LA PERMANENZA NELL’EURO NON DEVE ESSERE DECISA CON UN REFERENDUM

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 5 Marzo, 2013 @ 1:43 pm

 Detto altrimenti: by narcolessico … (http://narcolessico.wordpress.com/) ed io  approfitto dell’open blog per riposarmi un po’ …

Euro sì o Euro no? La domanda comincia ad essere posta, da più parti, con una frequenza sempre più marcata. A molti, incoraggiati dall’esito delle ultime elezioni politiche, pare che la strada più opportuna da intraprendere sarebbe quella di un referendum. Il mio invito è molto semplice: non facciamo cazzate.

L’istituto del Referendum, come riteneva il vecchio socialista Arturo Labriola, è uno strumento pericoloso, che volge l’espressione della volontà popolare verso una forma plebiscitaria, rendendola soggetta a un rischio di manipolazione che tende a privarla di potere sostanziale nella stesso momento, e nella stessa misura, in cui la dotadi potere formale.

Come tale, il referendum deve essere limitato – nel suo esercizio – alle materie rispetto alle quali sia possibile formulare un quesito non soltanto “secco” ma, per così dire, “limitato a se stesso”, capace cioè di esaurire gli effetti della risposta nel solo e precipuo ambito tracciato dalla domanda.

Aborto e Divorzio, in questo senso, mi sembrano rispondere positivamente a questi criteri.

Quesiti come quelli formulati sull’acqua, sul nucleare e sul finanziamento pubblico ai partiti – solo per citarne alcuni – tendono invece a sollecitare risposte i cui effetti “esplodono” al di là del perimetro individuato dalla scelta di valore (ad esempio, acqua pubblica vs acqua privata) e richiedono interventi legislativi di supporto per stabilizzare il quadro riconfigurato dalla consultazione referendaria.

Come faranno, ad esempio, le aziende operanti nel settore idrico a fare fronte alla mancata remunerazione del capitale investito? Un problema del genere esula dal solo e precipuo ambito tracciato dal quesito referendario e tuttavia è dischiuso, o provocato, dalla risposta che viene data al quesito stesso. Pertanto, un referendum come quello sull’acqua – in ragione degli effetti “esplosi” dalla risposta – mi sembra quantomeno improprio o, se vogliamo, non congruo.

In questa prospettiva, il quesito referendario più improbabile, inopportuno e, forse, addirittura illegittimo che si possa immaginare è quello che alcuni – purtroppo molti – vorrebbero porre sull’uscita dalla moneta unica europea, l’Euro. I temi coinvolti dagli effetti di una risposta a questo quesito sarebbero tanti e tali da suggerire che a farsi carico della faccenda sia, eventualmente, l’assemblea elettiva – vale a dire il Parlamento – il quale dispone di strumenti legislativi più articolati e capaci, per questo, di rendere conto della natura sfaccettata e articolata dell’argomento.

Non c’è iconoclastia, in fondo, che non produca un’opposta ed equivalente iconocrazia. Cerchiamo piuttosto di fare a meno di tutte le icone, di tutti i totem, di tutti gli idoli, delle abrasioni cognitive prodotte nel discorso dalle spinte rabbiose e fideistiche con cui ci illudiamo – soprattutto in tempi di crisi – di uscire dall’Europa, dalla Costituzione, da noi stessi. Da dove, in fondo, non possiamo non essere. Facciamo funzionare questa democrazia, che la nostra Costituzione articola in una forma mirabile, invidiata da mezzo mondo. Chiediamole di discutere di tutto, magari anche di se stessa. Ma chiediamole anche di farlo nelle sedi in cui ha senso che questo accada. Non al cesso.

Fine del post

Ceterum censeo familiam Riva de possessione ILVAE deiciendam esse”, e cioè ritengo che occorra espropriare l’ILVA alla famiglia Riva, per evitare di essere costretti a scegliere fra due mali: la perdita di posti di lavoro o della salute pubblica. Il prezzo potrebbe essere corrisposto in “Monti bond Serie Speciale ILVA irredimibile 2%”, al netto delle somme trattenute per il risarcimento dei danni provocati, per l’adeguamento degli impianti, per il ripristino ambientale e per pagare gli operai anche se – nel frattempo – costretti a casa.

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