INCONTRI – 6) MARIAPIA VELADIANO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 20 Gennaio, 2012 @ 3:43 pm

Detto altrimenti: una nuova Trentina ad honorem, il suo romanzo: “La vita accanto”

Mariapia Veladiano

Malvinni, Veladiano, Reina

“Mariapia Veladiano da Vicenza”, teologa, già professoressa, da poco Preside in una scuola di Rovereto, scrittrice al suo primo romanzo è stata meritatamente assai corteggiata e contesa a Trento. Infatti:
o ai nostri gruppi privati di lettura e culturali è indicata da Camilla Pacher;
o ha formato oggetto di lettura e commento sul blog “Tra un libro e l’altro” di Mirna Moretti (www.trentoblog.it/mirnamoretti);
o il suo romanzo ha formato oggetto di una serata di discussione da parte del Circolo l’Accademia delle Muse presieduto da Cristina Endrizzi Garbini;
o “La vita accanto” ha suggerito un viaggio a Vicenza alla scoperta dei “luoghi di Rebecca”, sulla cui scia è stato redatto un album fotografico poi donato all’Autrice;
o l’Autrice è stata invitata Trento dalla Biblioteca Comunale, con l’organizzazione di Paolo Malvinni, per una riunione condotta da Nadia Reina;
o questo “post” avrebbe dovuto essere scritto da Mirna, quale titolare del blog letterario. Tuttavia, essendo lei impossibilitata a partecipare all’incontro, ha chiesto a me di sostituirla.

Biblioteca Civica di Trento, 19 gennaio 2012, ore 17,30. Sala degli affreschi, stracolma. Mariapia Veladiano entra. Scrivere ora del suo ingresso nella sala dopo averne ascoltato le parole …  parole che hanno richiamato alla mia memoria alcuni versi …

…Ella “se ‘n vien” sentendosi laudare
benignamente d’umiltà vestuta
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare …

… infatti, così, semplicemente, portatrice di un grande messaggio, Mariapia entra e si rapporta alle persone con assoluta naturalezza,  umanità e disponibilità. Prima della conferenza le rivolgo qualche domanda:

Buongiorno Signora, sono qui per il blog ….
Sì, l’ho visto, la ringrazio, mi ha segnalato, che dire …
Niente, siamo noi a doverLe molto. Mi permette qualche domanda? Lei è di Vicenza?
Si.
“La vita accanto” è il suo primo romanzo?
E’ il primo che pubblico.
E prima?
Ho sempre scritto. Ho collaborato con una rivista “Il Regno” di Bologna, con articoli di teologia, sulla Chiesa, su Chiesa-ambiente. Come narrativa ho svolto solo attività privata. Tuttavia, ad un certo momento, ho avvertito il bisogno di un ascolto.
E l’ascolto ora posso garantirLe che ce l’ha, e come! Lei è teologa?
Si.
Allora conosce Vito Mancuso? Sa, è stato qui a Trento pochi giorni fa, in occasione del suo libro “Io e Dio”.
Non l’ho seguito. Lui è un teologo in senso pieno, ha sviluppato un pensiero teologico. Io sono solo laureata in teologia. La mia formazione è teologica ma non ho mai elaborato un pensiero teologico. La teologia mi è servita per avere uno “sguardo dal basso sul mondo”, dalla parte dei più deboli … è importante …
Come Le è venuta l’ispirazione del romanzo?
Non si sa come accadano certe cose … ovvero, le storie arrivano addosso … ci investono … io credo che questa mi sia arrivata dalla mia esperienza di scuola, dai ragazzi i quali, nel tempo, mi hanno trasmesso le loro incertezze legate alla percezione del loro stesso essere, che la pseudocultura moderna impone adeguato a rigidi canoni sociali ed estetici dai quali è molto facile essere fuori. Infatti, basta non essere alti, magri, ricchi, non essere vestiti in un certo modo, non avere certi accessori, non essere abbastanza giovani, e si è fuori. I giovani oggi hanno questa grande paura, dell’esclusione dal canone. Volendo io raccontare una storia di esclusione ho scelto l’esclusione più stupida, quella legata all’aspetto fisico, quella che trascura la vera essenza della persona umana e non tiene conto della personalità di ognuno.
Rebecca è rimasta vittima di questa concezione della vita?
Quella di Rebecca è la storia di una vita possibile comunque, di una “vita salvata”. Ciò che salva la nostra vita è che essa sia originale e che qualcuno la riconosca come importante. Se abbiamo questa fortuna, se qualcuno la riconosce come tale siamo salvi, abbiamo la nostra felicità, anche piccola, ma nostra e fondamentale. Oggi invece, purtroppo, la felicità è assoluta (denaro, bellezza, giovinezza, successo, palcoscenico a disposizione etc.) oppure c’è infelicità, non c’è vita, il che è un inganno tremendo perché condanna la stragrande maggioranza di noi a non essere nessuno, mentre invece ognuno di noi è importante: questa è la nostra vita, la nostra unica vita …
Avevo una domanda da farLe, cioè se il romanzo è autobiografico. ma ora che L’ho conosciuta di persona, ora che vedo davanti a me una bella signora ed una signora bella … la risposta l’ho già: no.
Io dico sempre che sono autobiografiche tutte le emozioni e tutti i sentimenti che si sono vissuti o che altri ci hanno trasmesso. E poi una brutta percezione di noi stessi … chi di noi non l’ha mai avuta … è una sensazione molto diffusa … quindi posso attingere anche da qui.

Monte Berico

Grazie, La lascio al suo pubblico. Non prima di averLe fatto dono di questo piccolo album di fotografie da noi scattate a Vicenza, “Viaggio in Vicenza”, durante una visita ai “luoghi di Rebecca”. L’album è firmato anche da Cristina Endrizzi e da Mirna Moretti. Non siamo riusciti a raccogliere in tempo la firma di Camilla Pacher, l’amica che ci ha segnalato la Sua opera e che ora Le presento.
Non ho parole, grazie …
Grazie a Lei, Signora.

Nel corso del successivo ampio scambio di idee fra l’Autrice, la conduttrice della riunione Nadia Reina  ed il pubblico sono emersi ulteriori spunti. Ne riferisco alcuni, in forma sintetica per ragioni di spazio.

Si tratta di un romanzo-letteratura, una storia umana quindi universale, con la quale l’Autrice si è rivelata a se stessa. Ma … qual è il Suo pubblico?
E’ un pubblico molto diversificato. Molti vi si sono riconosciuti, ciascuno in una delle tante situazioni. I miei ragazzi poi navigando su internet, prima dell’uscita del libro hanno scoperto che lo avrei pubblicato. Hanno cercato di indovinare “come va a finire”. Di fronte alla mia ovvia indisponibilità ad anticipare loro la risposta, sapete cosa hanno detto, in successione?
o Rebecca diventa bella.
o Si suicida.
o Muore di suo.
In altre parole: per loro è inaccettabile essere “fuori” dai canoni. Sono quindi particolarmente lieta che il mio libro sia stato adottato in una scuola superiore …
Ma … Rebecca diventa bella?
Si, in quanto sente che la sua vita diventa “riconosciuta” e quindi “importante”. Anche nella vita lavorativa è bello “essere riconosciuti” per quello che si fa.
Lei parla del “bel mondo e bella gente”, non di “mondo bello e gente bella”.
Sì, sono concetti diversi. Oggi alla parola bellezza vengono collegati ”abbronzatura, altezza, magrezza, giovinezza, istituti di bellezza, centri del benessere, cure dimagranti. etc.”, mentre il bello è tutt’altro. Il bello è nella profondità dell’essere di ognuno di noi. I ragazzi d’oggi sono portati a combattere ciò che è non è “bello”, che è fuori canone; sono indotti a combattere per conquistarsi ciò che è previsto dal canone. Vedono il mondo diviso in due: chi ce la fa e chi no. E ciò è terrificante. Invece, dobbiamo essere vicini a chi, accanto a noi, sembra “non farcela”, dobbiamo “vederlo” e “riconoscerlo” come persona comunque importante. Anche nel lessico, io insisto con i miei ragazzi, non voglio la “lingua del mercato”: bello – brutto, grande – piccolo, si – no. Una lingua conosciuta poco è una lingua usata male e non esprime non ciò che si desidera dire, ma solo ciò che si riesce a dire. E spesso si è fraintesi. E’ la lingua delle guerre, della non-comunicazione. Una mia allieva ha scritto in un tema: “Una donna amata si sente bella”. Ho aggiunto, a fianco: “Ogni persona amata si sente bella”.
Viene tirato in ballo anche il ruolo della famiglia.
Sì, la famiglia è importante, ma da sola non ce la può fare. Mancano asili nido, gli orari scolastici e degli uffici non tengono conto delle esigenze familiari. Si dice “politiche per la famiglia”. Si dice, si parla … appunto …
Il romanzo è la sconfitta del male.
Si, Rebecca viene “riconosciuta” e quindi si salva, raggiunge la sua “piccola” felicità. Il bene trionfa.
Poche pagine, molti capitoli, corti, a diminuire …
Spesso il non detto parla più di ciò che viene detto. Gli Ebrei della prima generazione, quelli che hanno vissuto la Shoà non ne hanno quasi mai parlato. Gli Ebrei della seconda generazione, i loro figli, la conoscono alla perfezione.
Un libro nasce due volte, quando è scritto e quando viene letto. Questo è nato tre volte, cioè anche oggi, quando viene ri-letto, grazie ai Suoi interventi.
…
Questo libro mi ha cambiato la vita, grazie
…
In questo romanzo Lei ha affidato molto agli odori e ai profumi. A parte i “profumi del paesaggio”, cioè quelli che appartengono alla natura, ve ne sono altri che si sostituiscono alle parole. A proposito del “non detto”: Rebecca, a scuola, seduta nel primo banco, “sente l’odore” della curiosità dei compagni dietro di sé. E alla fine del libro l’esplosione di un profumo narra il ri-trovamento, da parte di Rebecca, di qualcosa di cui era stata privata.
Sì, è vero. Io stessa ho una grande sensibilità olfattiva. Molto importante è un particolare. Rebecca non conosceva l’odore della mamma che l’ha sempre allontanata da sé. Ma un giorno, quando si rompe la boccetta del profumo della mamma ormai morta, Rebecca può recuperarlo come ricordo di lei.