LE “MIE” ALLUVIONI

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 1 Giugno, 2023 @ 3:23 pm


“Mie” in quanto ne ho avuto conoscenza storica, indiretta o diretta o anche quasi subite. Fra le tante di cui ho memoria o testimonianza, ve ne racconto un paio. Io sono nato, cresciuto, studiato e sposato a Genova. Nell’autunno del 1970 un giorno mi trovano in quella che il 5 gennaio 1971 sarebbe diventata la mia casa da sposino. Pioveva. Troppo. I miei due quartieri cittadini, quello d’origine e quello “imminente”, rispettivamente Albaro e S. Martino d’Albaro, sono su due colline per cui l’alluvione non li colpì. Ma giù, nell’unica pianura cittadina, la zona della centralissima Stazione FS Brignole e Piazza della Vittoria, una delle due uniche pianure dell’intera Liguria (l’altra è la piana di Albenga), la tragedia: le colline circostanti la valle del torrente Bisagno, super costruite, super asfaltate, avevano scaricato nel torrente acqua e detriti che, in corrispondenza dei ponti ferroviari della citata stazione, avevano formato una diga la quale, ad un certo momento, cedendo improvvisamente, aveva generato l’onda assassina: circa 30 morti in città, se ricordo bene.


Da 35 anni abito a Trento, lungo l’ultima parte del torrente Fersena, che poi “a me mi” piace chiamarlo in quello che ormai posso definire el me dialet: la Fersena. Il torrente scende dalla Valle dei Mocheni, la Mochental, l’unica valle tedesca del Trentino, e dopo 35 km di corsa, a Trento, si getta nell’Adige. In quella valle, nel secolo scorso, v’erano molte miniere e i minatori, per costruirsi case e ricoveri e per riscaldarsi, erano soliti disboscare la montagna. Con la pioggia, l’acqua non più frenata dai boschi, si riversava nella Fersena provocando via via, fino a Trento, dannose alluvioni. I detriti ghiaiosi arrivarono a formare, in città, una zona ghiaiosa, quella dell’attuale quartiere “Ghiaie”.


Come si è posto rimedio? In un recente passato storico, con il rimboschimento dei versanti montuosi; la creazione di “dighe” che trattenessero i detriti fluviali; la deviazione del corso urbano della Fersena, imbrigliata a Trento in poderosi argini, uno dei quali è proprio il “mio” Viale Trieste, la splendida passeggiata cittadina sulla quale si affaccia il condominio nel quale vivo. Oggi, con l’accurata manutenzione del suo alveo. Per saperne di più, suggerisco di leggere il libro qui sotto, nel quale è stata inserita la mia poesia “Il canto di Trento a la Fersena”, che vi riporto qui di seguito:


Il Canto di Trento a la Fersena

Sei vivo.
Mi parli col suono di luce
dei tuoi mille occhi di rivo
splendenti nel verde.
Dapprima
mi sembri annoiato
nel lento rigiro
che sempre conduce
al tuo limitato infinito
eletta dimora
di anatre urbane
ed aironi
in morbide anse di steli
ov’acqua
fra ‘l fiore che odora
con tenue sospiro si perde.
Ma ecco
improvviso
uno slancio
al pari del cervo brunito
che hai visto saltar le tue rive
braccato dal cane
ed hai ristorato
offrendoti invito alla sete
ed alle corse un po’ schive
del giovane re incoronato.
Ancora …
hai negli occhi il ricordo
di una prudente marmotta
del falco
che lento
si libra nel cielo in agguato …
di un movimento …
di vita che lotta …
di tenero nido violato.
Tu nasci ove aria rinfresca.
Poi …
scendi la cima
scoscesa di valle tedesca
qual liquido velo nuziale
che adorni la Sposa Atesina
e rechi in pianura
la figlia del suolo innevato
i fulgidi pesci d’opale
il tenue lenzuolo
che dona ristoro all’arsura
di ninnula cuna
il manto di brezza
che stendi alla luna
ed olezza.
E dolce assopisci il bambino
cantandogli la ninna nanna
che i monti ti hanno affidato.
Tu sei Poesia
il capolavoro scolpito
del grande Pittore Trentino
che ascolto
rapito all’oblìo
insieme alle fronde
degli ippocastani
che sopra le spalle
ti fan capolino ondeggiando
e curioso
protendono il volto
sull’armonioso spartito
del tuo gorgoglio.
Ma ora prosegui il tuo viaggio
e mentre ricevi altre sponde
le mie vecchie mura imperiali
riflesse
ti rendono omaggio
più belle pe’ i grandi regali
che porti di piccole onde.