DEMOCRAZIA, DIRITTO, POLITICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 22 Luglio, 2018 @ 6:27 am

Detto altrimenti: qualche tentativo di riflessione fra non addetti ai lavori (me compreso!)     (post 3263)

Democrazia. Nei millenni storicamente ha assunto successivamente tre significati diversi: 1) potere del democrator, cioè del tiranno, sul popolo; 2) strapotere del popolo sulle classi ricche e nobili; 3) potere di tutto il popolo. Oggi siamo al terzo significato e cerchiamo di restarci, ragazzi, mi raccomando! Per restare dove siamo ci avvaliamo della legge, anzi del Diritto cioè dell’insieme delle leggi che traggono la loro forza e legittimazione  (validità ed efficacia) dalla norma fondamentale, cioè dalla nostra Costituzione.

Ci sentiamo garantiti da un Diritto che sia una scienza, cioè un qualcosa di oggettivo, uguale e valido per tutti, un insieme di regole simili a quelle della fisica, ambito nel quale nessuno può cambiare il verso della forza di gravità che attrae verso il basso tutto per tutti, indistintamente, o  – se preferite – nel quale nessuno può cambiare l’effetto della portanza, forza che mantiene in aria tutti i velivoli, indistintamente.

Ma la vita non è “un insieme di regole”, bensì un “insieme di comportamenti” (studiati dalla sociologia) che possono ben essere anche in contrasto con quelle regole. Ed ecco che interviene  il Diritto per correggere comportamenti deviati rispetto al Diritto stesso; e interviene la Politica per correggere eventualmente regole del Diritto inerti e/o sostanzialmente contrarie allo spirito (nel caso nostro: democratico) dell’intero nostro Sistema Diritto.

E qui sta la vera difficoltà: nello stabilire quali siano i principi ai quali la Politica deve uniformarsi: infatti, dire che sono i “diritti naturali” è molto, molto pericoloso perché la storia ha dimostrato come “a ciascuno il suo”, “non rubare”, “non desiderare la roba d’altri” – principi a difesa della proprietà privata – abbiano generato un liberismo sfrenato e quindi enormi disuguaglianze a livello planetario; ugualmente come il “tutti uguali” abbia generato il collettivismo comunista, fallimento dell’economia produttiva.

Ma oltre che dal “diritto naturale” – o peggio, divino (“Dio lo vuole”, “Got mit Uns”), la  politica può essere deviata e deviante in quanto infuenzata dall’ interesse preponderante di chi detiene il potere o di chi anela a conquistarlo. Questa forza deviante nei secoli  nulla ha  potuto contro la scienza naturale, stante il predominante interesse a che le scoperte scientifiche venissero a galla in favore dell’intera umanità. Ecco però che lo stesso positivo interesse predominante non esiste quando si tratta di arginare le invasioni del campo della democrazia da parte della politica, sino al paradosso di una Democrazia che, manovrata dalla politica, distrugga “legittimamente” se stessa.

La Politica custode della politica? Ma “quis custodiet ipsos custodes?” (chi sorveglierà i sorveglianti?) Così Giovenale (I sec. d. C.) nella sua VI Satira, fa dire ad un tale a chi gli suggeriva di mettere alcuni sorveglianti a custodia della fedeltà della moglie.

Un esempio. Supponiamo che nel nostro ordinamento giuridico, attraverso il previsto iter parlamentare, quale dichiarata volontà di instaurare una democrazia diretta (nel senso di emanazione diretta di ogni persona) venissero legittimamente introdotte le seguenti leggi: 1) referendum propositivo senza quorum; 2) obbligo di calendarizzazione dei risultati del referendum da parte del parlamento; 3) vincolo di mandato per i parlamentari. Orbene, in un sistema informatizzato, nel quale la comunicazione attraverso i media prevale su ogni contenuto; nel quale manca il tempo per la riflessione; nel quale è venuta meno la comunicazione bidirezionale, schiacciata da una informazione unidirezionale, orbene, in un tale sistema il potere è detenuto da chi detiene e gestisce la rete web, radio e TV. Ciò fa vincere le elezioni a chi manovra gli spot pubblicitari e promesse d’ogni tipo.

Inserire l’obbligo di mandato per i parlamentari sarebbe un po’ come togliere l’indipendenza di giudizio ai giudici.

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Come le pecorelle escon del chiuso / a una, a due, a tre, e l’altre stanno / timidette atterrando l’occhio e ‘l muso; / e ciò che fa la prima, e l’altre fanno, / addossandosi a lei, s’ella s’arresta, / semplici e quete, e lo ‘mperché non sanno; (Dante Alighieri, Divina Commedia, Purgatorio III, vv. 79-84)

In questa situazione,  i parlamentari eletti nulla potrebbero di fronte alla loro eventuale successiva constatazione che le premesse-promesse elettorali che li hanno fatti eleggere e nelle quali essi stessi hanno creduto non sono realizzabili e realizzate: infatti, in quanto vincolati dal vincolo di mandato, i parlamentari sarebbero trasformati in  pecorelle costrette a restare in quell’area politica, in quel partito  e a dire si, si, sempre si alle proposte/ordini dei loro “mandanti”. Se poi, ad abundantiam, 4) venisse abolita anche la possibilità del voto segreto, il gioco sarebbe completo! A questo punto, i gestori della rete potrebbero proporre qualsiasi referendum propositivo senza quorum e il parlamento dovrebbe adeguarsi a nuove leggi, frutto della volontà di poche persone. In tal caso, dove sarebbe il potere? Chi sarebbe il vero detentore (occulto, ma mica tanto!) del potere? Chi sarebbe diventato novello democrator?

Who opened the door for the democrator? /  And how come he let in the market-conquistadors? /  Why is he acting as if he has something to hide? /  The privilege of the stupid is to be taken for a ride.

Ecco che una democrazia “diretta” (nel senso: diretta, indirizzata da pochi) avrebbe legittimamente distrutto se stessa.

“Dirigere”: modo infinito di un verbo della terza coniugazione, transitivo. In quanto transitivo (io dirigo un concerto), il suo participio passato (diretto, diretta) ha sempre il significato passivo: io sono diretto. “concerto diretto da una persona, il Direttore d’Orchestra”; pugno diretto al mento, dall’avversario; etc.. Quindi “democrazia diretta” significa “democrazia diretta da qualcun altro”.

Un commento: scrive G.P.: “Se io voto Tizio perché appartenente ad un partito, non posso accettare che poi Tizio cambi casacca in quanto sarebbe tradito il mio mandato”. Rispondo: è vero, ma fra i due mali io preferisco il minore, e cioè che Tizio tradisca il mio mandato ma che io non sia governato da un democrator o da una oligarchia.

TG3 del 23 luglio ore 19,00: un esponente di uno dei due partiti dell’attuale  governo, C. Jr. afferma: “Presto non servirà più avere un Parlamento”. Subito contestata da tutti, tuttavia l’affermazione è la punta di un iceberg antidemocratico molto, molto pericoloso che svela un’inconfessabile aspirazione (o piano d’azione?).

Scrive Giovanni Soncini:

Sulla “democrazia diretta” concordo in toto con Riccardo. La democrazia diretta, già oggi e ancor più domani alimentata dal Web e dai “telefonini intelligenti” avvantaggia i pifferai, e di pifferai magici sono piene le fiabe, e non sono mai a lieto fine. Sulla TAV nella situazione attuale è improponibile un tardivo ripensamento e, ancor peggio, sospendere i lavori, pagare le relative penali e interrompere per pochi km una dorsale ferroviaria di alcune migliaia  di km che unisce Lisbona a Kiev e che, a suo tempo, abbiamo richiesto con forza e fortunatamente ottenuto passasse a sud delle Alpi per inserire il nord Italia e la sua economia nel contesto europeo. Infine, a differenza di Riccardo, io sono stato da sempre favolevole alla TAV e considero errate le posizioni di chi insiste che i livelli di traffico merci e passeggeri attuali e prevedibili non giustificano i costi e i relativi impegni. Questi discorsi li ho già sentiti a suo tempo dai detrattori dell’A1 Milano-Napoli quando sostenevano, all’inizio degli anni ’60, che i livelli di traffico automobilistico e di merci non giustificavano un’autostrada a due corsie per ogni senso di marcia e il relativo impegno finanziario. Per nostra fortuna allora non abbiamo dato retta a queste obbiezioni ed abbiamo costruito l’autostrada.