PER I LETTORI PIU’ BRAVI, FILOSOFI DELLA COMUNICAZIONE POLITICA

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 19 Febbraio, 2013 @ 6:17 pm

Detto altrimenti: open blog, ecco un altro contributo “esterno”. Avete presente, sulla Settimana Enigmistica, i “Cruciverba (e rebus) riservati ai solutori più bravi, quelli veramente esperti”?  Ebbene questo post inviatomi da   www.narcolessico  è riservato ai lettori più bravi, nel senso, ai filosofi della comunicazione politica … Io vi ho avvertito!

Inizia:

In odore di comunicazione. L’illusione di un ventennio afasico che si piace poeta

 

Comunicazione, cum munus e/o communis actio

“La chiosa peggiore che possiamo dare a questi ultimi vent’anni di politica italiana consisterebbe nel salutarli come un periodo in cui ci siamo perduti nel circo equestre della comunicazione. Non possiamo mentire a noi stessi in maniera più subdola.

Una tale conclusione non riflette nulla che esuli dalla presupposizione, purtroppo invalsa e prevalente, di una relazione dicotomica secca fra un “mercato marocchino” della Comunicazione, ricettacolo di ogni nefandezza, e una sorta di monolitica virtù intesa come dismissione omertosa di sè nella realtà.

A questa dicotomia va rinfacciata un’incosistenza grave, di diritto e di fatto, che le deriva dall’incapacità di spiegare come mai, storicamente, la lirica apotropaica del fattuale, cioè del dato che ci salva perché ci astiene dal dubbio sulla sua datità, abbia sempre fornito una giustificazione quasi gestaltica a chi ha voluto risolversi – non foss’altro che per l’insorgere di una crudele necessità poetica – in una comunicazione senza comunicato, in una convenienza reciproca.

Il peccato della comunicazione contrapposto alla virtù del fatto, per altro, definisce una relazione il cui carattere polemico non è morale, ma solamente percettivo. A livello morale vige, piuttosto, un nesso complementare: da un lato, non hai traccia della più sacrosanta fattualità se non grazie al fango che, comunicando, le getti sotto per dichiararne il passaggio attraverso l’orma (omertosa, certo, ma non sulla propria esistenza); dall’altro lato, i mondi fantastici provvisti dalla tua comunicazione, merci all’asta del mercato marocchino di cui sopra, non possono non incorporare sezioni o funzioni del fattuale, non essendoci data possibilità di produrre figure senza integrarvi (o senza costituirle attraverso) figure pregresse.

Gli ultimi vent’anni di politica italiana, lungi dall’essere stati il tripudio di una comunicazione dimentica del reale, possono essere letti – semplicemente – come una pessima gestione di quella relazione complementare. L’inemendabilità di questa relazione non ci avrebbe impedito di imporle un’etica; se non l’abbiamo fatto sono solo cazzi nostri. Non vi spieghereste, altrimenti, il senso, inerziale e vegetale, di afasia che vi trasmette il 90% dell’umanità, un percetto alquanto strano se fossimo – davvero – in preda a piene ed esondazioni della comunicazione.

Celata dal provvido rumore di chincaglieria prodotto dai tanti strumenti di comunicazione, la politica italiana si è pubblicamente arresa alla realtà, ha rinunciato a cambiarla, l’ha assunta come alfa e omega del proprio orizzonte. Se il Berlusconismo esprime qualcosa di più, in termini culturali, della semplice adesione alla vicenda politica di Berlusconi, questo qualcosa coincide con uno spietato realismo, filosofico e sociale, in cui chi detiene la realtà del potere impone il potere della sua realtà, senza che l’unilateralità di questa imposizione infici la solidità inconfutabile di ciò che per l’appunto impone: una realtà a tutti gli effetti e, in tutti i suoi effetti, normativa, non altrimenti operabile o riscrivibile. I discorsi affettuosi sull’ingenuità degli studenti che manifestano rivelano la profonda consapevolezza dell’ineluttabilità dell’esistente, che risuona in onda e fuori onda, on-line e off-line.

Negli ultimi vent’anni non abbiamo comunicato il mondo; abbiamo, semmai, prestato al Mondo (e ai dioscuri della sua ineludibilità) una miriade di media affinché ne apprendessimo che non valeva la pena di cambiarlo, affinché ci disinteressassimo a comunicare attorno ad esso, affinché ci volgessimo ad altro. Insomma: la comunicazione – dopo vent’anni – sarebbe una bella novità.”

Fine del post

Ceterum censeo familiam Riva de possessione ILVAE deiciendam esse”, e cioè ritengo che occorra espropriare l’ILVA alla famiglia Riva, per evitare di essere costretti a scegliere fra due mali: la perdita di posti di lavoro o della salute pubblica. Il prezzo potrebbe essere corrisposto in “Monti bond Serie Speciale ILVA irredimibile 2%”, al netto delle somme trattenute per il risarcimento dei danni provocati, per l’adeguamento degli impianti, per il ripristino ambientale e per pagare gli operai anche se – nel frattempo – costretti a casa.