LA RES PUBLICA, LOCALE O STATALE, NON E’ UNA SPA, TUTTAVIA …

pubblicato da: Riccardo Lucatti - 26 Marzo, 2013 @ 12:23 pm

Detto altrimenti: … tuttavia, se nella cultura delle Spa c’è qualcosa di buono, perché non copiarlo anche nella gestione della res pubblica, cioè della cosa pubblica?

Navigo con la mente fra le mie esperienze di lavoro e di vita …

Caso 1 (l’altro ieri)

SpA privata. Ero responsabile del settore organizzazione, finanza, bilancio e controllo. Una volta all’anno gli azionisti ci incontravano in modo informale e ci aggiornavano sull’andamento e sulle prospettive del gruppo industriale di appartenenza. Tenendo conto di ciò, noi liberamente aggiornavamo, di anno in anno, il nostro piano aziendale di sviluppo triennale, che pertanto era definito “scorrevole”. Nel far ciò si teneva conto dell’andamento del mercato, del grado di evoluzione del nostro prodotto, della concorrenza, dell’andamento dell’inflazione, dei costo del denaro, della presumibile politiche dei dividendi, etc.. Insomma, di ogni possibile variabile.

Sulla base del piano triennale redigevamo il budget (previsione) annuale, dettagliatissimo per ogni voce statistica, di costi, ricavi, entrate ed uscite finanziarie. Ogni mese veniva verificato l’andamento della società rispetto al budget annuale. Se nel frattempo intervenivano fattori nuovi, se ne teneva conto, si modificava la strategia operativa, ma non si modificava il valore del budget, in quanto ogni scostamento da quanto noi stessi avevamo previsto, anche se dovuto ad imprevisti, sarebbe stato valutato come nostra incapacità di prevedere l’imprevedibile.

Infine, nel valutare la qualità della nostra gestione, gli Azionisti verificano nell’ordine: 1) se il budget era stato previsto bene, cioè pienamente raggiunto; 2) se il risultato economico era positivo, 3) se il risultato economico positivo era tale da remunerare l’intero capitale investito. Per cui, se a budget avevamo previsto un risultato +3 e se avevamo ottenuto un risultato +3, potevamo tuttavia essere giudicati inutili (cioè negativamente) in quanto ottimi gestori ma di una impresa non redditizia, se per assicurare un equo rendimento al loro capitale investito avessimo dovuto prevedere e generare un utile  +5.

Caso 2 (ieri)

Ero responsabile di una Spa a maggioranza pubblica i cui ricavi erano determinati da tariffe pubbliche. Invano, per anni, chiesi all’azionista pubblico indicazioni di massima che mi consentissero di redigere un piano triennale scorrevole (vedi esperienza precedente). Niente. Spesso apprendevo le notizie che riguardavano la spa dalla lettura dei giornali. Ero quindi costretto a gestire la spa “a vista”, pur avendo concessioni e ammortamenti trentennali! Nel mio ufficio attaccai un cartello che recitava: “Fasi della programmazione: 1) Entusiasmo, 2) Perplessità; 3) Ritorno alla realtà, 4) Ricerca del colpevole; 5) Punizione dell’innocente, 6) Lode ad estranei”. Se e come Dio volle, riuscii ugualmente a portare a termine positivamente l’impresa. Ma si fa così … si fa?

Caso 3 (oggi e domani)

Ora mi permetto di sottoporre all’attenzione delle lettrici e dei lettori una considerazione. Possedendo un semplice personal computer (€500,00, IVA inclusa) ed una piccola macchina calcolatrice tascabile HP Finanziaria 12 C (€64,00, IVA inclusa), si può in pochi minuti prevedere l’andamento dello sviluppo dell’indebitamento, dei flussi finanziari, della consistenza patrimoniale, del risultato economico, etc. di ogni “entità” (pubblica o privata) economica e/o finanziaria, nelle varie ipotesi di variazione di ogni possibile variabile.

Pertanto mi domando: in questa travagliata e rischiosissima fase della nostra politica, c’è qualcuno che, utilizzando il suo PC e la suddetta macchinetta, stia prevedendo quale sarà il maggiore fabbisogno finanziario del paese non dico dei prossimi tre anni, ma almeno dei prossimi sei mesi? C’è qualcuno che sta cercando di ipotizzare come fare fronte a tali crescenti esigenze senza aumentare indiscriminatamente la fiscalità, e quindi senza gravare su fasce di popolazione e di impresa che già oggi sono alla canna del gas o quasi?

 

Il Belgio vive dal 2010 uno stato di crisi latente, con un esecutivo formato di fatto dopo 541 giorni di crisi dagli sconfitti alle elezioni e composto per 10 dodicesimi da ministri già impegnati nel governo precedente. Ma l’economia del Paese è una delle più sane dell’Europa, nonostante la crisi.

 

 

Un miracolo? Forse. Non voglio dire che si possa fare a meno di un governo, né che l’Italia sia uguale al Belgio. Voglio semplicemente dire che, in qualche luogo, le cose funzionano senza bisogno di giudici e carabinieri con il codice ed il mitra spianato. E che quindi esiste obiettivamente la possibilità che un sistema sia migliorato dal “basso”, da parte degli amministrati e non degli amministratori, sempre che gli amministrati abbiano senso civico e autodisciplina. Il che purtroppo non pare sia il caso nostro.

Io fare passi indietro? Tiè!
Io fare passi indietro? Tiè!

 

E allora? Allora esigiamo che gli amministratori – burocrati, quando gli amministratori- politici sono “assenti per elezioni o altro – diventino essi gli amministratori del Paese, come del fecero i funzionari e la burocrazia nel 1919, al tempo dell’assenteismo di Saverio Nitti, quasi sempre a Parigi a godersi la città con la scusa di risolvere la “questione adriatica” (Fiume, Zara, etc.), invece di starsene a Roma a lavorare per il Paese.

 

 

 

Dici che corro troppo e da solo? Ma no …

E che costoro lavorino secondo il sistema del mio primo esempio, segnalando a gran voce l’allargarsi del buco finanziario, delle crescenti emergenze del paese, per contribuire in tal modo a mettere di fronte alle proprie responsabilità chi non sa fare passi indietro dopo avere tanto demeritato sino a guadagnarsi lo spot della Ford per le sue autovetture da vendersi in India (v, tre post fa) e chi di passi in avanti ne vuole fare tanti, troppi, di corsa, volendo essere l’unico concorrente sulla pista della Democrazia (v. due post fa).

 

 

Con riferimento all’ultimo personaggio cui ho fatto riferimento, ricordo che il fascismo prese piede anche per la incapacità di reagire della popolazione ai molteplici, gravi segnali e fattacci premonitori da parte di una minoranza che non accettava di comunicare con le altre forze politiche.