AUTONOMIA E RAPPRESENTANZA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 4 Gennaio, 2016 @ 7:47 am

Detto altrimenti: dentro le due Parole        (post 2244)

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“No taxation without representation”, nessuna tassa può essere imposta a carico di chi non sia rappresentato politicamente: così stabilirono nel 1755 le prime 13 colonie “ribelli” USA contro la ex madrepatria GB. A me piace proporre alle lettrici ed ai lettori una interpretazione estensiva del principio: nessuna legge può essere imposta a chi non abbia contribuito alla sua nascita attraverso una ininterrotta catena della rappresentanza popolare.

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Intendiamoci: il mio non è un invito all’anarchia, ma solo il riferimento ad un processo mentale che ho “copiato” dal filosofo del diritto Hans Kelsen (nato a Praga nel 1881, naturalizzato austriaco), il quale affermava: “Per verificare un concetto, estremizzatene le conseguenze, salvo poi ricondurlo al suo significato originario” (cito fra virgolette ma a memoria: Kelsen mi scuserà!).

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Orbene, la differenza fra le regioni a Statuto Ordinario e la nostra a Statuto Speciale sta (anche) in questo: a livello statale la catena della rappresentanza si è se non interrotta almeno certamente indebolita, nel senso che il messaggio originario che lancia l’elettore (il voto), strada facendo viene modificato e quello che arriva (ovvero: la legge che ne deriva) spesso è assai difforme dall’input che lo ha originato. Ciò è dovuto a molti fattori: al sistema delle coalizioni a composizione variabile (che vivono di compromessi); al voto segreto; all’assenza del vincolo di mandato; ai premi di maggioranza, ai quorum, etc..

Accade un po’ come nel gioco infantile del “telefono”: il primo bimbo sussurra all’orecchio del secondo una parola, il secondo cerca di ripeterla al terzo e così via. L’ultimo della fila dice a tutti quale parola gli è arrivata ed essa assai spesso è totalmente diversa da quella originaria!

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Qui da noi questi fenomeni (a mio avviso distorsivi) possono anche esistere, ma la loro portata è molto, molto diluita se non altro dal “fatto dimensionale”. Infatti la limitata dimensione territoriale – è innanzi tutto un fatto fisico – fa sì che tu il “tuo” assessore, il “tuo” consigliere, il “tuo” presidente tu lo possa incontrare al bar, per strada, in molte altre occasioni, per cui puoi reclamare anche di persona il rispetto il tuo singolo, specifico  mandato (voto). Inoltre a spazi brevi corrispondono tempi brevi fra l’azione politica e i suoi effetti, per cui  la responsabilità dell’azione politica più difficilmente si “perde per strada” non potendosi diluire e nascondersi dietro i molteplici veli della serie degli anelli della catena della rappresentanza, altrove costituitì, ognuno, più spesso da “potere o responsabilità“, e solo assai più raramente da “potere unito alla responsabilità“.

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E poi c’è il principio di sussidiarietà! Che non vuol dire che occorre dare sussidi a chi ne ha bisogno, ma che “non faccia l’organo superiore ciò che può fare l’organo inferiore”. Questo principio, ove rispettato, sarebbe il migliore motore della crescita sociale e politica di ogni sistema, ed anche, lasciatelo dire ad un uomo “di azienda” qual io sono, anche di ogni SpA, nel senso che favorirebbe la crescita professionale e la responsabile autonomia ogni collaboratore, così come in politica favorisce la maturazione ed il grado della responsabile consapevolezza e del civile  auto coinvolgimento di ogni cittadino, condotto ad esercitare il suo diritto-dovere di assumere la responsabilità delle proprie decisioni.

Traduciamo: non faccia l’Europa ciò che possono fare i singoli Stati; né gli Stati ciò che possono fare le Euroregioni e via via così nei riguardi delle Regioni, delle Provincie, delle Comunità di Valle, dei Comuni, dei singoli cittadini. Anche dei cittadini … già, perché esiste anche il diritto dei privati, ovvero quella serie di norme comportamentali che i singoli dovrebbero/potrebbero autonomamente porsi, adottare rispettare senza bisogno di alcuna statuizione di legge da parte di un organo superiore. Ma questa è un’altra storia … di civiltà prima che politica.