REGOLE E PRINCIPI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 9 Marzo, 2020 @ 7:40 am

Detto altrimenti: “princìpi”, non prìncipi! Come cambia il significato per un accento!    (post 3789)

I princìpi hanno due funzioni: 1) ci inducono a prendere posizione nell’assunzione di comportamenti e valutazioni; 2) ci consentono di integrare le leggi eventualmente incomplete o generiche.

Giorgio La Pira, sindaco di Firenze, stava assegnando le case popolari secondo suoi criteri di giustizia. I suoi funzionari gli fecero osservare che la legge prevedeva un criterio diverso. Rispose: “Io assegno le case. Voi andate a cambiare la legge”. La Pira era un “uomo di princìpi” ovvero aveva e credeva in alcuni criteri contenutistici, morali e di equità che lo inducevano a prendere prioritariamente posizione di fronte a situazioni ancora indeterminate. I suoi funzionari erano persone “di regole, di legge” ovvero ubbidivano ad una legge (senza valutarne il contenuto).

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Ugualmente è persona di princìpi Greta, quella ragazzina che ha smosso il mondo intero in favore della difesa dell’ambiente.

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E quell’altra, Carola, comandante di una nave, che non ha “ubbidito” agli ordini di un nostro ministro e ha sbarcato i naufraghi.

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Ed era uomo di princìpi il nostro Alcide De Gasperi, che affermava che lo statista doveva agire per le prossime generazioni e non per le prossime elezioni. Per converso, erano “uomini di legge” i nazisti e i fascisti che ubbidivano alle loro (ahimè anche nostre!) leggi di sterminio e raziali.

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Spiacente, la procedura non lo consente!” Nell’ ‘800 il diritto dello Stato era un diritto per regole, volendo ironizzare, era un diritto per prìncipi, cioè quello elargito dal principe regnante di turno. Oggi per fortuna gli stati costituzionali moderni si sono dotati di un diritto per princìpi. Infatti, se il nostro “diritto” consistesse solo in leggi, si potrebbe affidare la funzione della giustizia ad un computer: inseriamo il fatto, emette la sentenza. I sistemi “per regole” purtroppo oggi permangono (in alcune leggi ed anche) sui piani “inferiori” della vita quotidiana: avete una necessità, vi rivolgete ad uno sportello pubblico o ad un servizio assistenza e spesso vi sentite dire che “la procedura non lo prevede, non lo consente”.

Viene da chiedersi: da dove ci derivano questi “princìpi”. Da un sentire innato, quasi naturale? Certo, ed allora ecco che i “positivisti del diritto” non accettano se non le leggi formalmente emanate e promulgate dagli organi preposti: “Guai – affermano – a cedere spazio a questo preteso diritto naturale! Noi perderemmo potere!” E invece no, guarda un po’, la Costituzione della Repubblica Italiana per nostra fortuna è ricca di princìpi, ed è tale non perché abbia ceduto il passo ad alcunchè, ma perché la nostra politica laica – cioè ricca di tante diversità politiche – nel secondo dopoguerra ha trovato un accordo nell’esprimere princìpi fondamentali all’interno di una legge della concordia, la nostra Costituzione, appunto, ricca di princìpi accettati da ogni diversa componente politica di quella fase legislativa costituente. Nel fare ciò, la Politica dell’epoca ha inoltre inteso esprimere al massimo il proprio “positivismo”: “Questi princìpi sono tali non perché derivano dalla legge naturale, ma perché li ho codificati io stessa”.

L’inganno della democrazia diretta

La DEMOCRAZIA DIRETTA, ovvero dalla democrazia alla oligarchia. Il problema sorge quando si fanno le leggi successive, che sono espressione della sola maggioranza politica di turno e che tirano per la giacca i princìpi costituzionali, fino a volere modificare la Costituzione stessa con una legge costituzionale. Queste leggi – costituzionali comprese – sono le leggi della discordia. Il danno maggiore che possono fare è aggredire la Costituzione sino a stravolgerla utilizzando il suo punto debole, e cioè il fatto che essa non esclude un percorso costituzionale per … distruggere se stessa! Un esempio? Utilizzando le procedure previste dalla Costituzione si potrebbe arrivare alla cosiddetta “democrazia diretta” e cioè a leggi emanate da pochissime persone (forse) esperte; avallate da una maggioranza di like inconsapevoli; obbligatoriamente e formalmente approvate da parlamentari completamente esautorati e per di più – non facciamoci mancare nulla! – vincolati da un bel vincolo di mandato. A questo punto la democrazia si sarebbe “mocraticamente” (cioè proprio così, “mocraticamente” ovvero a stretto rigore in modo non completamente de-mocratico!) auto trasformata in una oligarchia. Alla faccia dei migliori (ormai ex) princìpi. Ed allora, quando ti vogliono fare il “regalo” della democrazia diretta, una sorta di moderno cavallo di Troia, domandati cui prodest, cui bono, chi ci guadagna, dov’è la fregatura: piensa mal y acertars, pensa male e indovinerai, dicono in Spagna!