GRUPPI DI LETTURA DELLA BIBLIOTECA COMUNALE DI TRENTO

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Febbraio, 2013 @ 5:52 pm

Detto altrimenti: 700 anni dalla nascita del Boccaccio, progetto di lettura sul racconto

(le foto della riunione saranno inserite al più presto)

La Biblioteca Comunale di Trento continua nell’organizzazione dei Gruppi di Lettura. Dopo l’Iliade e l’Odissea, le tragedie e le commedie greche e latine, eccoci alla favole ed alle novelle. L’occasione è fornita dal settimo centenario della nascita del Boccaccio. Altri gruppi leggono e commentano Boccaccio, Verga, e favolisti e novellieri inglesi e tedeschi. Il “nostro” gruppo, guidato dalla Professoressa Maria Lia Guardini, si immergerà nella lettura di Esopo, Fedro, Erodoto e Apuleio.

Oggi, martedì 19 febbraio 2013, si è tenuta la prima delle quattro letture. Le tre letture successive saranno i martedì 5 e 19 marzo e 2 aprile, sempre ad ore 10.00 nella sala al primo piano adiacente alla sala degli affreschi, presso la Biblioteca Civica di Trento. Il materiale didattico sarà a disposizione da giovedì 21 marzo presso la Sala Manzoni, e quindi ogni successivo martedì nella citata sala delle riunioni.

Ed ecco cosa abbiamo imparato (e gustato, è proprio il caso di dirlo!) dalla professoressa Maria Lia Guardini

Il titolo che Lia (così chiede di essere chiamata dai “suoi” amici) vorrebbe dare al ciclo di letture è “La favola (e la novella, cioè il romanzo breve) come finto sotto-genere letterario”, favole che hanno come protagonisti gli animali; destinate ad un pubblico popolare; con una loro morale; e che al popolo si rapporta come il mito si rapportava alle classi aristocratiche e guerriere dell’antichità greco – romana.

Esòpo o Aìsopos al pari di Omero  difficile stabilirne data e luogo di nascita e come Omero opera grazie alla tradizione orale. La forma scritta è successiva, dell’età ellenistica allorquando si utilizza la diàlektos koinè (lingua comune) depurata di ogni particolarità dialettale. Testi semplici anche dal punto di vista linguistico, molto utilizzati quindi nelle scuole d’oggi per esercitarsi nella traduzione.

I testi di Esopo rappresentano il passaggio dalla tradizione orale alla forma scritta. Nel periodo “orale” (come in Omero) prevalgono le caratteristiche tipiche di ciascun individuo, descritto a secondo della propria qualità dominante. Successivamente si assiste, di favola in favola, al formarsi della società (possiamo ricordare “La fattoria degli animali” di Orwell?).

Per comprendere l’iter dei racconti di Esopo, possiamo rifarci a quanto è esposto nel “Protagora” di Platone (“Il mito e il progresso” ovvero “La storia della creazione”) là dove si narra come all’inizio il mondo fosse composto solo dagli Dei, i quali, in un secondo momento, mescolando terra e fuoco, crearono gli uomini, affidando a Prométeo e a suo fratello Epiméteo il compito di fornire agli uomini  la dùnamis, la “potenzialità”. Ora, Prométeo assegna a ciascun uomo una qualità positiva ed una negativa, per “par condicio” diremmo oggi; se sei forte, sarai lento e viceversa, tanto per capirsi. Il fratello Epiméteo, nel cui nome la particella “epì” indica una caratteristica di intensività estetica ed infantile, è portato a pensare solo al presente e per di più “consuma” tutta la sua scorta di “qualità” nella attribuzione delle stesse agli animali, nulla avanzandone per gli uomini. Caratteristica della sua distribuzione è la “disuguaglianza”, la “assoluta diversità” come caratteristica naturale (ancora oggi è così, se le banche impostano il riconoscimento esclusivo del titolare di una tessera bancomat attraverso la lettura delle impronte digitali di ognuno. L’uguaglianza sarà un valore successivo, “politico”, non naturale).

Al che il fratello Prométeo cerca di rimediare: si reca in casa di Atena che gli dà una scorta di sapere tecnico e fuoco che Prométeo utilizza per dare agli uomini la capacità di vivere insieme, cioè di acquisire l’arte politica. Infatti, prima di quel momento, gli uomini vivevano “sparpagliati” cioè non “vincoli” (come direbbe Pappagone!): ognuno pensava e si preoccupava di se stesso. Solo che spesso era preda degli animali feroci, per cui, grazie all’arte politica, l’uomo si associa, diventa più simile agli Dei e si colloca su un piano superiore rispetto a quello degli animali. Associandosi, si specializza. In tal modo si viene a creare un reciproco bisogno di ognuno rispetto ai propri simili: il guerriero ha bisogno del fabbro, il fabbro del panettiere, il panettiere del sarto, etc.. Nascono i “bisogni” e la “concorrenza” nel loro soddisfacimento.

Al che Zeus si preoccupa, chiama Ermes e lo manda presso gli uomini a distribuire loro il “rispetto reciproco” (aidòs) e la “giustizia” (dike, dikaiòs èinai tàuta pràtton, essere nel giusto nel fare ciò), cioè i vincoli che rendono possibile la convivenza civile. Ermes chiede istruzioni: devo distribuire queste qualità a caso? No, risponde Zeus, devi distribuirle a tutti, non come succede nelle altre arti, delle quali ognuno ne ha in dose diversa dall’altro. C’è una bella differenza, prosegue Zeus, se uno affermasse di essere un bravo suonatore di flauto e poi ciò risultasse non vero, viene deriso e preso per pazzo. Al contrario, nel caso di un politico, si è creduti pazzi quando, essendo politici, si dichiara di non possedere quell’arte!

Rispetto ad Omero si è compiuta una rivoluzione. In Omero l’essere (ad esempio di Achille) è uguale a ciò che (di Achille) appare. In Esopo l’essere (descritto) è diverso da ciò che appare (dalla descrizione).

Nel primo gruppo di favole ci troviamo ancora in un mondo che precede la distribuzione delle qualità. Ogni “personaggio” animale sta e vive per conto suo, le proprie caratteristiche non rispondono a bisogni, sono “estetiche”, non sono finalizzate a scopi precisi, e comunque sono un dono divino, immutabili ed incancellabili. Ne è testimonianza la favola della gatta che, innamorata di un giovanotto, riesce a farsi trasformare dagli dei in una splendida fanciulla e poi, mentre sta per godersi un momento di intimità con il giovanotto, vede passare un topo nella stanza e si lancia al suo inseguimento.

L’evoluzione seguente è il passaggio dalla diversità (positiva) alla disuguaglianza intesa come caratteristica negativa. Disuguaglianza che è generata dalla convivenza e che a sua volta genera la convivenza. Ora, alcune qualità prima molto valutate, vengono svalutare come le corna del cervo che prima erano osannate e poi rappresentano la causa della sua cattura da parte dei cacciatori e dei cani. Si passa dalla valutazione della funzione estetica alla valutazione della funzione funzionale (le gambe del cervo, sottili, poco belle ma molto funzionali nella fuga).

Si inizia a capire, da parte degli animali e degli uomini, che più di una sola qualità molto sviluppata, vale una somma di molte qualità anche meno sviluppate. Inoltre le qualità distribuite dagli Dei diventano virtù acquisibili dall’uomo, per volontà, intelligenza ed esperienza.

Passiamo a Fedro, molti anni dopo, a Roma. Schiavo liberato, alla ricerca di un mecenate che gli consentisse di vivere scrivendo e non lavorando. Con Fedro è la prima volta che la favola viene scritta. Egli aveva una altissima coscienza di sé, del proprio essere poeta (poiéo: creo, faccio), cioè creativo: consapevolmente continuatore di Esopo, consapevolmente vi aggiunge elementi nuovi, mosso da un forte spirito emulativo. Egli intende la letteratura come “universo letterario” e come “sistema di generi” (natura – e letteratura- non facit saltus, potremmo parafrasare oggi). Ridendo castigat mores, attraverso le favole è un rigoroso castigatore del costume politico romano. Sopravvive e scrive grazie alla distrazione della censura politica, peraltro molto severa verso tutti, censura che non si interessò di uno che considerava alla stregua di innocuo cantastorie.

Mentre il pensiero filosofico aristotelico si fondava sul principio della razionalità (“A” è uguale ad “A”) il pensiero e la letteratura simbolica nella quale anche le piante, gli animali e gli dei parlano, non si sviluppa sulla base della percezione del distacco del mondo reale ad quello immaginario. Vi è quindi uno “scivolamento” da un piano all’altro, che consente di dire e scrivere ciò che altrimenti sarebbe censurato dal potere.

Le conclusioni di Fedro sono pessimisticamente moraleggianti: spesso si giunge all’oppressione del debole, vittima di fictis causis, cioè di calunnie ad opera di falsi delatori. Ed ancora: impossibile è l’alleanza o il dialogo con il potente; la legge che vige è quella del più forte.

La sua morale ed il suo insegnamento vengono ripresi secoli dopo da molti, fra i quali tale Trilussa, con qualche arrangiamento: il lupo, superior, dice all’agnello che stava più in basso: “Non bere lì, non vedi che c’è un maiale che si fa il bidè? Vieni qui sopra da me, l’acqua è pulita!” E l’agnello risponde. “Grazie dell’invito. Verrò quando io avrò sete e tu non avrai fame”.

(Che altro dire se non riflettere sulle parti in neretto, rispetto alla situazione politica, antipolitica, civile, incivile e amorale di oggi?)

COMPLIMENTI, PROFESSORESSA GUARDINI … E … GRAZIE LIA, DA PARTE DI TUTTI NOI!

Fine del post

Ceterum censeo familiam Riva de possessione ILVAE deiciendam esse”, e cioè ritengo che occorra espropriare l’ILVA alla famiglia Riva, per evitare di essere costretti a scegliere fra due mali: la perdita di posti di lavoro o della salute pubblica. Il prezzo potrebbe essere corrisposto in “Monti bond Serie Speciale ILVA irredimibile 2%”, al netto delle somme trattenute per il risarcimento dei danni provocati, per l’adeguamento degli impianti, per il ripristino ambientale e per pagare gli operai anche se – nel frattempo – costretti a casa.