VELA: UNA PASSIONE CHE VIENE DA LONTANO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Aprile, 2012 @ 8:44 am

Il mare dalla collina di Albaro, a Genova

Detto altrimenti: vela da mare e d’amare

C’era una volta un ragazzo, nato e cresciuto a Genova, collina d’Albaro, vista mare, ad oriente della città, là dove sorge l’Alba …, Albaro appunto, costellata di ville signorili e di ville di contadini (villan, baccan), all’interno di campi poi diventati prede di condominii di lusso.
La viabilità principale, parallela alla costa, prima fra tutte una certa Via Aurelia, tutta a seni e a golfi, per dirla con il Manzoni. Di traverso, le croexe (si ascolti Croexa de ma’, Fabrizio de Andrè), piccole stradicciole centenarie, difficilmente carrabili, strette fra muri a secco, alti, a proteggere lateralmente le ville ma aperte verso sud, a concentrare l’attenzione e lo sguardo sul mare …
Per una di quelle stradicciole ….(e ci risiamo con il Manzoni), ogni giorno, d’estate, a piedi, il ragazzo andava al mare, praticamente sua residenza estiva. Già  a casa aveva indossato il costume da bagno sotto i pantaloncini corti, per non perdere tempo nel cambiarsi, una volta arrivato sulla spiaggia.
In inverno egli osservava il mare dalla finestra di casa, saranno stati 3 km, valutandone la forza dalle pecorelle di schiuma e studiava come la tramontana riuscisse a far “navigare” sul balcone della sua cameretta il praho (veliero) malese, trimarano costruito con gli angoli prismatici delle cassette (allora di legno) della frutta, “armato” con un’unica vela quadra … un  fazzoletto.

 

Due Star “vere”

Fu quindi il turno di una sorta di Star, lft (lunghezza fuori tutto) 70 centimetri, disegno ad occhio delle ordinate, prua scolpita in legno di balsa, carena in listelli di tiglio, chiodini in ottone, stucco francese con colla per calatafare, deriva di piombo fuso fra due rivestimenti in compensato. Fiocco autovirante, boma legato al timone, navigava e virava da sola. Cantiere: oratorio parrocchiale S. Francesco d’Albaro, Genova.
Già in primavera il ragazzo agognava il primo contatto con la spiaggia e con l’acqua. Era un desiderio vissuto assai intensamente, come il ritrovare la persona amata dopo un lungo periodo di separazione. Analogamente, l’ultimo giorno della stagione estiva, talvolta protratta sino a metà ottobre, egli si rotolava nel bagnasciuga, cercando di prolungare il contatto con i sassi e l’acqua per imprimersi la loro sensazione sulla pelle e nella mente sino alla primavera successiva.

La risacca

Mare di Liguria, spesso poco ventoso in estate, tranne che per sciroccate o libecciate impetuose. Ed allora onde altre tre, quattro metri esplodevano sugli scogli, allagando l’azzurro del cielo con milioni di perle di candida schiuma. E nel bagnasciuga i ragazzi a rotolare, a levigarsi nel corpo e nello spirito, insieme ai sassi. Sassi levigati, lisci, per nulla pericolosi. L’ “arte” consisteva nel non opporsi ai frangenti, ma nell’assecondarli, nel lasciarsi portare, nel diventare parte di quell’energia. E appena planati a terra, via, di nuovo, in piedi, di corsa, a riguadagnare “il largo”, cioè quella decina di metri che avrebbe consentito una nuova planata, scrutando le onde in arrivo e avvisando tutti i compagni con un grido gioioso (“Quella, quella lì, guardate”!)  l’avvistamento dell’onda più alta della altre, con il “ventre” nero, minaccioso per chi stava a terra. Per loro, per i

Il ventre nero dell’onda

ragazzi,  un meraviglioso regalo, la prospettiva di una veloce planata. La risacca non era pericolosa: non ti trascinava al largo: ciò era dovuto alla ripida pendenza con la quale la costa si immergeva nel mare, a differenza di certe pericolose risacche di oste meno ripide, le quali, a causa della maggiore gradualità della pendenza del fondale marino, una volta che hanno “afferrato” le tue gambe, ti trascinavno al largo per lungo tratto, pericolosamente.
Con la bonaccia, il nuoto, la pesca subacquea, il canottaggio e la vela.
La vela … già, su due barche “di gruppo”: un dinghy ed un gozzo allo stabilimento balneare “Monumento” di Quarto dei Mille.

Ma come facevano a non affondare le altre barche, quelle sottili sottili con una stellina sulla randa? Non entrava acqua a bordo? E come mai non si rovesciavano?

Gozzo a vela

Il ragazzo ed i suoi amici si sentivano più sicuri sui loro praho liguri, più adatti alle loro “regate”. Tutto era permesso, anche remare o lanciarsi secchiate d’acqua. L’ importante era arrivare primi sotto bordo alla portaerei americana di turno (Forrestal, Enterprise, etc.), per scambiare, attraverso sottili cime calate dall’alto dai marinai, fiaschetti di vino con accendisigari zippo originali e berrettini militari bianchi, originali garantiti anch’essi! Ligures, commercianti nati.

 

Whisper ai Campionati Europei a Riva del Garda

Quindi, dopo le vele di Salgari, quelle dei suoi velieri giocattolo, quelle del gozzo, finalmente, alla tenera età di 46 anni, la prima vela vera: quella del Fun Whisper ITA 526, acquistato al Salone Nautico di Genova nel 1990 (e dove, sennò?) e residente insieme a lui in Trentino, Fraglia della Vela, Riva del Garda … and still going strong!
Per tre anni l’ormai ex ragazzo ha portato Whisper in vacanza al mare, d’estate, ed insieme hanno navigato dalla Toscana sino a Palau. Ora vuole portarlo in Liguria almeno per un inverno, e planare al traverso, da Genova a Punta Chiappa, con vento teso di tramontana. Che ne dite … ce la farà oggi l’ormai nonno? Per ora, Whisper abita a Riva del Garda dove veleggia anche in inverno:

Vele rivane

… qual ali che voglian migrare …

Il cielo è pulito, fa freddo.

Il Vento del nord respinge la nebbia.

Le palme e gli ulivi son scossi e muovon le foglie

qual ali che voglian migrare.

C’è Vento sul Lago da giorni.

Le cime nevose dei monti

dipingono l’aria di candidi sbuffi.

Nel porto un’orchestra.

Ascolta

Whisper, prima di salpare

tintinna di magico timpano

sartia d’acciaio

e insieme a folate impetuose

dà fiato ad un oboe solenne.

E l’onda, smorzata dal molo, applaude il concerto

lambendo gli scafi seduti in poltrona

nel proprio teatro di luci e di suoni.

In alto un gabbiano galleggia nel fiume sospeso.

Sull’acqua reali due cigni attendono il tempo.

Dal seno materno del porto si stacca una prora:

s’avanza invelata e scruta l’invito del vento.

Neve fra le vele di Whisper

Dapprima procede più lenta

poi prende vigore sull’onda che s’apre e l’accoglie

nell’umido abbraccio d’amante in attesa.

Carena sussulta si slancia

respira lo stesso respiro del cielo

e all’acqua regala la forma.

Le creste dell’onde s’uniscono all’aere in spume rapite.

Lo scafo ormai vola: e mentre ti portan sue ali

Lo senti vibrare, gioire e chiederti: “Ancòra!”.

Ma devi tornare

e volti la rotta in faccia alla furia che avverti più vera.

Il rientro, verso Nord, di bolina

Non lotta con l’onda la prora che s’alza:

l’affronta, ricerca un’intesa, la trova, procede:

la senti che parla di te con l’acqua e col vento.

 

Buon vento  a te, vela da mare e d’amare!