TITOLI IRREDIMIBILI RENDITA (NON DI DEBITO)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 5 Febbraio, 2021 @ 6:11 pm

Detto altrimenti: “Salviamo il futuro: tosatura o titoli eterni” di Gianluigi De Marchi (Consulente finanziario – demarketing2008@libero.it)        (post 4581)

Gianluigi ed io abbiamo pubblicato un libro sull’argomento, prima edizione aprile 2020, seconda edizione dicembre 2020. Gianluigi mi ha consentito di riportare qui un articolo che ha pubblicato  su un quotidiano torinese. Il contenuto ricalca quanto scritto nel libro. Mi sono permesso di aggiungere in coda un breve integrazione.

Inizia

Dopo quasi un anno dall’inizio della pandemia, il debito pubblico rischia di soffocare le prossime generazioni. Infatti lo Stato ha emesso oltre 140 miliardi di BTP, in una fase di contrazione dell’economia (il PIL a fine 2020 è sceso del 10% circa) e di contemporanea riduzione delle entrate fiscali (per la riduzione del PIL e per il rinvio della riscossione delle imposte). A fine anno il debito pubblico è arrivato a 2.600 miliardi di euro, e nel frattempo il PIL è sceso a 1.600 miliardi di euro, portando così il rapporto debito/PIL al 160%!

Il governo prevede una forte ripresa nel 2021, ma non basterà certo un anno per tornare ai livelli precedenti, e quindi bisogna fare qualcosa. Il “qualcosa” deve prevedere provvedimenti che non siano semplicemente un tampone (bonus a pioggia, ristori, rinvii di imposte e di rate dei muti, ecc.), ma un concreto intervento in investimenti. Per finanziare gli investimenti occorrono centinaia di miliardi di euro che non possono continuare a provenire da debiti, ma devono provenire da “risorse proprie”. E allora le strade sono solo due: una drastica ed una morbida.

La prima è l’introduzione di un’imposta patrimoniale. Potrebbe trattarsi di un’imposta “a raffica” su tutte le ricchezze (titoli, case, aziende), oppure di un’imposta “a macchia di leopardo” (solo i titoli, solo i depositi bancari, solo gli immobili). Potrebbe trattarsi di un’imposta “a strascico” (aliquota unica) oppure di un’imposta “progressiva” all’insegna del motto che “Chi più ha più deve dare”.

Beneficio palese per lo Stato: raccogliere cifre imponenti in un attimo (si pensi alla tosatura fatta dal governo Amato un venerdì notte, sottraendo il 6 per mille dalle giacenze sui conti correnti). Sacrificio palese per i cittadini: vedersi sottrarre parte dei risparmi per coprire il buco di bilancio. Una soluzione forzosa che scatenerebbe tensioni di vario tipo e probabilmente, colpendo anche interessi stranieri investiti in Italia, genererebbe reazioni negative sui mercati con il possibile allontanamento degli investitori istituzionali.

La seconda soluzione è il lancio di titoli irredimibili, cioè privi di scadenza, che pagano ai sottoscrittori solo un interesse annuo per l’eternità. Chi li acquista cede il proprio capitale in via definitiva allo Sato in cambio di una rendita per sé e per la sua discendenza. Per converso, lo Stato, in cambio dell’impegno a pagare la rendita, non assume alcun obbligo di rimborsare il capitale. Non essendoci un rimborso, il capitale raccolto è acquisito definitivamente dallo Stato e non costituisce debito. Da notare che i risparmiatori possono comunque recuperare in ogni momento l’investimento vendendo i titoli in Borsa.

I titoli irredimibili non sono certo una novità (sono stati emessi fin dal XVIII secolo da Stati Uniti, Inghilterra, società private e anche dall’Italia, con due serie denominate Rendita 3,5% e Rendita5%): la novità potrebbe essere costituita dall’utilizzo di diversi sistemi di calcolo della rendita. Oltre a quello tradizionale (tasso fisso), che espone il detentore al rischio d’inflazione nel tempo, si potrebbero ipotizzare tranche a tasso variabile o anche a tasso indicizzato sul PIL (una modalità nuova, denominata TRILL, di cui ha recentemente parlato l’ex ministro Tria).

Beneficio palese per lo Stato: raccogliere cifre consistenti (almeno 10 miliardi il mese) da destinare a fondo perduto alle imprese o alla realizzazione di infrastrutture. Beneficio palese per i risparmiatori: percepire una rendita infinita d’importo superiore a quello dei BTP ordinari (la mancanza di scadenza va “pagata” con un tasso un po’ superiore a quello corrente) e facoltà di ricuperare in ogni momento i soldi vendendo i titoli.

Insomma, volendo usare termini raffrontabili, la patrimoniale è un contributo forzoso, i titoli irredimibili sono un contributo volontario, una “patrimoniale temporanea” (dura finché non si vende il titolo) e “remunerata” (incasso delle cedole).

Qualcuno teme che non ci saranno sottoscrizioni? Rifletta sul fatto che in piene ferie nell’agosto 2020, Intesa San Paolo ha offerto 1,5 miliardi di titoli irredimibili ricevendo richieste per 6,5 miliardi! Speriamo che alla fine la soluzione ”volontaria” prevalga su quella “forzosa”; ne va della credibilità dell’Italia.

Finisce

Ed ecco le mie considerazioni aggiuntive

La banca citata corrisponde un interesse del 5,5% lordo (imposta 26%) il che rende molto appetibili quei titoli ma fa sorgere alcune osservazioni.

  1. La banca, a chi impresterà quei denari, dovendo applicare un tasso ancor più elevato e cioè fuori mercato? Vengo poi a sapere che quella banca è la principale finanziatrice della costruzione di una mega centrale a carbone nei Balcani.
  2. Il meccanismo descritto tende a drenare risparmio bancario per dirottarlo verso  investimenti esteri,
  3. Titoli del genere possono fare una pericolosa concorrenza ai titoli redimibili di debito dello Stato.
  4. Anche per questi motivi, conviene quindi che ad emetterli sia anche lo Stato, considerando che in tal caso la tassazione sarebbe solo del 12,5%.
  5. In parallelo, creare un Fondo immobiliare per la vendita del patrimonio immobiliate dello Stato e degli Enti Pubblici Locali, oggi non a reddito. Si tratta di alcune centinaia di miliardi.

E se ci sbagliamo, ci corigerete …

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