CRISI O RIPRESA?

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Dicembre, 2019 @ 12:48 pm

Detto altrimenti: due facce della stessa condizione umana   (post 3711)

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Da dove cominciare? Provo dall’esaurimento delle risorse, dal crollo della crescita, dal picco dei rifiuti. Sto leggendo un librone, “Congo” di David Van Reybrouck (giornalista belga di lingua fiamminga), un prezioso saggio storico sulla conquista, sfruttamento e distruzione delle risorse umane e materiali di quel paese. Con le risorse umane, si distruggeva un mondo, “il mondo” delle relazioni umane. Con quelle naturali, “la terra”. Solo che la terra potrà continuare ad esistere anche se noi avremo distrutto tutto il “mondo”, cioè tutti i soggetti umani e animali e le loro relazioni.

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Troppo stretti in cinque …

Dice … sono i danni provocati dalla industrializzazione, ed allora: deindustrializziamo! Al che mi viene in mente quando negli anni ’60, s’andava in auto con la famiglia d’origine: cinque persone di sana e robusta costituzione stipate in una Fiat 1200 (1221 cc, e come ci tenevamo a quei 21 cc in più!), velocità massima 147 kmh, berlina GL, che sarà pur stata Gran Luce, ma in tre sui sedili posteriori non era il massimo e di aria condizionata manco a parlarne. In estate si partiva da Genova verso il Trentino. Autostrada solo la Genova-Pavia. Poi strade statali per Lodi, Crema, Brescia e su per le valli fino al Trentino. Estate, caldo: aprite i finestrini! Tutti aperti, aria. Dopo poco: troppa aria, chiudete! Tutti chiusi, caldo. Oggi posso tradurre quella situazione in dialetto trentino: o mica o massa, o niente o troppo.

… tanto che dopo un po’ la sostituismo con questa 1500

E così invece non dovrebbe avvenire con una deindustrializzazione sfrenata, perché sarebbe pezo ‘l tacon del bus (e ci risiamo con il dialetto!) cioè, sarebbe peggio la toppa del buco che si vuole rammendare. Un esempio. Dice: decarbonizziamo! E tutti a pensare alle centrali che producono energia, senza considerare che quelle centrali sono responsabili solo del 45% dell’inquinamento: il resto è dovuto all’agricoltura e all’allevamento del bestiame. E allora non dobbiamo aprire bocca e dare fiato, ma affidarci a studi completi e professionali. Dice … ci salverà l’innovazione, l’automazione. Ok, purchè aiuti l’uomo e non lo sostituisca; purchè si gestiscano con gradualità i processi di riconversione; purchè la scuola non dia solo capacità ma anche conoscenza.

Per una di queste stradicciole …

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Leggo un brano dei Promessi Sposi: se lo so riassumere, ho capacità. Se ne so trarre considerazioni e raffronti, ho conoscenza. La capacità ci mette in grado di affrontare i lavori di oggi e solo quelli; la conoscenza ci metterà in grado di affrontare ed imparare i nuovi lavori del domani. Ed ecco che anche l’università dovrà cambiare: non più materie scientifiche dure e pure da un lato e umanistiche dall’altro. In azienda occorre anche filosofia e sociologia, per gestire l’evoluzione della mente umana e delle relazioni umane, cioè per gestire “il mondo”.

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Pista da sci sul tetto dell’inceneritore di Amsterdan, in pieno centro città

Ed ecco che dalla crisi può e deve nascere una ripresa, anche di coscienza, che ci faccia comprendere che i sudari non hanno tasche; che se continuiamo a produrre impoverendo la maggior parte degli abitanti del pianeta, se non altro non avremo chi potrà acquistare i nostri prodotti; che le risorse non sono infinite; che i rifiuti non possono e non devono essere infiniti; che l’eccessiva industrializzazione sfrenata e ottusa, può e deve essere combattuta e sconfitta da una nuova industrializzazione, questa volta intelligente, basata su azioni e processi capaci di “fare mondo” cioè di garantire coesistenza, senza che si ponga l’alternativa natura-industria, bensì coniugando la loro relazione, la loro coesistenza.

Si tratta di un passaggio culturale non da poco, diffcile lo so, ma almeno proviamoci: è nel nostro interesse!

P.S.: Ad una banca che distribuisce alti dividendi mentre si appresta a imponenti licenziamenti, mi permetto di suggerire di governare diversamente il proprio processo di riconversione, accompagnandolo con programmazione e progressività in modo da mitigarne i costi sociali.