LA STORIA D’ITALIA – 4) DAL FASCINO AL FASCISMO AL FASCINO (OVVERO, “ALLARME DEMOCRAZIA”)

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 23 Marzo, 2013 @ 8:36 am

Detto altrimenti: la puntata precedente la trovi al post del 12 marzo, ore 17,48

Don Luigi Sturzo

Gennaio 1919: Don Luigi Sturzo (prete siciliano) fonda il Partito Popolare.
Il Partito Popolare si differenzia dalle preesistenti organizzazioni cattoliche e religiose, proclamandosi fedele ai principi del cristianesimo. Non più sotto il controllo del vescovo/Vaticano.
La precedente Unione Elettorale cattolica (ante guerra) scomparve motu proprio.
L’Unione Economico Sociale fu sciolta dal Vaticano.
I sindacati fondarono la Confederazione Italiana dei lavoratori, la quale, insieme alle tre Cooperative dei consumatori, dei produttori e delle banche si allearono al Partito Popolare.

Il Partito Popolare condannava l’imperialismo, sosteneva la società delle nazioni e il disarmo, voleva abolire la segretezza dei trattati internazionali, voleva il suffragio universale per le donne, la proporzionale, una forte legislazione sociale, lotta all’analfabetismo, libertà di comunicazione, lotta alla burocrazia. Tuttavia era “nazionalista” nel reclamare Dalmazia, Asia Minore, Etiopia, etc..
Andamento lavoratori iscritti
1914 107.000
1918 162.000
1919 200.000
1920 1.189.000 (945.000 mezzadri, piccoli proprietari, affittuari)
1920 2.150.000 iscritti ai sindacati socialisti (750.000 classi agricole)

I liberali (anche se etichettavano come “bolscevici” anche gli scioperi del Partito Popolare) pensavano di fare del Partito Popolare un argine contro i “rossi”. Infatti Il Partito Popolare impedì al Partito Socialista di raggiungere il dominio incontrastato delle classi contadine. Tuttavia il Partito Popolare era poco presente nei grossi centri urbani e nelle campagne del meridione (primo ostacolo al suo sviluppo). Inoltre al suo interno v’era una minoranza di ricchi conservatori che finanziavano le campagne elettorali, avevano tempo di dedicarsi alla politica e amministravano banche anche corrotte, Banco di Roma in testa (secondo freno al suo sviluppo). Terzo ostacolo: la “questione romana” che la Legge delle Guarantigie (marzo 1871) non aveva risolto: e nel programma del Partito Popolare mancava il punto relativo alla piena libertà, sovranità ed indipendenza del Papa. La “fede democratica” dei leader (laici) era “vacillante”, stante anche l’ambiguo rapporto con il Vaticano. All’avvento del fascismo non pochi leader del Partito Popolare vi aderirono. I partiti di ispirazione anticlericale, eredi del risorgimento, rifiutarono il fascismo, ma allo stesso tempo ricercarono qualcosa di più laicamente democratico del Partito Popolare.

Filippo Turati

Il Partito Socialista. Il Partito Socialista “ufficiale” era stato l’unico ad opporsi alla guerra. Il partito radunò i propri sindacati nella Confederazione Generale del Lavoro, raccogliendo aderenti soprattutto nel centro-nord del paese. Nel meridione prevalevano spiriti conservatori, associazioni di ex combattenti e nazionalisti, ed il partito socialista “soffrì” al pari del partito popolare. I socialisti volevano eliminare dalla scena politica chi aveva voluto la guerra. Come prima della guerra vi erano stati interventisti e non, ora, sia pure nell’ambito di un partito e non della nazione, vi erano i “rivoluzionari” e non. I socialisti “massimalisti” volevano la rivoluzione, gli altri no, se non altro perché il paese sarebbe stato bloccato nelle sue indispensabili importazioni di carbone e grano. La “destra” socialista (Filippo Turati) aspirava ad una “rivoluzione culturale” che preparasse il proletariato ad assumere la guida politica del paese. Ma prevalse la sinistra rivoluzionaria dei “massimalisti”, offrendo il destro al nascere di quello che sarebbe stato il fascismo. Infatti sorsero numerosi, diversi “gruppi rivoluzionari” che agivano con scioperi non coordinati e comunque inconcludenti, prestandosi in tal modo alle facili critiche di tale Benito Mussolini.

Gli scioperi. In Germania, Francia ed Inghilterra gli scioperi furono ben più duri che in Italia. In Italia essi erano “moderati” in una certa misura dall’ala destra del Partito Socialista (Camillo Prampolini), che paragonava una rivoluzione cruenta ad una guerra, insistendo sulla necessità di acculturare le masse lavoratrici (con nuove scuole, biblioteche, palestre, etc.). Come al solito prevalsero i massimalisti con i loro scioperi selvaggi, sollevando per reazione contro-manifestazioni da parte del certo medio, borghese, militare e “neofascista” che sfociarono con la distruzione della sede del giornale L’Avanti ad opera del fascista Marinetti. Da Roma si intervenne per … elogiare le violenze neo fasciste (il generale caviglia, Ministro della Guerra, si congratulò con Marinetti per la difesa dello stato contro i bolscevici!).

 

 

La sinistra non reagì alla distruzione dell’Avanti se non ricostruendola. Non tentò alcun gesto di rivincita, dando prova di arrendevolezza. Gli scioperi che seguirono furono inutili ed inefficaci ostentazioni di muscoli, senza alcun obiettivo strategico. Praticamente rappresentarono il fallimento morale degli scioperanti. Il Governo punì i militari che partecipavano agli scioperi di sinistra e non quelli che partecipavano agli scioperi di destra.

Nell’area anti-socialista  si trovavano anche giovani studenti che avrebbero voluto cambiamenti ragionevoli, ma che la sinistra nel proprio giudizio etichettò come conservatori repressivi, compiendo un grave errore! In parallelo, gli operai con i loro scioperi, quanto meno ottenevano miglioramenti economici, mentre burocrati, impiegati, magistrati, intellettuali restavano fermi a livelli decisamente inferiori. Queste classi medie, sia pure declassate, non dismisero il loro ruolo e su di esse attecchì il germe del fascismo, in funzione antagonista della “bolscevica” classe operaia “rivoluzionria alla maniera massimalista”.

(continua)

P.S.: un mio commento? Anzi, due!  1) Prampolini e Turati vollero evitare la rivoluzione cruenta di sinistra, vista come un malanno al pari di una guerra. Ma altri fecero la rivoluzione di destra, la rivoluzione fascista, che prima fu come una guerra e poi fu  una guerra … 2) I giovani d’oggi, quelli di “area Grillo” … anche oggi non dobbiamo accomunare giovani in buona fede che anelano ad una “evoluzione” del sistema, con chi li sta strumentalizzando ai fini di una  “rivoluzione” che ha molto, troppo, di personale … Non facciamo che dal “fascino” di una persona si passi ad un nuovo, sostanziale  “fascismo” , basato appunto – ma questo sarebbe solo un dettaglio – sul “fascino”  anzichè sui “fasci” …