BANCA E FINANZA PER I NON ADDETTI AI LAVORI, IN 5 PARAGRAFI (§)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 3 Gennaio, 2013 @ 10:08 pm

Detto altrimenti: è bene che questo tipo di cultura di diffonda quanto più possibile

Anacoluto manzoniano: la banca, il suo compito è raccogliere risparmio e prestare quel denaro a famiglie e imprese. Ma invece, talvolta, la banca si mette a “fare finanza in proprio”. Facciamo alcuni esempi e vediamo cosa succede (cifre e tassi sono puramente esemplificativi).

 § 1 – La banca “A” ha un suo capitale sociale (mezzi propri) di 500, raccoglie risparmio da molti soggetti (soggetti “a”) per 5000 che remunera al 3% e presta 5000 a molti atri soggetti (soggetti “b”) dai quali si fa pagare il 7%. Possiamo dire che la banca è sottocapitalizzata, perché se alcuni soggetti “b” falliscono, la banca non ha mezzi propri sufficienti per restituire comunque ai depositanti (soggetti “a”) quanto costoro le hanno affidato. Quindi occorre che gli azionisti “capitalizzino” la banca, cioè sottoscrivano e versino nelle casse della banca denaro fresco quale aumento del capitale sociale, portando i suoi mezzi propri, ad esempio, al livello di 10.000. Altrimenti la banca centrale le “revoca la licenza di caccia” (al denaro).

§ 2 – Tutto ciò non avviene se la banca (banca “B”) già ha mezzi propri per 10.000. Tuttavia anche in questo caso possono sorgere problemi, perché ferma restando la raccolta del risparmio a 5000 e il volume degli investimenti a 5000 senza che nessun soggetto “b” fallisca, può essere la banca stessa a generare direttamente perdite proprie, ad esempio “mettendosi a fare finanza” investendo 9500 in operazioni finanziarie “a rischio” (e non in operazioni familiari, commerciali o produttive) che nel breve termine le portano utili (e quindi la banca di paga “urgentemente” altissimi stipendi e premi al proprio top management), ma che dopo un paio d’anni le portano perdite per 9500, riconducendola al livello non più sostenibile della banca “A” di cui al paragrafo precedente.

§ 3 – In questo caso, in luogo della capitalizzazione di cui al primo paragrafo, a salvare l’equilibrio – e quindi l’esistenza stessa della banca e soprattutto per salvare i depositi dei risparmiatori suoi clienti – possono intervenire prestiti da parte dello Stato o di organismi europei a tassi di favore (ad esempio all’1%). La “nuova” banca (chiamiamola banca “C”) in tal modo, pagando un tasso del solo dell’1% e investendo al 7% aumenta i suoi utili che possono essere “passati a capitale”, ottenendo per questa via il necessario aumento dei mezzi propri.

Recentemente ciò è avvenuto, ma le banche non hanno prestato quel denaro a famiglie e imprese, ed hanno continuato a “fare finanza” sia pure non più su titoli a rischio.

§ 4 – Ora, se a “salvare” una banca (nell’esempio, la banca “C”) sono denari pubblici, gli enti (stato, organismi europei) che le hanno dato denari di fatto diventano suoi azionisti. E poiché quel denaro proviene dalle tasse e dalle imposte che tutti noi paghiamo, ognuno di noi diventa azionista di fatto di quella banca. Ed ecco che quindi possiamo ben pretendere che sia interrotta la prassi della corresponsione di stipendi, premi e pensioni milionarie (a livelli in ogni caso “fuori scala”, soprattutto di questi tempi!) a chi ha prodotto perdite, a chi ha reso necessario l’intervento pubblico (per salvare, in ultima analisi, i nostri stessi risparmi: in altre parole, ci siamo salvati da soli!) e a chi si arricchisce con soldi doppiamente nostri, “a prescindere”. Anche perchè se  li paghiamo tanto quando operano male, quando mai costoro saranno spronati ad operare bene?

Infatti, cittadini e imprese hanno dato due volte denari alla banca (prima depositi diretti e poi prestiti indiretti a tasso agevolato) ma la banca non ha più fatto loro credito ed ha strapagato chi ha creato perdite. Come si dice? Forse … “traditi dalla moglie e bastonati”?

§ 5 – Tutto quanto sopra (comportamenti tipo banca “C”) è avvenuto. Lo dimostra l’estrema rarefazione odierna del credito e la delibera dell’ABI, Associazione Bancaria Italiana, che impegna le banche a “non fare finanza per cinque anni”. Ma prima cosa è successo? E dopo, cosa succederà?


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