all’utenza.

Democrazia e Autonomia. Possiamo notare come la Democrazia abbia due caratteristiche in comune con la nostra Autonomia: 1) ovvero l’essere Democrazia e Autonomia dei Beni “Comuni” in quanto entrambi “costruiti” con l’apporto iniziale di tutti. 2) L’essere due Beni “In fieri”, in quanto utopici, ovvero Beni non “ancora” raggiunti. E quell’  “ancora” durerà sempre, il che non significa doversi arrendere di fronte all’impossibile, ma, al contrario, comporta in capo ad ognuno il dovere morale di  aumentare ogni sforzo per il loro conseguimento: quotidianamente, da parte di ognuno.

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