MIA LETTERA ODIERNA AL DIRETTORE DEL QUOTIDIANO iLT- TRENTO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 18 Aprile, 2024 @ 3:49 pm

Egregio Direttore,

mi riferisco alla Sua intervista a Cino Serrao, coautore insieme a Marco Pugliese del saggio “L’industria italiana del XX° e XXI° secolo. Visionari e giganti” di cui ampiamente a pag. 2 del quotidiano ilT del 18 aprile. Il saggio è dedicato soprattutto al made in Italy, “terzo brand mondiale dopo Coca Cola e Microsoft”. Io mi soffermo su un singolo passaggio, ovvero sull’ipotesi formulata dagli Autori della costituzione di un

Fondo Sovrano di 1000 miliardi, per “rilanciare gli investimenti strategici e gestire il debito pubblico”.

Come è noto, i Fondi Sovrani sono creati da paesi che dispongono di una grande liquidità, mentre il nostro paese ha un debito pubblico crescente di circa 2.800 miliardi: sorge quindi la domanda su come detto Fondo sarebbe alimentato.

Quanto a fare ricorso alla ricchezza finanziaria privata, pari a circa 5.000 miliardi di cui circa 1.700 nei depositi bancari, mi chiedo: si intenderebbe convogliarla a detto fondo in maniera forzosa? In tal caso, ci sarebbe il rischio della fuga all’estero dei capitali o, peggio, verso investimenti in criptovalute. In ogni caso, la ricchezza privata “catturata” dal Fondo Sovrano aumenterebbe il debito pubblico.

In alternativa, anche a prescindere dalla creazione di un Fondo Sovrano, come da me scritto nel 2020 insieme a Gianluigi De Marchi nel libro “Ricostruire la finanza” e più volte ricordato anche sul Suo giornale, il Tesoro potrebbe emettere Titoli Irredimibili Rendita ad un rendimento maggiore di quello dei titoli di debito, in sostituzione volontaria delle tranche di titolo di debito pubblico in scadenza, oltre a nuove emissioni. Ove queste emissioni – sostitutive e nuove – escludessero espressamente il diritto al loro riscatto, i titoli emessi potrebbero essere formalmente classificati non più di debito, bensì di rendita. Conseguentemente, nel primo caso avremmo una diminuzione del debito pubblico senza alcun esborso finanziario da parte del Tesoro; nel secondo caso, un aumento della liquidità del Tesoro senza alcun aumento del debito pubblico. I maggiori esborsi per tassi di rendimento più elevati sarebbero più che bilanciati dai mancati esborsi in linea capitale, per di più con tutti i benefici che deriverebbero dal miglioramento delle valutazioni internazionali sul nostro stato di salute finanziaria.

Quando l’investitore in Titoli Irredimibili volesse rientrare in possesso del capitale investito, potrebbe offrire i propri titoli in vendita alla Borsa Valori, nella quale potrebbe trovarsi come uno dei tanti compratori privati anche lo stesso Tesoro, ove esso potesse e volesse diminuire il gettito dei pagamenti per tali rendimenti. Il tasso di rendimento dei titoli irredimibili potrebbe essere in parte fisso e in parte variabile, così da mantenere il valore del titolo al livello nominale di emissione.

Ricordo che nel 2020 una grande banca italiana emise 1,5 miliardi di propri titoli irredimibili, ricevendo richieste di acquisto per ben 6 miliardi: e – si noti –  i titoli irredimibili bancari, in quanto titoli emessi da un soggetto privato,  sono a tassazione piena, mentre quelli pubblici sono a tassazione rirotta alla metà!

Ancora: emissioni di Irredimibili italiani potrebbero attrarre anche la finanza privata estera ed inoltre essere prodromi all’emissione di Titoli Irredimibili Europei, almeno da parte dei paesi “deboli” dell’UE, che potrebbero attrarre investimenti da parte dei paesi “forti”.

Resta poi da chiarire se questo Fondo Sovrano sarebbe nella autonoma disponibilità diretta del Governo o se invece sarebbe sottoposto alle leggi del Parlamento: in altre parole, se si creerebbe da parte del governo una gestione finanziaria autonoma e separata in favore di alcuni settori, privilegiati rispetto ad altri e non sottoposta al normale iter parlamentare.

Infine, sempre anche a prescindere dalla creazione di un Fondo Sovrano, altra fonte finanziaria per lo Stato sarebbe la vendita delle oltre 550.000 unità immobiliari di proprietà dello Stato per oltre 222 milioni di metri quadrati per un valore che oscillava (anno 2020) intorno ai 250 miliardi di euro: si veda documento conclusivo di una indagine conoscitiva della Commissione Finanze della Camera dedicata agli immobili pubblici. La vendita, per non creare squilibri al mercato immobiliare, sarebbe da realizzare a tranche annuali attraverso un Fondo Immobiliare (così mia op. citata, pag. 81).

Riccardo Lucatti, Finanza ed Economia mista ITALIA VIVA TRENTINO